La denuncia del
Papa
Le
immeritate sofferenze della Chiesa
di
Luigi Geninazzi
Tre cattolici condannati a morte in
Indonesia. Bombardata una chiesa in Sri Lanka. Sequestrato un sacerdote in
Iraq. Sono tutte notizie di questi ultimissimi giorni che non vanno oltre
i brevi flash d'agenzia e trovano scarso spazio sui grandi organi
d'informazione. Ma turbano profondamente la nostra coscienza di credenti.
S'allunga la scia delle persecuzioni contro i cattolici nell'anno 2006,
iniziato tragicamente con l'efferato omicidio di don Andrea Santoro in
Turchia. Perché questo accanimento? Se l'è domandato Benedetto XVI
nell'udienza di ieri, dando voce al suo personale «sbigottimento» che è
anche quello di tutta la Chiesa.
La risposta è apocalittica, nel senso più letterale del termine: Papa
Ratzinger riconduce lo sbigottimento di noi, cristiani del terzo
millennio, allo «sconcerto delle Chiese asiatiche» che sul finire del
primo secolo vennero duramente perseguitate. È all'interno di questa
drammatica esperienza che San Giovanni scrisse il libro dell'Apocalisse,
che non è sinonimo di catastrofe (diversamente dall'uso comune) ma di
svelamento del senso della storia. La Chiesa, dopo duemila anni, sembra
vivere la stessa situazione della Chiesa primitiva. Anch'essa era
sbigottita «per il silenzio di Dio di fronte alle persecuzioni». Usa
parole forti Benedetto XVI, riprendendo quanto già disse Giovanni Paolo
II in un discorso del dicembre 2002 che ebbe una vasta (anche se un po'
deformante) eco mediatica. Papa Wojtyla poneva l'accento «sulla tragedia
del silenzio di Dio che sembra quasi disgustato dall'agire
dell'umanità». Papa Ratzinger sottolinea l'angoscia della Chiesa di
fronte alla malvagità dell'uomo.
A causare sconcerto e sbigottimento non sono soltanto le violenze subìte
dai credenti. Benedetto XVI ci invita ad allargare lo sguardo quando parla
di «gravi difficoltà, incomprensioni e ostilità che pure oggi la Chiesa
soffre in varie parti del mondo». Pensa indubbiamente ai tanti regimi in
Asia e nel Terzo Mondo che reprimono l'esercizio dell a fede e condannano
a lunghi anni di carcere e a volte anche alla morte chi è accusato di
violare delle leggi ingiuste. Sono i martiri del nostro tempo, i nuovi
"Colossei" dell'ultimo secolo.
E non va dimenticato che più volte in passato il Papa ha richiamato anche
i tentativi di ghettizzare la religione che si stanno diffondendo nei
Paesi cosiddetti progrediti, nell'Europa che confonde laicità con
laicismo e si vergogna delle proprie radici cristiane. È uno dei
leit-motiv di questo pontificato che non si stanca di richiamare ad un
rispetto totale e autentico della libertà religiosa. Benedetto XVI lo
aveva spiegato bene in occasione del 40mo anniversario della Dichiarazione
del Concilio Vaticano II "Dignitatis humanae" lo scorso
dicembre: «La libertà religiosa in alcuni casi è negata per motivi
religiosi o ideologici; altre volte, pur riconosciuta sulla carta, viene
ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola,
dal predominio culturale dell'agnosticismo e del relativismo».
Una visione apocalittica della Chiesa? Sì, purché sia chiaro che
l'Apocalisse non fa rima con pessimismo, bensì con «un atteggiamento di
coraggiosa fiducia», ha detto ieri il Pontefice. È il paradosso
cristiano che non toglie l'umano sbigottimento di fronte a tante
persecuzioni ma lo spalanca ad una speranza infinitamente più grande.
testo
integrale pubblicato da "Avvenire" - 24 agosto 2006