"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
8 MAGGIO 2011 - III DOMENICA DI PASQUA - Anno A -
Prima lettura: At 2,14.22-33 Salmo: 15 Seconda lettura: 1Pt 1,17-21
VANGELO secondo Luca 24,13-35
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La vita cristiana come cammino
1. Continua il tempo pasquale, dove la Chiesa è impegnata nel suo itinerario mistagogico a comprendere in che modo noi oggi possiamo riconoscere la presenza del Cristo Risorto e come si caratterizza la vita cristiana alla luce del mistero pasquale. 2. La pagina del vangelo di questa domenica ci parla dei discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35), del loro cammino, del loro ricordo degli avvenimenti accaduti a Gerusalemme riguardo a Gesù di Nazareth, della loro delusione riguardo alla sua crocifissione e alla sua morte che sembra avere più il senso della sconfitta che non quello della liberazione. Ma la pagina del vangelo ci parla anche del loro incontro e del loro riconoscimento, inaspettati, con il Cristo Risorto che li educa a saper ascoltare le S. Scritture e a saper “spezzare il pane”, ovvero la propria esistenza per la vita degli altri, così come ha fatto Lui. La pagina evangelica così ci vuol dire che il Cristo Risorto lo si incontra e si fa esperienza di Lui quando ascoltiamo con fede le S. Scritture («cominciando da Mosé e da tutti i profeti»: Lc 24,27), perché in esse è Lui che parla, e la sua parola è parola efficace, poiché dona lo Spirito che fa “ardere il cuore” e rinnova l’esistenza (Lc 24,32), come Mosè al roveto ardente (Es 3,2-3), come il popolo di Dio al Sinai dove il Signore parlò dal fuoco (Dt 4,11-12), come il popolo di Dio al tempo della ricostruzione dopo l’esilio nell’assemblea svoltasi nella piazza davanti alla porta delle Acque dove lo scriba Esdra lesse il libro della Legge (Ne 8,12.18), come Gesù stesso ha detto che le sue parole sono spirito e vita (Gv 6,63), cioè donano lo Spirito e la Vita. Inoltre, il Cristo Risorto lo si incontra e si fa esperienza di Lui nella “frazione del pane” («Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro»: Lc 24,30), ovvero nell’eucaristia (Lc 22,19-20), a condizione però che l’eucaristia venga vissuta come evento di salvezza che dà alla nostra esistenza la “forma di Cristo”, cioè la forma di una vita donata e condivisa, fraterna e solidale con tutti (1Cor 10,17). Per cui il «fate questo in memoria di me» (Lc 22,19) non indica semplicemente la ripetizione fedele nel tempo di un rituale celebrativo, ma, molto di più, la capacità di essere nel mondo memoria vivente della presenza di Cristo, esistenza donata e condivisa. 3. Ma la pagina evangelica ci dice ancora qualcosa di significativo per la vita cristiana ed ecclesiale. Una delle immagini dominanti è quella del cammino (Lc 24,13.15.17) e della via (Lc 24,32.35); lo stesso Cristo Risorto è in cammino (Lc 24,15) e di lui i due discepoli dicono che è uno straniero (Lc 24,18), un «pàroikos», termine che indica una persona che ha una residenza temporanea, provvisoria. Questo vuol dire che la vita cristiana ed ecclesiale si caratterizza come cammino, poiché in essa la presenza del Risorto è una presenza oggettivamente stabile, cioè non passeggera e legata alle nostre emozioni del momento, ma nello stesso tempo dinamica. E se notiamo che cosa avviene durante il cammino, non possiamo non rilevare che cammino vuol dire conversazione, dialogo, ricerca, capacità di porre e di porsi delle domande, avere dubbi, lasciarsi mettere in questione («stolti e lenti di cuore… »). Queste caratteristiche qualificano, o dovrebbero qualificare, lo stile di vita (= cammino) dei cristiani e delle nostre comunità. Non a caso i cristiani erano chiamati “quelli della via”, come è scritto in At 9,2; 19,9.23; 24,14. E non a caso l’apostolo Pietro qualifica i cristiani come «stranieri», «paroikias» (seconda lettura: 1Pt 1,17-21), come persone che quaggiù non hanno una dimora stabile ma provvisoria, itinerante, capaci – lasciandosi accompagnare dal Risorto – di aprirsi sempre a nuovi orizzonti, di discernere le strade che lo Spirito del Signore sta aprendo dinnanzi a loro. E non a caso il cammino dei due discepoli della pagina evangelica, simbolo di una piccola comunità (due), all’inizio ha una meta piccola – Emmaus – , possiamo dire ha un “respiro corto”, un orizzonte ristretto, a misura della loro delusione. Ma dopo l’incontro con Gesù Risorto, lo straniero, dopo che con lui hanno ascoltato la sua Parola Vivente e “spezzato il pane”, la meta si allarga: Gerusalemme; l’orizzonte del loro cammino si apre verso la città della pace e della fraternità universale. Come uomini risorti si alzarono – così dice il testo in Lc 24,33 – «e fecero ritorno a Gerusalemme»: qui ascoltano l’annuncio della Risurrezione (prima lettura: At 2,14.22-33), che li conferma nella fede, e poi narrano la loro esperienza vissuta sulla strada verso Emmaus: «Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane» (Lc 24,35). Che anche le nostre comunità siano capaci di camminare con il Risorto: per questo con il salmista preghiamo il Signore, affinché ci mostri il sentiero della vita (salmo responsoriale: Sal 16), il sentiero dove si riscopre nella nostra Chiesa la bellezza della conversazione, del dialogo, del confronto, del discernimento, della ricerca e della fraternità. Così come è avvenuto sulla strada da Gerusalemme ad Emmaus.
Egidio Palumbo |