"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
21 NOVEMBRE 2010 - XXXIV DOMENICA Del Tempo Ordinario - Anno C -
Prima lettura: 2 Sam 5,1-3 Salmo: 121 Seconda lettura: Col 1,12-20
VANGELO secondo Luca 23,35-43
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i
capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è
lui il Cristo di Dio, l’eletto». |
1. L’ultima
domenica dell’anno liturgico è dedicata a “Nostro
Signore Gesù Cristo Re dell’Universo”. Da un lato è una professione di fede in Lui, dall’altra è
l’occasione, dinnanzi al crocifisso (Lc 23,35-44), per una verifica di tutto l’anno ecclesiale appena trascorso: se veramente
Cristo è stato il Signore, il Re della nostra vita personale, familiare,
ecclesiale e sociale; se veramente abbiamo lasciato che sia Lui a guidare le
nostre scelte, oppure qualcun altro presentatosi come “presunto re” (noi
stessi, oppure altri cui abbiamo piegato il capo o fatto da predellino, o da
gregari… ); se nella gestione del potere – e ognuno di noi a vari livelli
assume ruoli di responsabilità – abbiamo agito come Lui, oppure come i re, i
governatori di questo mondo (Lc 22,25-27). 2. Quella di
Cristo Re dell’Universo è una solennità che non ha nulla di trionfalistico, ma è
una solennità molto scomoda per noi cristiani. La pagina del
vangelo di questa domenica (Lc 23,35-44), lo si sa, fa parte della narrazione
del Vangelo della Passione: è proprio in questo contesto che Gesù viene
“innalzato” come “Re dei Giudei”. E allora ci si può domandare: perché l’avvenimento così drammatico,
crudele e violento della crocifissione è diventato proclamazione di fede di
Cristo Re dell’Universo e proclamazione di un evento salvifico universale? 3. Della pagina
del vangelo di questa domenica non si possono non considerare i versetti che
immediatamente la precedono: «Quando giunsero sul luogo chiamato Cranio, vi
crocifissero lui e i malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. Poi dividendo
le sue vesti, le tirarono a sorte» (Lc 23,33-34). Innanzitutto, la menzione del “luogo”.
Colui che alla nascita non ha trovato un “luogo”
(Lc 2,7), ora lo trova sul “luogo del Cranio” (Lc 23,33). Questo è il luogo dove è presente il Signore Re: in
mezzo a due malfattori! Spogliato e abbassato tra due criminali! Inoltre, l’invocazione del perdono:
«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno». Il perdono è un atto assoluto, gratuito,
unilaterale, incondizionato, “senza se e senza ma”. È lo stesso perdono che
viene donato all’altro malfattore (Lc 23,43). Questo è il perdono del Padre
Misericordioso. Questo è il perdono del Figlio Giusto condannato ingiustamente
(Lc 23,41.47), del Figlio vittima dell’ingiustizia di chi usa e abusa del
potere religioso e politico per difendere i propri interessi. Nell’evento della crocifissione è così coinvolta tutta la Trinità: il Padre, il Figlio e lo
Spirito (Lc 23,46). È qui che troviamo la Trinità! Perciò la crocifissione, avvenimento drammatico e di fortissima
crudeltà e violenza, viene trasformato, trasfigurato come evento di salvezza per tutti, e quindi come evento
di riconciliazione e di pace (seconda lettura: Col 1,12-20), e
quindi come l’unico luogo ed evento adatti per proclamare in verità
la regalità di Cristo. Tenere fuori dalla regalità di Cristo il luogo e l’evento della
crocifissione, significa interpretare, a livello ecclesiale, sociale e
politico, la regalità di Cristo – regalità cui partecipiamo in quanto cristiani
– come esercizio di potere di conquista, di dominio e di sottomissione
dell’altro; significa diventare non servi e ospiti e ospitali, ma padroni e
dominatori di questo mondo, non uomini e donne segnati dalla presenza
indelebile del crocifisso, ma crociati e crocifissori di chi la pensa
diversamente da noi… Che a noi cristiani, spogliati di ogni arroganza e trionfalismo, in
questa ultima domenica dell’anno liturgico ci sia almeno concessa la grazia di
poter dire assieme all’altro malfattore: «Gesù, ricordati di me quando
verrai nel tuo regno».
Egidio Palumbo |