"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

1° MAGGIO 2011    -   II DOMENICA DI PASQUA   - Anno A - 


                                                                                                 

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: At 2,42-47      Salmo: 117      Seconda lettura: 1Pt 1,3-9

   

VANGELO secondo Giovanni  20,19-31



La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.

Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».

Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».

Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.




                                                                     






Nel segno della misericordia e della riconciliazione

 

1. Siamo nel tempo pasquale: cinquanta giorni vissuti come “un unico grande giorno” – il giorno di Pasqua – che la chiesa dedica alla mistagogia, cioè alla comprensione più profonda del mistero pasquale nei suoi intrecci vitali con la nostra esistenza umana, cristiana ed ecclesiale. La Risurrezione del Signore, infatti, è il fondamento della nostra fede, che suscita la nascita e la rinascita della comunità cristiana, e la pone in cammino, in un itinerario di crescita nella fede e in umanità.

Quando l’evangelista Giovanni (e anche Matteo, Marco e Luca) narra dell’evento della Risurrezione di Gesù, non intende solo parlare di un’esperienza particolare vissuta dai discepoli, ma anche mostrare che quella stessa esperienza è possibile viverla – certamente in modo diverso – dai cristiani di ogni generazione, quindi anche da noi oggi. Qui sta il significato di quelle pagine evangeliche.

 

2. Nell’evangelo di questa domenica si narra dell’incontro del Risorto con la comunità dei discepoli (Gv 20,19-31). Tutto avviene nel “primo giorno della settimana”, ovvero nell’ottavo giorno, il giorno nuovo «fatto dal Signore» (Sal 118,24), il giorno della Risurrezione e della nuova creazione, il giorno che non ha fine, il giorno senza tramonto, il giorno della pienezza che contiene tutti gli altri giorni della settimana e ne dà loro il senso. In questo giorno, l’ottavo, nasce e rinasce la chiesa e ogni comunità ecclesiale.

Come avviene questa nascita e questa rinascita?

Alla sera la comunità dei discepoli è riunita a porte chiuse per paura dei Giudei. È una comunità che è chiusa in se stessa, incapace di aprirsi alla relazione con gli altri. Ed è una comunità incompleta, poiché è assente Tommaso.

Prendendo l’iniziativa, Gesù Risorto viene e sta in mezzo: la sua è una presenza stabile («stette») e centrale («in mezzo»), perché Lui e soltanto Lui, e nessun altro, è il punto di riferimento centrale della comunità; Lui e soltanto Lui è il capo della Chiesa (Col 1,18; Ef 1,22).

Stando in mezzo, Gesù Risorto dona la Pace: riprende a ritessere e ricucire le relazioni che si erano interrotte a motivo della fuga dei discepoli e del tradimento di Pietro. È Gesù Risorto che come fratello va incontro ai suoi discepoli-fratelli (cf. Gv 20,17; Eb 2,11-12) per riprendere con loro le relazioni di amicizia e di fraternità (cf. Gv 15,14-15).

E poi mostra le mani e il fianco feriti: sono i segni della crocifissione, ovvero i segni dell’amore ferito che non si incattivisce ma si dona; da quel fianco infatti sono usciti il sangue, segno della vita, e l’acqua, segno dello Spirito Santo creatore e vivificante (Gv 19,34). Questo vuol dire che la Risurrezione non è la rivincita di Dio sui crocifissori e sui traditori del Figlio e su quelli che sono fuggiti, come una certa iconografia trionfalistica dà da pensare. No, la Risurrezione è la manifestazione della Misericordia e del Perdono di Dio nel Figlio Gesù Crocifisso, è la manifestazione di una vita donata per amore (salmo responsoriale: Sal 118) e della sua volontà di riprendere le relazioni fraterne interrotte.

Perciò di fronte al Crocifisso Risorto, ad una presenza del genere che nessuno si sarebbe mai immaginato, i discepoli non possono non gioire: sì, il Crocifisso Risorto è presente in mezzo a noi come il nostro fratello, come «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), direbbe l’apostolo Paolo.

Riconciliati con il Signore, i discepoli-fratelli ricevono dal Crocifisso Risorto lo Spirito Santo e insieme la capacità di perdonare, di essere segno di riconciliazione nel mondo, e quindi di “aprire le porte” e di ritessere le relazioni fraterne interrotte tra loro e con gli altri, con la città.

E infatti incontrano Tommaso e gli comunicano l’annuncio della Risurrezione e l’esperienza dell’incontro con il Crocifisso Risorto nostro fratello: «Abbiamo visto il Signore!» (Gv 20,25). È lo stesso annuncio che Maria Maddalena aveva comunicato loro, assieme alla sua esperienza di incontro e di ascolto del Signore: «Maria di Magdala andò ad annunciarlo ai discepoli: “Ho visto il Signore!” e ciò che le aveva detto» (Gv 20,18). Questo annuncio certamente è continuato a risuonare nella comunità dei discepoli; e dopo l’incontro con il Risorto, questo stesso annuncio è stato da loro assimilato e rivolto a Tommaso. È questo il primo indizio che ci dice che la comunità sta nascendo e rinascendo, che si sta rigenerando a motivo della presenza del Crocifisso Risorto (seconda lettura: 1Pt 1,3-9).

 

3. Otto giorni dopo – ecco di nuovo l’ottavo giorno – la comunità è di nuovo riunita, e questa volta c’è Tommaso. Certo, le porte sono ancora “chiuse”: il cammino di rinascita della comunità, come ogni cammino evangelico serio, è lungo e graduale. Viene Gesù il Crocifisso Risorto, sta in mezzo, riprende la relazione di fraternità («pace a voi!») e coinvolge Tommaso – lui che nel contesto della risurrezione di Lazzaro aveva detto «andiamo anche noi a morire con lui» (Gv 11,16) – a fare adesso l’esperienza personale della Pasqua, ovvero del morire e risorgere con Cristo (Rm 6,3-6), a diventare un uomo nuovo, aperto al dono, alla misericordia, alla compassione e alla relazione: proprio ciò che significano le mani e il fianco del Signore.

E Tommaso si lascia coinvolgere, e perciò può fare la più alta confessione di fede di tutto il vangelo di Giovanni: «Mio Signore e mio Dio» (Gv 20,28).

Ecco, la comunità ogni otto giorni impara a rinascere per la forza del Crocifisso Risorto; e impara a darsi un progetto di vita fondato sull’ascolto della Parola, sulla comunione di tutto quello che si è e si ha, sulla eucaristia come sacramento della fraternità, del dono e della condivisione, e sulla preghiera (prima lettura: At 2,42-47).

Fino ad imparare – capitolo 21 di Giovanni – a spalancare le “porte” per aprirsi alla relazione con gli altri e al servizio dell’evangelizzazione, vissuto con umiltà, con dedizione e amore.

 

Che il Signore Crocifisso Risorto, rigeneri anche noi e le nostre comunità, e ci educhi ad essere un piccolo segno di riconciliazione, di misericordia e di compassione in questo nostro mondo, ormai sempre di più abituato alla guerra, alla violenza, al razzismo e alle ingiustizie di ogni genere.


                                                                                        Egidio Palumbo
Barcellona PG (ME)