"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
15 MAGGIO 2011 - IV DOMENICA DI PASQUA - Anno A -
Prima lettura: At 2,14.36-41 Salmo: 22 Seconda lettura: 1Pt 2,20b-25
VANGELO secondo Giovanni 10,1-10
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Cristo è la Porta
1. Con il vangelo di questa domenica (Gv 10,1-10), l’itinerario mistagogico del tempo pasquale si sofferma sulla figura di Cristo Buon Pastore, o il Pastore quello Bello, perché è riflesso perfetto della Bellezza di Dio, cioè del suo modo bello e unico di accompagnare, custodire, sostenere e guidare il suo popolo, senza arroganza, ma con attenzione e premura, fino al dono di sé (salmo responsoriale: Sal 23; seconda lettura: 1Pt 2,20b-25). Per questo il Cristo Pastore è indicato come il modello supremo (1Pt 5,4) per ogni pastore, ovvero per tutti coloro che, a vari livelli e secondo la propria vocazione, hanno ricevuto un servizio di responsabilità nella comunità ecclesiale; e questo vale anche all’interno della famiglia “piccola chiesa” per quanto riguarda il compito dei genitori. 2. Ma della pagina del vangelo di questa domenica vogliamo evidenziare una particolarità: il Cristo non è solo il Pastore ma anche la Porta (Gv 10,7.9). Mentre la qualifica di pastore, sul modello di Cristo, viene attribuita anche ai cristiani che hanno una responsabilità ecclesiale e pure ai cristiani in quanto tali, poiché nel battesimo e nella confermazione resi conformi a Cristo Re/Pastore, oltre che Profeta e Sacerdote, invece per quanto riguarda la Porta a nessuno viene attribuito questa qualifica, ma soltanto a Cristo («Io sono la Porta»). Con riferimento alla Porta si dice che qualcuno dei cristiani assume l’incarico di «guardiano» (Gv 10,3) che apre la Porta per far entrare il Cristo Pastore, ma non si dice che assume l’incarico di essere la Porta. Questo compito è solo di Cristo. Ha un significato questa particolarità? 3. La “Porta” indica convocazione e accoglienza per coloro che “entrano” nella vita ecclesiale e apertura e slancio per coloro che in nome della Chiesa “escono” per la missione, per testimoniare e annunciare il vangelo nel mondo. Se Cristo, e soltanto Lui, è la Porta, questo vuol dire che è Cristo e soltanto Lui è il criterio unico che ci permette di stabilire l’“entrata” e l’“uscita”. Per “entrare” ed “uscire” è necessario “attraversare Cristo” (Gv 10,9), vale a dire essere inseriti in Lui, assimilare il suo stile di vita e il suo vangelo, coltivare, nell’ascolto della sua Parola, una comunione interpersonale profonda con Lui, fare esperienza di Lui. Da qui comprendiamo perché i pastori delle Chiese non sono la Porta: i cristiani, per essere tali, non devono “attraversare i pastori delle Chiese”, ma devono “attraversare Cristo”, che è una Porta molto più “stretta” (Mt 7,13; Lc 13,24), molto più esigente e radicale, e nello stesso tempo molto più umile, mite, povera, compassionevole ed accogliente. I pastori delle Chiese, invece, sono chiamati ad essere i “guardiani” impegnati – come l’apostolo Pietro (prima lettura: At 2,14.36-41) – ad “aprire la porta”, affinché entri il Cristo e sia Lui e soltanto Lui a convocare, radunare, convertire, nutrire e inviare il suo popolo. Sapranno i pastori delle Chiese essere veri e autentici “guardiani”, sapranno essere vigilanti e aprire quando viene Cristo? Preghiamo per loro: perché non siano tentati di chiudere le porte a Cristo e di aprirle a qualcun altro… per ottenere più potere, favori e privilegi. Sapremo noi cristiani essere un “gregge” di cristiani adulti e responsabili, capaci di distinguere la voce di Cristo Pastore da quella di un “estraneo”, di un ladro e di un brigante? Sapremo “attraversare Cristo” per crescere giorno dopo giorno come suoi discepoli? Preghiamo per noi: perché non ci conformiamo all’andazzo del nostro tempo, diventando un gregge di pecoroni…
Egidio Palumbo |