"Tempo Perso -
Alla ricerca di
senso nel quotidiano"
13 MARZO 2011 - I DOMENICA QUARESIMA - Anno A -
Prima lettura: Gn 2,7-9; 3,1-7 Salmo: 50 Seconda lettura: Rm 5,12-19
VANGELO secondo Matteo 4,1-11 In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato
dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine
ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio,
di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di
solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di
Dio”». |
Con Gesù lottare per vivere
1. Iniziamo il cammino della Quaresima verso la Pasqua del Signore. È un “tempo propizio” che il Signore ci mette a disposizione per il rinnovamento della nostra vita. Perciò è tempo di conversione e di riconciliazione con Dio e con i fratelli; è tempo di preghiera, cioè di ascolto più assiduo e intenso della Parola; è tempo di digiuno per una maggiore sobrietà di vita; è tempo di maggiore attenzione agli altri, in particolare ai poveri, a coloro che sono stati impoveriti dall’egoismo e dall’ingiusta ricchezza degli altri. Si tratta di ripercorrere l’itinerario battesimale-crismale dell’iniziazione cristiana, al fine di approfondire sempre di più i risvolti esistenziali del nostro essere cristiani, cioè conformi allo stile di vita di Cristo Gesù. È convinzione comune che “cristiani si nasce, non lo si diventa”. Essere cristiani, per noi italiani, è diventato un fatto naturale-antropologico ed etico-culturale, tanto da trasformare il crocifisso – è uno dei dibattiti correnti più curiosi e insipienti intorno al 150° dell’unità di Italia – in un simbolo culturale e di unità nazionale. E su questo nessuno dei cristiani fa sentire chiaro il suo dissenso, neppure chi ha responsabilità ecclesiali. Se a noi va bene equiparare il crocifisso alla bandiera italiana, questo dà la misura del grado di consapevolezza che oggi abbiamo del nostro essere cristiani. E allora, ben venga oggi la Quaresima a fare da contesto, per noi cristiani, al 150° dell’unità di Italia, per imparare di nuovo, alla sequela di Cristo Gesù, il significato vero dell’esistenza cristiana. 2. Molto opportunamente la prima tappa dell’itinerario quaresimale inizia con il vangelo delle tentazioni di Gesù (Mt 4,1-11). Dopo il battesimo (Mt 3,13-17), dove prende pienamente coscienza di essere il Figlio amato del Padre, Gesù è condotto dallo Spirito nel deserto per essere messo alla prova. Quel deserto rappresenta le complesse situazioni della vita che Gesù dovrà affrontare. E quella prova, proprio perché viene condotto dallo Spirito, rappresenta un momento intenso di verifica e di discernimento alla luce della Parola e della volontà del Padre. È Dio che, come un buon Padre, mette alla prova per sapere quello che hai nel cuore (Dt 8,2). Gesù, proprio perché Figlio amato, si è sottoposto a questa prova (Eb 2,18), e non solo per un momento, ma lungo l’intero arco della sua esistenza terrena, fino al Getsèmani (Mt 2636-46), fino alla Croce (Mt 27,39-44). La prova per Gesù è stata anche un momento intenso di lotta contro le suggestioni e le seduzioni ingannatrici della vita. Le tentazioni nel deserto e il Golgota – momenti della lotta – racchiudono tutta la vita di Gesù. 3. La verifica, il discernimento e la lotta esigono il digiuno. E Gesù digiuna «per quaranta giorni e quaranta notti», cifra simbolica che indica l’arco di una vita. Come tutta la vita è un continuo essere messi alla prova, così è anche per il digiuno. Perché il digiuno è quel “momento propizio” dove siamo chiamati a mettere un po’ di ordine nella vita per fare spazio a Dio e decidere quali sono le cose essenziali per cui vale la pena di vivere. 4. Certo, il digiuno fa venire la fame. Di Gesù è scritto che «alla fine ebbe fame» (Mt 4,2), come a dire: l’esito del digiuno è la fame. E subito la pagina evangelica scrive: «Il tentatore si avvicinò e gli disse… » (Mt 4,3). Ecco: il tentatore, il divisore (= diavolo) si insinua, si introduce proprio nella fame di Gesù; è come se il tentatore-divisore assumesse anche il nome di “fame”. Di quale “fame” si tratta? Qui sta la verifica e il discernimento; qui sta anche il senso della lotta di Gesù. Può essere fame della Parola di Dio (Am 8,11), suscitata dalla presenza di Dio e del suo Spirito: la Parola di Dio sazia la fame, ma saziando, ti scava dentro e ti mette ancora più fame (Sir 24,20). Oppure può essere fame di potere idolatrico e mondano suscitata dal tentatore-divisore; vale a dire: — fame del potere economico (prima tentazione: Mt 4,3-4), ovvero uso egoistico dei beni della terra, di cui il pane è cifra simbolica; — fame del potere religioso (seconda tentazione: Mt 4,5-7), ovvero uso strumentale di Dio piegato al nostro volere e ai nostri bisogni; — fame del potere politico (terza tentazione: Mt 4,8-10), ovvero svendita della propria dignità di uomo e di Figlio di Dio pur di dominare e asservire il mondo. Gesù non si è lasciato sedurre da nessuno di questi tre poteri. Egli, a differenza di Adamo (prima lettura: Gen 2,7-9; 3,1-7), lottando fino alla fine, ha conservato la dignità di Figlio di Dio, piegando le ginocchia solo davanti al Padre, adorando solo Lui e nessun altro. Per questo, scrive l’apostolo Paolo (seconda lettura: Rm 5,12-19), egli è l’Adamo Autentico, l’Uomo Vero, l’Uomo secondo il cuore di Dio, capace di risollevarci dalle nostre cadute nella polvere del potere idolatrico, per ridonarci la dignità di figli di Dio e il vero Senso della vita, che non sta nella fame del potere ma nel servizio gratuito e disinteressato: «Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco, degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano» (Mt 4,11). Con il salmista (salmo responsoriale: Sal 51), chiediamo a Dio di essere liberati dalla fame del potere idolatrico e, come Gesù, di avere il coraggio di lottare contro le facili seduzioni del male, specialmente quelle che ci fanno svendere la dignità di creature umane e di figli di Dio, pur di contare qualcosa agli occhi degli uomini.
Egidio Palumbo |