"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

20 GENNAIO 2007                                         2ª Domenica del tempo ordinario - ANNO A -

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: Is 49,3.5-6     Salmo  39    Seconda lettura: 1Cor 1,1-3

VANGELO secondo  Giovanni 1,29-34   

In quel tempo, 29 Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo! 30 Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me. 31 Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele». 32 Giovanni rese testimonianza dicendo: «Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. 33 Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: L’uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito santo. 34 E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio».

 

Testimoni di Cristo Sposo e Agnello

1. Prima di iniziare la lettura semicontinua del vangelo di Matteo, lettura che ci vedrà impegnati nell’Anno Liturgico A, la liturgia pone al nostro ascolto una pagina del vangelo di Giovanni dove si propone la figura di un testimone qualificato ed esemplare: Giovanni Battista (Gv 1,29-34). Qui sentiamo ancora l’eco del Battesimo del Signore. ma adesso visto dalla parte del testimone Giovanni Battista. È come se la liturgia ci dicesse che per ascoltare in modo autentico e fecondo il Vangelo (in questo caso il vangelo di Matteo), ovvero il Signore Gesù, è necessaria la mediazione di un testimone, e, al contempo, per ascoltare, leggere e meditare in modo autentico e fecondo il Vangelo è necessario farlo da testimoni e non da intellettuali curiosi o da predicatori parolai.

 

2. Che cosa significa diventare testimoni?

Sin dall’inizio dell’evangelo Giovanni Battista viene presentato come testimone (Gv 1,7.15.19.32.34). Egli è testimone perché “ha visto” (Gv 1,29.32.33.34), ovvero ha contemplato, ha scrutato in profondità gli eventi che riguardano il Signore;

Inoltre, è testimone perché “conosce” il Signore (Gv 1,31.33), ovvero ha esperienza di Lui, coltiva una relazione di comunione interpersonale con Lui;

E ancora, è testimone perché indica non se stesso ma il Signore. Questo è l’elemento che qualifica Giovanni Battista,

Egli indica il Signore come “Agnello che toglie il peccato del mondo” (Gv 29): evocazione dell’agnello pasquale della liberazione dalla schiavitù di Faraone (Es 12) e del Servo di Yhwh, “agnello nonviolento condotto al macello” (Is 53,7). È come se il testimone Giovanni Battista dicesse: il Signore non viene verso di noi con spavalderia e arroganza ma con umiltà e mitezza, e, facendo dono della sua vita, «toglie il peccato del mondo», ci libera cioè dal peccato di idolatria, da quel peccato che pone l’io dell’uomo al centro del mondo e riduce Dio a idolo venduto a basso prezzo e strumentalizzato per la realizzazione dei nostri progetti di dominio sugli altri.

Non solo, il Signore è indicato anche come Sposo. In Gv 1,30 e 1,33 la parola “uomo” qui significa “marito”. Il Signore viene a noi come lo Sposo che si è legato alla nostra umanità debole e fragile con legami indissolubili di comunione e di amore. Se noi siamo spesso la sua Sposa infedele, Egli invece è sempre lo Sposo fedele che non abbandona mai la sua Sposa al fallimento della sua autodistruzione.

Proprio perché viene a noi come Agnello e Sposo, e che fa propria tutta l’esperienza del Servo di Yhwh, il Signore è per noi Luce (prima lettura: Is 49,3.5-6), perché ha annunziato la Parola di Dio attraverso la sua esistenza, il suo stile di vita, vale a dire: ha fatto la volontà del Padre, ha vissuto il Suo Progetto (salmo responsoriale: Sal 40).

 

3. Un altro aspetto della figura di Giovanni Battista sta nel fatto che egli è un testimone in divenire: nella misura in cui egli cresce nella conoscenza-esperienza del Signore, egli cresce come testimone. Infatti quando afferma: «io non lo conoscevo», fa intendere non che Gesù era per lui un estraneo, anzi, lo conosceva bene, perché si suppone che inizialmente Gesù appartenesse al gruppo dei discepoli di Giovanni Battista. «Io non lo conoscevo» invece fa intendere che ancora non si era reso conto della vera identità di Gesù. Quando ne ha consapevolezza, allora Giovanni arretra: colui che era il suo discepolo, diventa il suo maestro. Giorno dopo giorno Giovanni prende coscienza di non essere lui il Messia, ma solo l’eco della Parola del Signore (Gv 1,20-23), di non essere lui lo Sposo, ma l’“amico dello Sposo” che ascolta la voce dello Sposo e prepara la Sposa, cioè il popolo di Dio, ad incontrare lo Sposo (Gv 3,28-29). Giovanni comprende che egli deve diminuire, affinché possa crescere, in lui e nella fede del popolo di Dio, il Cristo Agnello e Sposo.

Ecco l’identità del vero testimone del Signore e quindi dell’apostolo chiamato e inviato dal Signore, come lo fu l’Apostolo Paolo (seconda lettura: 1Cor 1,1-3).

Che il Signore aiuti la Chiesa del nostro tempo a diventare Suo testimone come Giovanni Battista, il quale non annunciò se stesso, non fu autoreferenziale, ma umilmente orientò l’attenzione sul Cristo.

 

                                                                                            Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)