"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

15 FEBBRAIO 2009                                                                 VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO  - Anno B -

                                                                                                  

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura:  Lev 13,1-2.45-46        Salmo  31        Seconda lettura: 1Cor 10,31 - 11,1
 

VANGELO secondo Marco  1,40-45

40 Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi guarirmi!». 41 Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, guarisci!». 42 Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.

43 E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse: 44 «Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro». 45 Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.

 

Purificazione come rinascita alla relazione

1. Nel vangelo di questa domenica Gesù si manifesta come colui che purifica dalla lebbra (Mc 1,40-45). Questo è un atto che solo Dio può compiere, come si narra nell’episodio di Naaman il Siro al tempo del profeta Eliseo (2Re 5).

La lebbra era ed è una malattia terribile e contagiosa, che consuma e sfilaccia a brandelli il corpo di una persona, fino alla morte. Oggi questa malattia è curabile, nel passato no, e ci si affidava a Dio. E poiché era pericolosamente contagiosa, bisognava stare in isolamento coatto. Oggi gli ospedali sono attrezzati di reparti per l’isolamento; nel passato no: isolamento significava stare fuori dai centri abitati, emarginati ed esclusi dalla convivenza civile e dalla comunità di fede. È la situazione che ci presenta la pagina del Levitico (prima lettura: Lv 13,1-2.45-46), in particolare i vv. 45-46: «Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”. Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» (vale la pena leggersi tutto dal v. 1 al v. 45).

Inizialmente le prescrizioni bibliche riguardo al lebbroso erano semplicemente di carattere cultuale: chi aveva questa malattia non poteva servire il Signore. In seguito assumono un carattere morale, e così alla lebbra si associa la responsabilità di un peccato commesso (mentalità ancora oggi molto diffusa riguardo ad alcune malattie gravi).

 

2. Possiamo leggere la pagina del vangelo ad un livello di lettura che considera la lebbra come malattia fisica. Qui Gesù non dice al lebbroso di vivere assieme agli altri, né tanto meno invita o ammonisce gli altri ad accogliere il lebbroso come uno di loro. No, qui Gesù rispetta ciò che prescrive la Torah in Lv 13,1-45: il lebbroso viene prima purificato, e tale purificazione, prima che comporti il reintegro sociale e religioso, esige che sia verificata dal sacerdote con un discernimento rigoroso e che avvenga dopo l’offerta dei sacrifici.

 

3. Ma possiamo leggere la pagina del vangelo ad un altro livello di lettura che considera la lebbra come “malattia dell’anima”, come metafora, cifra del disfacimento esistenziale della nostra umanità. Qui, allora, la purificazione del lebbroso acquista il senso di una risurrezione, di una rinascita, di una ricomposizione delle relazioni ferite e perdute con Dio e con gli altri.

Pur rispettando le prescrizioni di Lv 13,1-45, Gesù va oltre, ponendosi lui per primo in relazione con il lebbroso. Infatti, se all’inizio si dice che il lebbroso (che doveva starsene fuori) viene da Gesù, si suppone che Gesù si sia avvicinato a quel luogo “interdetto all’accesso”: è questo dice già un intenzione di relazione da parte di Gesù.

Poi seguono, quasi in un crescendo, altri atteggiamenti di Gesù che dicono ancora volontà di instaurare una relazione: l’ascolto della preghiera del lebbroso; la compassione, ovvero la cura materna del “grembo” di Dio che si apre per accogliere e rigenerare il lebbroso; la mano stesa verso di lui e il toccarlo, il prendere contatto con lui. Tutto ci parla di relazione.

La purificazione del lebbroso, dunque, non avviene attraverso un “tocco magico”, ma attraverso il coraggio della relazione. Questa è la volontà di Dio nel Signore Gesù: «Lo voglio, sii purificato!». Questo è il progetto di Dio per la nostra umanità spesso ridotta a brandelli.

La pagina evangelica, indicandoci la volontà di Dio in Gesù, ci dice che ne usciremo dal disfacimento esistenziale, non con parole di condanna e di giudizio contro gli altri, ma soltanto ristabilendo una sana e autentica relazione umana, una relazione segnata dalla compassione e non da interessi personali (seconda lettura: 1Cor 10,31-11,1) di natura culturale, politica e/o ecclesiastica, com’è avvenuto, per esempio, nel caso di Eluana Englaro, dove nessuno di quelli che hanno espresso giudizi disumani nei confronti del padre o dei medici che l’assistevano, hanno avuto il coraggio di andarla a visitare prima di emettere un giudizio o una condanna.

 

4. Ritorniamo al vangelo. Dunque, l’uomo purificato dal Signore ritorna nella convivenza civile e religiosa proclamando e diffondendo «la Parola» (così dice il testo), riprendendo la comunicazione umana e di fede con gli altri.

E qui due particolari interessanti. L’uomo purificato dal Signore non si comporta come certi uomini e donne (cristiani e no) che, sentendosi “puri”, dividono il mondo in due: i puri, cioè loro, da una parte e i cattivi, gli altri, dall’altra. No, quell’uomo purificato è rinato alla relazione e perciò, senza giudicarli, riprende subito la relazione con gli altri. È questo il segno vero della sua rinascita.

L’altro particolare riguarda Gesù: egli è “costretto” a rimanere in quel luogo deserto dove prima dimorava il lebbroso. Ma con la presenza di Gesù quel deserto non è più il luogo dell’isolamento, bensì della relazione, della comunione. Infatti, «venivano a lui da ogni parte» (Mc 1,45), anche loro per essere purificati.

 

Con il salmo responsoriale (Sal 32) chiediamo al Signore che le nostre città diventino luogo di convivenza umana e civile, e le nostre comunità ecclesiali luogo di compassione e di comunione. È la purificazione della quale oggi abbiamo bisogno.

 

                                                                                        Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)