"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

8 MARZO 2009                                                                 II DOMENICA DI QUARESIMA  - Anno B -

                                                                                                  

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: Gen 22,1-2.9.10-13.15-18            Salmo 115       Seconda lettura: Rm 8,31-34
 

VANGELO secondo Marco  9,2-10

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.
Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.
Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

 

In Gesù trasfigurato la bellezza di una vita donata

 

1. Dopo aver fissato il nostro sguardo su Gesù provato nel deserto, la liturgia di questa domenica ci invita a fissare il nostro su Gesù trasfigurato (Mc 9,2-10). L’evento della Trasfigurazione è centrale nei vangeli: rinvia al Battesimo di Gesù ed è profezia della morte e risurrezione di Gesù. Nel contesto del vangelo di Marco viene dopo la professione di fede di Pietro (Mc 8,27-30) e il primo annuncio della passione-morte-risurrezione di Gesù (Mc 8,31-33) e prima del secondo annuncio della passione-morte-risurrezione di Gesù (Mc 9,30-32).

È provvidenziale che nel tempo di Quaresima la Chiesa ci fa meditare sull’evento della Trasfigurazione, accostando altre due pagine bibliche: quella del sacrificio di Isacco (Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18) e quella della lettera ai Romani dove Paolo sottolinea il dono d’amore del Figlio da parte di Dio Padre (Rm 8,31-34). Il modo comune, “volgare”, di intendere la Quaresima di solito pone l’accento sulla penitenza, sulla mortificazione, sulla sofferenza e su altre cose simili. Le pagine bibliche di questa domenica, invece, ci orientano verso un’altra prospettiva.

 

2. L’evento della Trasfigurazione del Signore (Mc 9,2-10) è fondamentalmente un evento di ascolto della Parola di Dio. Gesù, che sul monte conversa con Mosè ed Elia (Mc 8,4), figure rappresentative della Torah/Legge e dei Profeti, cioè di tutta la S. Scrittura, è il Figlio, è l’uomo dell’ascolto, che ascolta la voce del Padre che parla attraverso la S. Scrittura; è il Figlio che si confronta e dialoga con la Parola del Padre contenuta nelle pagine delle S. Scritture. Egli è qui che trova consolazione e conferma riguardo al suo cammino di fedeltà al Padre e di amore per i fratelli, cammino pieno di ostacoli che lo sta conducendo a Gerusalemme (Mc 8,31-33).

Nel contesto di questo evento di ascolto, la Parola di Dio illumina e trasfigura l’esistenza di Gesù (Mc 8,2-3). Sì, perché la S. Scrittura non comunica soltanto un insegnamento ma anche la Luce, lo Spirito, la Grazia di Dio: «Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino» (Sal 119,105; anche Pr 6,23); «Il Signore Dio [sul Monte Sinai/Horeb] vi parlò dal fuoco, voi udivate il suono delle parole ma non vedevate alcuna figura; vi era soltanto una voce» (Dt 4,12). Perciò la Parola di Dio contenuta nelle S. Scritture è Parola efficace, performativa, è Parola “sacramentale”: «Come la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata… così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata» (Is 55,10-11).

Le vesti di Gesù, ovvero la sua persona, che diventano splendenti (Mc 8,3), mostrano anche la sua risposta obbediente al Padre che gli parla attraverso le S. Scritture. Non si tratta di una risposta a parole (semplice a dirsi… ), ma di una risposta detta con la vita, con la qualità delle scelte concrete che riflettono la fedeltà al cammino intrapreso.

 

3. La pagina del sacrificio di Isacco (prima lettura: Gn 22,1-2.9a.10-13.15-18), a prima vista sconcertante per il modo così cruento di rappresentare un Dio che chiede sacrifici umani, in realtà, leggendola con più attenzione e tenendo conto della sua trama narrativa, essa dice tutto il contrario di ciò che appare: Dio, il Dio della fede di Abramo, non vuole e non chiede sacrifici umani, come invece lo chiedono le divinità pagane e lo chiediamo anche noi oggi, a volte, tessendo (sulle spalle degli altri) “l’elogio della sofferenza”; il Dio di Abramo, il Dio della fede biblica l’unico sacrificio che chiede è quello dell’ascolto e dell’obbedienza alla sua Parola. Infatti, nella trama narrativa del sacrificio di Isacco la “punta teologica” della pagina sta alla conclusione: «Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce» (Gn 22,18). “Obbedire alla voce di Dio” significa realizzare la Parola ascoltata nelle scelte concrete della vita quotidiana, significa vivere ciò che dice la Parola, renderla attuale attraverso la propria esistenza “camminando davanti al Signore nella terra dei viventi” (salmo responsoriale: Sal 116).

E quando questo accade la nostra vita diventa segno di benedizione per questo mondo, ovvero un segno di fecondità, di grazia e di speranza per noi stessi e per tutti coloro che incontriamo sul nostro cammino. Come lo fu la vita di Abramo, nostro padre nella fede.

In questa stessa prospettiva si colloca il breve passaggio della pagina di Paolo ai Romani (seconda lettura: Rm 8,31-34), dove l’Apostolo sottolinea il dono esistenziale del Figlio, avvenuto per il grande amore del Padre. Un dono che giustifica, cioè che ci rende giusti, ovvero attenti agli altri e in particolare ai più deboli, anche quando siamo osteggiati («Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto?»). Un dono che intercede per noi, affinché noi, anche quando qualcuno ci condanna, non dimentichiamo la responsabilità che abbiamo verso gli altri e in particolare verso i poveri.

 

4. Ritornando alla pagina evangelica, è interessante notare ciò che accade a Pietro e agli altri due discepoli. Il testo ci dice che Pietro tenta invano di dare un risposta coerente all’evento della Trasfigurazione. Non sembri strana questa annotazione, perché il testo per due volte dice che quella di Pietro è una risposta: «Rispondendo [e non “Prendendo la parola”], Pietro disse a Gesù… Non sapeva infatti che cosa rispondere [e non “che cosa dire”]» (Mc 9,5.6). La risposta di Pietro è confusa, perché Pietro e i discepoli devono ancora imparare a rispondere correttamente a Dio che parla attraverso le Scritture e attraverso Gesù. E la risposta corretta è quella che ha dato il Figlio Amato: fare della propria esistenza un dono d’amore per Dio e per gli altri. Questa è la risposta che esprime la qualità della nostra obbedienza alla voce di Dio. Perciò bisogna ascoltare il Figlio Amato. Egli, «Gesù solo» è il modello unico e autentico di questa risposta. In Lui si ricapitola l’obbedienza di Abramo, di Mosè e di Elia.

 

Che in questa Quaresima il Signore ci educhi a vivere per amore e a discernere se le nostre scelte quotidiane riflettono lo splendore e la bellezza di una vita donata per Dio e per gli altri.

                                                                                         Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)