"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

30 MARZO 2008                                                   2ª Domenica di Pasqua  - ANNO A -

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: At 2,42-47    Salmo 117     Seconda lettura: 1Pt 1,3-9

 

VANGELO secondo Giovanni 20,19-31

19 La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». 22 Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; 23 a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dissero allora gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!». 28 Rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!».
30 Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. 31 Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome

 

Si apre una storia di relazioni nuove

1. I cinquanta giorni che scandiscono il tempo pasquale sono i giorni che la Chiesa dedica alla mistagogia, cioè all’approfondimento dell’evento pasquale della morte e risurrezione del Signore e gli effetti di grazia sulla la vita cristiana personale ed ecclesiale.

In queste due domeniche di Pasqua l’attenzione è posta sul fatto che il «giorno dopo il sabato» della Risurrezione del Signore (Gv 20,1) è il Giorno che ormai include e dà significato a tutti gli altri giorni, è il “giorno ottavo” (Gv 20,28), cioè il giorno che non ha fine, il giorno della pienezza. E inoltre, con l’evento della Risurrezione del Signore inizia un tempo nuovo e una storia nuova per l’umanità, caratterizzati da relazioni interpersonali più fraterne.

 

2. La pagina evangelica di Gv 20,19-31 mostra la comunità dei discepoli riunita a “porte chiuse” per paura dei Giudei. È una comunità che da Maria di Màgdala — l’apostola degli apostoli, come amano chiamarla i padri della chiesa — ha già ricevuto l’annuncio e la testimonianza della Risurrezione del Signore (Gv 20,17-18), e a motivo dell’efficacia “sacramentale” di questo annuncio i discepoli sono riuniti in comunità (1Gv 1,1-3). Tuttavia questa comunità ha le porte chiuse per paura dei Giudei: non è ancora in grado, anzi possiamo senz’altro dire che non è ancora matura ad affrontare le difficoltà e le prove della vita e della storia.

È necessario, allora, che prenda coscienza che la venuta e la presenza di Gesù («venne Gesù e stette in mezzo a loro», Gv 20,19) è la venuta e la presenza non dell’ “Eroe mitico e vittorioso uscito indenne dalla prova”, ma del Crocifisso Risorto, cioè del Risorto che continua a manifestare in sé i segni della Croce che sono, allo stesso tempo, i segni del tragico rifiuto da parte degli uomini e i segni di una vita gratuitamente donata e sprecata. L’apostolo Pietro, citando il Sal 118,22 (salmo responsoriale), scriverà nella sua lettera che la pietra viva che gli uomini hanno scartato e rigettato, Dio l’ha scelta come pietra preziosa e l’ha posta a fondamento per la crescita qualitativa della vita umana e cristiana (1Pt 2,4-8).

Credere per la comunità dei discepoli (compreso Tommaso) e per noi, non significa comprendere come razionalmente vera l’affermazione che Cristo è Risorto, ma, molto di più, che il Crocifisso Risorto, Colui che è stato scartato, rifiutato e rigettato dagli uomini, Dio, risuscitandolo, l’ha posto come fondamento della nostra esistenza personale ed ecclesiale. Questo è esistenzialmente molto più impegnativo che accontentarsi di una semplice giustificazione razionale della risurrezione di Gesù. Questo dice il vero credere per la S. Scrittura: che la presenza in mezzo a noi del Crocifisso Risorto “apre le porte” ad una storia di relazioni nuove e qualitativamente diverse: relazioni di autentica fraternità. Così era stato profetizzato: che la morte di Gesù avrebbe riunito i figli di Dio che erano dispersi (Gv 11,52); e Gesù stesso aveva affermato: «Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me» (Gv 12,32).

Infatti: «Va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv 20,17): è l’annuncio pasquale che Maria di Màdgala, in obbedienza alla parola del Risorto, deve rivolgere ai discepoli.

La risonanza di questo annuncio continua a farsi sentire in modo più chiaro ed esplicito nel triplice «Pace a voi» di Gesù (Gv 20,19.21.26) e nella consegna del Pardono (Gv 20,23). Il «Pace a voi» non è un saluto, ma la consegna del dono della Pace, ovvero la capacità di creare relazioni fraterne sia dal punto di vista umano che di fede. E a questo si aggiunge un’altra consegna: quella del Perdono, della remissione dei debiti (Gv 20,23).

 

3. Ai discepoli, come pure a noi cristiani, viene consegnata la responsabilità di diventare testimoni del Crocifisso Risorto nella storia degli uomini. Non si tratta, però, di un progetto di rivincita e di riconquista della società, ma di una proposta di vita nuova, rigenerata dalla speranza della Risurrezione (seconda lettura: 1Pt 1,3-9), una vita nuova di fraternità e di condivisione nel Signore vissuta nella fatica del quotidiano (prima lettura: At 2,42-47). Solo così potremo dire in verità: «Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore» (rit. Salmo responsoriale)

 

                                                                                            Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)