"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

21 DICEMBRE 2008                                                                                                 IV AVVENTO - Anno B -

                                                                                                  

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: 2Sam 7,1-5.8b-12.14a.16         Salmo 88          Seconda lettura: Rm 16,25-27

 

VANGELO secondo Luca 1,26-38

In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei.

 

Diventare la casa nel Signore

1. Siamo vicini al Natale, e la liturgia pone alla nostra meditazione il modello per eccellenza di accoglienza del Signore che viene: la vergine Maria (Lc 1,26-38). Se intendiamo la verginità non solo dal punto di vista fisico, ma, molto di più, dal punto di vista esistenziale e teologico-spirituale, come d’altronde fa la Bibbia, allora a verginità daremo il senso di accoglienza del progetto di Dio, di apertura a Dio come unico Signore della vita e della storia, di sequela fedele di Cristo Sposo e Agnello (Sal 45,11-16; Is 62,5; 2Cor 11,2; Ap 14,4). La verginità, per la Bibbia, è quella scelta di fede che si oppone non al matrimonio ma all’idolatria, che è segno di sfiducia e di infedeltà verso il Signore, e che nella quotidianità si accompagna a tutte quelle forme di “prostituzione” cui si assoggetta l’essere umano per ottenere favori e privilegi, o per raggiungere una posizione potere e di prestigio, svendendo la propria dignità al signore di turno… (Ger 18,13-15; 31,21-22; Ez 16).

Perciò per accogliere il Signore che viene bisogna essere vergini, bisogna accogliere e “fare spazio” a Lui: così come Maria di Nazareth, la vergine e serva del Signore (Lc 1,27.38).

 

2. E quando “si fa spazio” al Signore, Egli fa di noi la sua casa, la sua dimora. La pagina di Samuele (prima lettura: 2Sam 7,1-5.8-12.14.16) è eloquente al riguardo. Qui troviamo una forte critica alla monarchia e al tempio, ma è una critica profetica costruttiva.

Nell’assumere il sistema di governo monarchico Israele rischia di diventare come tutti i popoli della terra: una monarchia oppressiva e violenta. Tale forma di governo la si accetta, sì, ma si pone come correttivo profetico la figura ideale messianica del re pastore, uomo di giustizia e di pace, attento agli umili e ai poveri della terra (2Sam 7,8; 1Sam 16,11-13; Sal 72; Sal 78,70-72). Non tutti i re d’Israele saranno all’altezza di questa missione.

Per quanto riguarda il tempio, anche qui si critica il passaggio dalla tenda al tempio, ovvero da un luogo “mobile” (la tenda) ad un luogo “fisso” (il tempio). È il rischio di costruirsi un’immagine di Dio, non più compagno di viaggio del suo popolo, di un Dio che cammina in mezzo al suo popolo (2Sam 7,6-7), bensì di un Dio “immobile”, “fisso”, quasi estraneo alla storia del suo popolo (2Sam 7,7). A ciò è connesso anche il rischio che l’istituzione religiosa, con il passar del tempo, perda lucidità e sapienza, e si affossi nel suo immobilismo (cosa che normalmente avviene…). Tuttavia si accetta di costruire il tempio; ma come correttivo profetico si pone l’idea che le persone e le comunità di persone sono chiamate a diventare la casa del Signore, il tempio di Dio (2Sam 7,11; Eb 3,6; 1Cor 3,16; 2Cor 6,16; Ef 2,21). E l’architetto e il costruttore di questa casa è Dio (2Sam 7,11; Sal 127,1; Is 28,16; 62,5; Eb 11,10) e noi con Lui (1Cor 3,9-10); e il fondamento è sempre Dio (1Cor 3,10-17), perché soltanto in Lui c’è stabilità (2Sam 7,12-13; salmo responsoriale: Sal 89). Il tempio-edificio, la chiesa-edificio è solo un segno che annuncia (o dovrebbe annunciare) questa verità di fede.

Dunque, accogliere il Signore che viene, significa lasciarsi “ricostruire” da lui per diventare, come persone, famiglie, chiesa e comunità, la sua dimora, la sua casa: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e il padre mio lo amerà; e noi verremo  a lui e faremo la dimora presso di lui» (Gv 14,23).

 

3. Anche in questo Maria è modello per noi: la sua esistenza vergine fatta accoglienza, Dio l’ha resa “tenda” del Signore, grembo e dimora vivente della sua Presenza e della sua Parola.

Sì, solo se diventiamo la dimora esistenziale del Signore che viene, saremo capaci anche noi di generarlo e di annunciarlo con la bocca e con il cuore (Col 3,16; Rm 10,8-10); diventeremo narrazione vivente del progetto di Dio taciuto nei secoli e ora rivelato mediante le scritture profetiche e la vita sapiente di Cristo Gesù (seconda lettura: Rm 16,25-27).

 

                                                                                           Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)