"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
20 MAGGIO 2007 Ascensione del Signore - Anno C
"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo |
Prima lettura: At 1,1- 11 Salmo 46 Seconda lettura: Ebrei 9,24- 28
VANGELO
secondo Luca
24,
46- 53
46«Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48Di questo voi siete testimoni. 49E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto» 50 Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. 51 Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo. 52 Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia; 53 e stavano sempre nel tempio lodando Dio. |
Cristo Signore della storia e nostro
Sacerdote 1. L’evento della Pasqua comprende l’Ascensione o Assunzione del Signore e poi la Pentecoste. Luca nel suo vangelo pone l’evento dell’Ascensione (Lc 24,50-53) lo stesso giorno della Risurrezione (Lc 24,1-49); come a dire che l’Ascensione è parte integrante dell’evento pasquale di Gesù. Negli Atti degli Apostoli lo stesso Luca, invece, colloca l’Ascensione dopo quaranta giorni dalla Risurrezione (prima lettura: At 1,1-11). C’è una discordanza? Non è mai superfluo ricordare che qui i “quaranta giorni” non indicano un tempo cronologico e storico bensì un tempo liturgico. Luca è consapevole che l’Ascensione, come pure la Pentecoste, fanno parte dell’unico e indivisibile evento pasquale e ne rappresentano, rispettivamente, un aspetto. Tuttavia noi creature umane per entrare in questo grande evento — poiché l’evento riguarda anche noi e non solo Gesù — abbiamo bisogno di entrarci attraverso un itinerario mistagogico a tappe, attraverso una gradualità temporale che ci faccia contemplare un aspetto alla volta della grande ricchezza dell’evento pasquale, e questa gradualità ce la offre proprio la Liturgia. Per noi umani è troppo, forse è impossibile, poter assimilare tutta la profondità del mistero pasquale del Signore in un solo istante o in un solo giorno; abbiamo bisogno di più giorni: quaranta giorni, anzi cinquanta se consideriamo la Pentecoste che significa “cinquanta giorni”. Quaranta/cinquanta giorni non sono né molti né pochi, ma sono sufficienti per assimilare qualcosa del mistero pasquale e cominciare a viverlo nella ferialità dei nostri giorni. Questa è la finalità mistagogica della liturgia cristiana. E allora, quale aspetto dell’unico e indivisibile evento pasquale pone in risalto l’Ascensione del Signore? 2. Innanzitutto, sia il vangelo che gli Atti parlano dell’Ascensione o Assunzione con forme verbali al passivo: «fu assunto in cielo», «fu elevato», «Quel Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo» (At 1,2.9.11), «fu portato verso il cielo» (Lc 24,52). Come si sa, spesso nel linguaggio della Bibbia l’uso della forma verbale al passivo indica che il soggetto dell’azione è Dio Padre. Dunque, è Dio Padre che assume verso di sé il Figlio, così come è Dio Padre che risuscita il Figlio (At 2,32). Gesù rimane sempre il Figlio di Dio. Inoltre, la parola “ascensione/assunzione” è tipica del linguaggio dell’intronizzazione del Re: quando un re veniva eletto saliva i gradini per assidersi al suo trono regale ed essere incoronato. Applicando a Gesù Risorto questo linguaggio, si dice che Egli è stato «innalzato alla destra di Dio» (At 2,33; Sal 110) per dire che Dio Padre risuscitando il Figlio, che ha amato con passione l’umanità (Lc 24,46) e che gli uomini hanno rifiutato e scartato, lo ha costituito Signore della storia e del cosmo (salmo responsoriale: Sal 47). Non va dimenticato che l’evangelista inizia a parlare di ascensione/assunzione di Gesù già in Lc 9,51) perché tutto il cammino esistenziale del Figlio è orientato dal ritorno al Padre; e in questo cammino, duro e faticoso, il Figlio vuole coinvolgere e trascinare tutti noi. Sì, perché anche la nostra esistenza, personale ed ecclesiale, è un cammino verso il Padre, un cammino anche per noi duro e faticoso, complesso e spesso tortuoso. Ma per non smarrirci il Padre ci ha donato il Figlio, costituendolo nostro Signore e Guida (seconda lettura: Eb 9,24-28; 10,19-23), e come modello di vita cristiana ci ha donato Maria, la Madre del Signore, della quale la Chiesa fa memoria dell’Assunzione al Cielo (solennità del 15 agosto). Tutti noi, a motivo della vocazione sacerdotale conferitaci nel battesimo e nella confermazione, siamo chiamati a benedire questo mondo e fare eucaristia per esso, ovvero, come il Figlio, ad amarlo con passione, a porre gesti di gratuità e di dono per dare vita e speranza a questo mondo. Perciò l’evangelo di Luca si chiude con i discepoli che «stavano nel tempio benedicendo Dio» (Lc 24,53), così come si era aperto con la benedizione del sacerdote Zaccaria: «Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo…» (Lc 1,68). È la benedizione che sorregge il futuro di questo mondo. Egidio Palumbo Barcellona PG (ME)
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