"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
18 MARZO 2007 IV DOMENICA DI QUARESIMA - Anno C
"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo |
Prima lettura: Gs 5,9a.10-12 Sal 33 Seconda lettura: 2Cor 5,17-21
VANGELO
secondo Luca
15,1-3.11-32
In quel tempo, 1 si avvicinavano a Gesù tutti i
pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. 2 I farisei e gli scribi
mormoravano: ‹‹Costui riceve i peccatori e mangia con loro››. 3
Allora egli disse loro questa parabola: |
Contemplare il volto compassionevole del Padre 1. Dopo aver contemplato il volto del Figlio nelle tentazioni e nella trasfigurazione, e aver contemplato il volto di Dio Padre che si converte all’uomo perdonandolo e concedendogli un “anno di grazia” perché abbia tutto il tempo di convertirsi, la liturgia della quarta domenica di quaresima si sofferma ancora a farci contemplare il volto di Dio Padre attraverso la parabola del Padre misericordioso (Lc 15,1-3.11-32). È vero che nella parabola si parla del figlio neofita, immaturo nella fede e del figlio “anziano”, maturo nella fede. In realtà è la presenza di Dio Padre prende la scena: egli è nominato esplicitamente dodici volte e implicitamente due volte, cioè come Madre il cui grembo si commuove e si allarga (Lc 15,20) per ri-generare il figlio perduto, e come Sposo che bacia l’amata sua Sposa Chiesa (Lc 15,20). E inoltre, tutto accade sotto la sua gratuita iniziativa: è lui che non perde mai di vista il figlio immaturo, è lui che corre incontro ai due figli, è lui che riveste il figlio immaturo e dà la disposizione di immolare il vitello ingrassato, ovvero di celebrare la Pasqua del Figlio. Dunque, Gesù ci sta narrando del volto, della presenza del Padre misericordioso: è Lui che bisogna contemplare per un autentico cammino di conversione (salmo responsoriale: Sal 34). 2. I due figli, ognuno a suo modo, sono lontani dal Padre. Il figlio immaturo ha voluto scommettere tutto sulla sua autonomia e libertà, perdendo alla fine proprio la sua autonomia e la sua libertà. Il figlio maturo nella fede, che da anni si dedica al servizio liturgico del Padre, che obbedisce ai comandamenti del Padre (Lc 15,29), che con impegno si dedica al lavoro pastorale e di evangelizzazione (Lc 15,25: «era nel campo»), che partecipa della condivisione del Padre (Lc 15,31), anche questo figlio in realtà non ha fatto esperienza del volto del Padre. È figlio maturo nella fede solo di nome e non di fatto. Entrambi i figli, ognuno a suo modo, hanno bisogno di conversione. Come si converte il figlio immaturo? Perdendosi, sperimentando il vuoto dentro di sé, la sua nullità e la fame della carestia. Può sembrare paradossale, ma è così. Anche questo è in fondo opera dell’iniziativa del Padre. È la legge della Pasqua del Signore: per risorgere bisogna morire; c’è una morte necessaria; non fisica ma esistenziale e spirituale, la sola che ci dà la possibilità di rinascere e di essere riconciliati con Dio (seconda lettura: 2Cor 5,17-21). Dunque, solo se facciamo esperienza del nostro essere creature che non abbiamo più nulla da pretendere e più nulla da difendere, saremo nella condizione di alzarci, meglio di essere alzati (verbo di resurrezione), cioè di fare Pasqua nella nostra vita (prima lettura: Gs 5,9.10-12), di fare esperienza dell’amore del Padre che abbraccia la nostra nullità, e così ricevere di nuovo la dignità (la “prima veste”) e la responsabilità (l’anello e i sandali) di figli di Dio. Come si converte il figlio che si crede maturo nella fede? Questa parabola non lo dice. A mio avviso lo dice la parabola successiva (Lc 16,1-8), dove l’amministratore, che ha rischiato di perdere tutto per aver sperperato i beni del suo Signore (come il figlio immaturo…), comprende che deve imparare ad agire con la stessa sapienza del suo Signore, ovvero condonare i debiti ai debitori del suo Signore. Così ritornerà ad essere amministratore. Così il figlio maturo nella fede imparerà la misericordia del Padre e riconoscerà l’altro figlio come suo fratello. 3. Nella parabola ci sono dei personaggi che passano quasi inosservati, eppure sono una presenza importante. Si tratta dei servi che stanno nella casa del Padre. Sono essi che eseguono quanto il Padre dispone (Lc 15,22-23) e sono essi che informano il figlio maturo di quanto avviene nella casa del Padre (Lc 15,26-27). Nella comunità ecclesiale vi sono persone e comunità poco appariscenti, ma nella vita quotidiana testimoniano la compassione del Padre. Sono questi in fondo che danno stabilità alla casa del Padre quando in essa i figli immaturi e quelli pensano di essere maturi vacillano nella loro presunzione… Che possiamo fare anche noi esperienza del volto compassionevole del Padre, in questi tempi in cui spesso dominano il lassismo e la rigidità, la tolleranza senza limiti e l’intolleranza dura e violenta . Egidio Palumbo Barcellona PG (ME)
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