"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

14 DICEMBRE 2008                                                                                                 III AVVENTO - Anno B -

                                                                                                  

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: Is 61,1-2,10-11          Salmo Lc 1,46-54          Seconda lettura: Ts 5,16-24

 

VANGELO secondo Giovanni 1,6-8,19-28

6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni.
7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce.

19 Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». 20 Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». 21 Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». 22 Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». 23 Rispose:
«Io sono voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore
,
come disse il profeta Isaia». 24 Essi erano stati mandati da parte dei farisei. 25 Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». 26 Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, 27 uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». 28 Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
 

 

Saper gioire nel Signore

1. La terza domenica di Avvento è, per antica tradizione, la domenica della gioia. Con Isaia contempliamo il Messia Profeta «inviato a portare il lieto annunzio ai poveri» ed esultante lui stesso di gioia nel Signore perché costituito Re-Sposo rivestito di salvezza e di giustizia (prima lettura: Is 61,1-2.10-11). Con Maria, la madre del Signore, esultiamo nel Dio liberatore che guarda i piccoli con amore (salmo responsoriale: Lc 1,46-54). Con l’Apostolo Paolo prendiamo coscienza che vivere nella gioia è volontà del Signore (seconda lettura: 1Ts 5,16-24).

 

2. Ma che cosa significa gioire nel Signore? La gioia qui non è un sentimento effimero e passeggero. Si deve gioire perché ci è stata annunziata e consegnata una “lieta notizia”, un vangelo: il nostro Dio è il nostro Sposo, è un Dio che si legato a noi con vincoli saldi di amore e di comunione; e per questo è un Dio liberatore che ci dà la dignità di creature e di figli e figlie (prima lettura: Is 61.1-2.10-11).

In Gesù Messia questo Dio assume la nostra umanità e la nostra storia: il suo volto è il volto dello Sposo Dio. Così lo riconosce Giovanni Battista, il Testimone, quando afferma: «a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo» (Gv 1,27). Questa è un’affermazione che evoca la “legge del levirato” (= del cognato), il quale permetteva alla moglie rimasta vedova di assicurare una discendenza al marito defunto sposandosi o con il cognato o, se questi rifiutava, con il parente più prossimo al marito defunto; il gesto che sanciva questo atto era la consegna del sandalo, da parte del partente che rifiutava di sposare la vedova, al parente che acquisiva tale diritto (cf. Rt 4).

L’evangelo applica la “legge del levirato”, ovviamente spiritualizzandola, a Gesù. Giovanni Battista, il Testimone, riconosce che non è lui lo Sposo del popolo di Dio, ma colui che viene “dopo di lui”, vale a dire colui che è stato suo discepolo, cioè Gesù (si ipotizza che Gesù, per un certo periodo, sia stato discepolo del Battista; l’espressione «dopo di me» è tipica per indicare il discepolato). Per questo il sandalo non viene sciolto e dato a Giovanni, ma rimane a Gesù: perché è lui il “parente più vicino”, è lui lo Sposo del popolo d’Israele e della Chiesa (Gv 2,28-30).

 

3. Gioire per questa lieta notizia che ci è stata consegnata, comporta per noi un impegno, una fatica, che spesso, bisogna ammetterlo, ci infastidisce, ci mette a disagio, poiché vorremmo che tutto fosse più semplice e più facile. E invece no, la vita cristiana sembra essere un poco complessa, se proprio Giovanni Battista, il Testimone, ci dice che in mezzo a noi Gesù il Messia, Colui che viene, è uno Sconosciuto: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete» (Gv 1,26). E più avanti dirà che nemmeno lui lo conosceva (Gv 1,31).

L’impegno a conoscere lo Sconosciuto ce lo indica l’Apostolo Paolo: «Non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è bello» (1Ts 5,18-20).

È la fatica di lasciarsi guidare e plasmare dallo Spirito di Dio che è Spirito creatore e creativo, che è il Padre dei poveri e il consolatore degli oppressi.

È la fatica dell’accoglienza della profezia, mai evidente a prima vista, ma sempre nascosta tra le pieghe della vita quotidiana.

È la fatica del discernimento di tutte quelle realtà, spesso nascoste e meno appariscenti, che sono il riflesso della bellezza del Dio di Gesù Cristo, che è bellezza crocifissa, cioè bellezza di una vita donata.

 

Chiediamo al Signore, noi che spesso pretendiamo di conoscerlo, affinché, nell’attesa della sua venuta, impariamo a gioire della gioia evangelica, che chiede, sì, impegno, fatica, ricerca, ma è fatica che libera e che ci rende un po’ più maturi.

 

                                                                                           Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)