"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

13 MAGGIO 2007                                            VIª Domenica di Pasqua - Anno C

"LECTIO" DEL VANGELO DELLA DOMENICA a cura di fr. Egidio Palumbo 

Prima lettura: At 15,1-2.22-29         Salmo 66         Seconda lettura: Ap 21,10-14.22-23 

 VANGELO secondo  Giovanni 14,23-29

23 Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. 25 Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. 26 Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v’insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. 27 Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. 28 Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. 29 Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate».

 

Diventare la Dimora del Signore

1. Anche l’approfondimento mistagogico di questa sesta domenica di pasqua attinge da un altro breve passaggio della grande conversazione famigliare che, nel contesto della cena pasquale, Gesù intrattiene con i suoi discepoli (Gv 13,31-16,33). Il breve passaggio riguarda la nostra vocazione a diventare la dimora del Signore in questo mondo complesso e pieno di contraddizioni (Gv 13,23-29).

2. La pagina evangelica muove da una domanda che Giuda, fratello di Giacomo, rivolge a Gesù: «Signore, cosa è accaduto perché devi manifestare te stesso a noi e non al mondo?» (Gv 14,22). La domanda rivela il fatto che il Cristo Risorto non impone la sua presenza nel mondo, perché il suo Regno non è di questo mondo (Gv 18,36), non segue i criteri e le logiche mondane di dominio e di potere politico e religioso. Se fosse così, la comunità cristiana non sarebbe una comunità di discepoli, di fratelli e di amici (Gv 15,12-15), ma un grande Club, una grande Squadra, un grande Impero, dove c’è un leader che comanda, perché lui solo pensa di sapere, e tutti gli altri obbediscono ed eseguono le sue direttive.

3. La presenza del Cristo Risorto, invece, è differente: espone se stesso e coinvolge le persone («devi manifestare te stesso a noi»). Per questo la risposta di Gesù alla domanda di Giuda, fratello di Giacomo, parte da «Se uno mi ama…» (Gv 14,23). In quel “se” c’è l’appello alla nostra libertà e responsabilità: amare il Signore, entrare in una relazione interpersonale di comunione sponsale con lui è una scelta libera, gratuita e responsabile. Non può essere imposta, né supportata dal mondo con tutte le sue logiche e strutture.

Inoltre, la libera relazione di amore col Signore chiede al discepolo di custodire la Parola come un tesoro prezioso; vale a dire, di ascoltarla con attenzione e di viverla nella vita di ogni giorno.

Amando il Signore e la sua Parola siamo amati dal Padre, il quale dimostra il suo amore per noi facendo della nostra esistenza — cioè con tutto quello che noi siamo, facciamo e abbiamo — la Sua Dimora in questo mondo. Si badi bene, il testo dice: «verremo presso di lui e faremo la dimora presso di lui». Non siamo noi con le nostre opere ad autocandidarci come la Sua Dimora, bensì è Lui che costruisce la nostra esistenza come la Sua Dimora, cioè la sua Presenza. È Lui che fa — e il suo fare è un fare creatore e creativo — della nostra esistenza la Presenza di Dio Trinità, Padre Figlio e Spirito Santo, in questo mondo.

Ecco la responsabilità che noi cristiani, persone e comunità, abbiamo in questo mondo. È una responsabilità che ci deriva dalla scelta libera di amare il Signore e di custodire la sua Parola. È una responsabilità che non ci colloca in una posizione dominante o di prestigio in questo mondo. Ed è una responsabilità da coltivare giorno dopo giorno con maturità evangelica. Per questo ci viene donato lo Spirito Santo (Gv 14,26), il “Paraclito”, cioè “Colui che è chiamato a stare accanto a noi”, per “insegnarci ogni cosa”, vale a dire per farci comprendere il senso profondo (il “senso spirituale”) della Parola del Signore, e per “fare memoria” della Parola del Signore, vale a dire per aiutarci ad attualizzarla nel nostro tempo.

4. Ci possiamo domandare: in base a quale modello Dio Trinità costruisce in noi la Sua Dimora? La pagina dell’Apocalisse (seconda lettura: Ap 21,10-14.22-23) ci parla della Gerusalemme che scende da Dio per essere accolta come Dimora di Dio e dell’Agnello. Ebbene questa Dimora, che è una realtà preziosa, si presenta ai credenti in una dimensione ospitale dove trovano accoglienza Israele (le “dodici tribù dei figli di Israele”) e i cristiani (i “dodici apostoli dell’Agnello”), vale a dire tutti in credenti. È questo il modello: la Gerusalemme Nuova. Infatti, in Cristo, che è la nostra pace, i due popoli sono diventati un popolo solo, in lui, che ci dona la pace non come la dà il mondo (Gv 14,27), l’inimicizia viene abbattuta (Ef 2,14).

E la pagina degli Atti degli Apostoli (prima lettura: At 15,1-2.22-29) ci parla dell’Assemblea della Chiesa di Gerusalemme, la Chiesa Madre, la quale, esaminata la delicata questione dei pagani convertiti al cristianesimo, se cioè questi erano obbligati ad osservare anche le prescrizioni ebraiche per essere salvi e così poter partecipare alla mensa eucaristica assieme ai giudei convertiti al cristianesimo, dopo un attento discernimento alla luce della Parola ascoltata e compresa nello Spirito, arriva alla saggia decisione che ai pagani convertiti al cristianesimo è sufficiente la fede in Cristo Gesù per essere salvi e sono necessarie due scelte etiche essenzialissime: la presa di distanza da ogni forma di idolatria e coltivare relazioni interpersonali sane ed equilibrate. Così i pagani convertiti al cristianesimo sono pienamente accolti nella Chiesa Madre di Gerusalemme. Il Modello della Gerusalemme Nuova viene concretamente realizzato nella vita della Chiesa Madre di Gerusalemme, che ha mostrato così di essere la Dimora di Dio Trinità in mezzo agli uomini, lo splendore del Suo Volto tra i popoli della terra (salmo responsoriale: Sal 67).

Che anche la nostra esistenza diventi la Dimora di Dio Trinità in questo mondo, una Dimora semplice, umile, ospitale e accogliente, e così tutti i popoli loderanno, non noi, ma il Signore.

                                                                                                Egidio Palumbo

Barcellona PG (ME)