fonte : MISNA
IRAQ  11/2/2003 2:59
LA GUERRA CONTRO BAGHDAD NON PIACE NÉ AI CRISTIANI, NÉ AI MUSULMANI
Church/Religious Affairs Church/Religious Affairs, Standard

"I musulmani identificano il cristiano con l’occidentale e la nostra situazione è diventata ora molto più delicata. I cristiani, che già sono una piccola minoranza, rischiano un’ulteriore marginalizzazione, e in caso di un riacutizzarsi del conflitto andranno di sicuro incontro a difficoltà ancor più gravi di quelle già gravi affrontate dall’intera popolazione". A lanciare un Sos sulla stessa lunghezza d’onda delle preoccupate parole pronunciate di recente dal cardinale Angelo Sodano, segretario di Stato vaticano ("a chi conviene mettersi contro un miliardo di musulmani e rischiare di avere per decenni l’ostilità del mondo musulmano?"), è monsgnor Slamon Warduni, vescovo di Baghdad per i cattolici di rito caldeo, nel libro-intervista "Dio non vuole la guerra in Iraq", uscito ieri per i tipi della piccola e coraggiosa Medusa. Si dirà: Warduni è nell’occhio del ciclone, parla condizionato dal delicatissimo contesto in cui è immerso. In realtà, analoghe allarmate prese di posizione, nelle ultime settimane si sono levate da più parti nel mondo, spesso per voce anche di autorevoli uomini di Chiesa. I vescovi delle Filippine hanno diffuso una dichiarazione in cui affermano che "una guerra contro l’Iraq avrebbe serie ripercussioni internazionali". Paese a maggioranza cattolica, le Filippine hanno una forte presenza islamica, che nella zona di Mindanao non di rado si è resa protagonista di episodi di violenza. I vescovi locali sono ben consci della potenzialità esplosiva della miscela di integralismo politico e religione. Così come lo sono i leader cristiani del Pakistan, i quali sono intervenuti con una lettera pastorale congiunta in cui scongiurano la guerra in Iraq con parole molto forti. "La minoranza pakistana è stata resa ancor più vulnerabile agli attacchi dei gruppi militanti islamici a partire dall’attacco americano in Afghanistan", chiosa l’agenzia cattolica Ucanews nel dispaccio in cui rende noto il testo del documento, aggiungendo che "da allora oltre 40 persone sono morte in attacchi contro chiese o istituzioni ecclesiastiche in Pakistan". Toni non meno angosciati si rintracciano in un recentissimo intervento dei vescovi di Malaysia, Singapore, Brunei, anch’essi contrari all’intervento armato in Iraq "nelle attuali circostanze". Dall’Asia all’Africa. In una testimonianza pervenuta alla redazione di ‘Mondo e Missione’ dal Ciad si legge: "Il negoziante dove ogni giorno andiamo a comprare il pane qualche mese fa ci ha chiesto in regalo una Bibbia. Eppure, subito dopo il crollo delle Torri gemelle, aveva affisso nel suo negozietto un grande poster che ritrae Osama bin Laden". Schizofrenia? Nient’affatto. In molte zone dell’Africa subsahariana l’islam, tradizionalmente tollerante e col quale i missionari riescono in genere, a impostare almeno un "dialogo della vita", sta assorbendo l’influsso pericoloso dell’ala radicale. Piaccia o no, la reazione agli eventi in corso (dall’intervento americano in Afghanistan, al conflitto israelo-palestinese, fino alla guerra contro l’Iraq) porta molti moderati fedeli ad Allah a sposare le tesi dei più estremisti che identificano l’Occidente sempre più come un nemico e i cristiani, di conseguenza, come potenziali pericoli, la Chiesa una sorta di "quinta colonna". I risultati della nefasta equazione li abbiamo visti, ad esempio, in Nigeria pochi mesi fa. Ebbene. Bush ha ragione quando afferma, nel discorso sullo Stato dell’Unione, che "un futuro vissuto alla mercé di terribili minacce non è affatto una pace". Ma quali "terribili minacce" innescherà nell’immensa e tumultuosa galassia musulmana un intervento militare occidentale in Iraq?

                                                      (di Gerolamo Fazzini, condirettore di ‘Mondo e Missione’)