SENTIERI  CRISTIANI

La forza della debolezza

di GIANFRANCO RAVASI

Sconsolati, i cristiani oggi s'affacciano dal portale delle loro chiese sulla piazza e ripetono, anche se con parole e finalità divèrse, il celebre lamento dell'Heidegger dei Sentieri interrotti: «Il tempo della notte del mondo è il tempo della povertà perchè diventa sempre più povero. È' già diventato povero da non poter riconoscere la mancanza di Dio come mancanza». Frà quei cristiani ce ne sono due che vorremmo idealmente isolare non tanto per la loro accertata notorietà quanto piuttosto per il loro atteggiamento che non è sconsolato, anche se severo. Anzi, i due loro ultimi saggi, pubblicati quasi in contemporanea, potrebbero costituite un dittico dai registri paralleli e dalle tonalità affini. Intendo riferirmi ad Andrea Riccardi storico e presidente della Comunità di Sant'Egidio di Roma, una presenza insostituibile nel dialogo interreligioso e interculturale mondiale, e a Enzo Bianchi, monaco fondatore di una comunità, quella di Bose (Biella), che si presenta come un crogiuolo di esperienze, le più diverse, condotte però sempre all'insegna di una profonda, intensa e sapiente spiritualità.

                 Riccardi propone un libro sereno e forte, anche se paradossalmente ancorato a due sensazioni sconcertanti, la paura e la debolezza. Si, perchè come si diceva, il cristiano di oggi ricalca spesso l'attitudine dei discepoli di Cristo sbollottati dalle onde tempestose del lago di Tiberiade. E interpellati da Gesù con questa domanda: «Perché avete paura, uomini di poca fede (OligÓpistoi)?» (Matteo 8, 26). La paura fiorisce dalla coscienza della debolezza ed è, perciò, a prima vista una reazione logica di fronte all'empito della secolarizzazione, al primato della potenza, al trionfo degli idoli di una società gaudente e apparentemente gaudiosa, del tutto inconsapevole di essere "mancante", come diceva Heidegger. Davanti a un simile panorama - che curiosamente ricalca la situazione della Chiesa delle origini, fatta di un pugno di uomini e donne provinciali posti di fronte all'immensità possente dell'impero - Riccardi propone una reazione antitetica: bisogna ricorrere proprio a quella debolezza che nel paradosso evangelico é dynamis, cioè forza efficace.

 Egli cita una frase folgorante di quell'alta omelia neotestamentaria che è la Lettera agli Ebrei: «Trassero forza dalla loro debolezza» (11, 34), la dynamis del cristiano è nella sua astheneia. E l'apostolo Paolo, fermamente convinto che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti» (1 Corinzi 1,27), non esiterà a confessare: «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2 Corinzi. 12, 10). Questa forza debole è stata la via. imboccata per secoli dalla cristianità autentica e Riccardi cerca di declinarla per la nostra epoca attraverso una sequenza di segni capitali che sono l'eredità più preziosa del Vangelo: la Parola divina, l'cucaristia, le preghiera, la povertà, l'amore, la fraternità, il dialogo con l'altro, la testimonianza, il martirio... e, in ultima analisi, il ritorno all'anima genuina della fede, nella ferma convinzione che il messaggio evangelico non è precipitato in uno stato crepuscolare che l'ha avviato su una strada cimiteriale o catacombale. Anzi, é ancora  allo stato di seme di senapa,  «il più piccolo di tutti i semii», come diceva Gesù, capace però di ramificarsi in albero, alla cui ombra i figli dispersi di Dio, cioè l'intera umanità possano ancora anelare.

Nello stesso orrizzonte e con -la stessa attenzione fiduciosa si muove Enzo Bianchi, le cui pagine sanno intrecciare vigore e nitore, citazione e intuizione, essenza ed esistenza. Il suo ritratto del presente è ugualmente spoglio di illusioni sia per la società, sospesa tra fondamentalismo e banalità, tra eccessi e grigiore, sia per un certo cristianesimo vagamente camaleontico e ormai stinto oppure fieramente combattivo ma solo per ottenere spazi pubblici. La sua è, allora, la proposta di una Chiesa profetica, capace di giudicare il mondo ma anche di pronunziare la Parola che inquieta e consola, che guida e dà significato, che genera speranza e produce amore. «La profezia - scrive Bianchi - nasce dall'impatto tra la Parola eterna di Dio e le sempre cangianti situazioni storiche». È solo- per questa via fatta di ascolto della Parola di Cristo (1'ecclesia audiens) che nasce l'ecclesia docens,  capace di indicare nella storia una meta e al singolo un senso, consapevoli - come suggeriva Bonhoeffer - che «il concetto non biblico di "senso" è solo una traduzione di ciò che la Bibbia chiama "promesse"».

In questo progetto Bianchi ripropone, quindi molte delle componenti del discorso di Riccardi (fede, testimonianza, martirio, Parola, eucaristia, dialogo, interiorità, la città) ma si inoltra anche in qualche altro orizzonte, come quello sempre arduo dell'«incredulità del credente e del silenzio di Dio». È suggestivo che sia proprio un monaco a parlare (a "balbettare", egli dice) dell'incredulità del cristiano che può avere la sua- sorgente nell'idolatria; nella  "poca fede' ("oligopistìa") ma anche nella tenebra del Dio muto e assente, nell'«oceano della nientitài». Sono queste, a nostro avviso, le pagine più incandescenti che fanno gridare anche al monaco: «O notte, diventa luce!», avviandolo in quella "caccia spirituale" descritta da Rimbaud, fatta di interrogazione e di attesa e scandita dal grido estremo del Crocifisso: «Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato?». Su ogni percorso e ogni ricerca ci sembra, comunque, sempre echeggiare quella domanda impressionante di Cristo: «Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Luca l8, 8). Eppure l'ultim frase di Bianchi è fatta di un trittico inatteso di aggettivi luminosi modulati sulla storia di Gesù e sull'alba di Pasqua: sì, la vita può essere per tutti «bella, buona, beata». -

 

Andrea Riccardi, "Dio non ha paura", San Paolo, Cinisello Balsamo 2003 pagg. 226, € 14,50;

Enzo Bianchi, " Cristiani nella società ", Rizzoli Milano 2003, pagg. 196, € 14,50.

testo integrale tratto da "Il sole 24 ore  - Domenica " - 22  giugno 2003