PIU’ FORTE DELLA MORTE E’ L’AMORE

La contemplazione del mistero pasquale

di Mimì Caruso

Scrivere sul mistero pasquale nel suo duplice aspetto di dolore/gioia, morte/vita è piuttosto imbarazzante, visto che il mistero, in quanto tale non può essere pienamente compreso né tanto meno descritto, ma solo contemplato.

Proprio in questo ci viene in aiuto la Chiesa che nella sua saggezza, ci guida opportunamente attraverso il tempo liturgico della quaresima e, quasi conducendoci per mano, ci prepara a vivere l’evento pasquale.

Il cammino ci viene indicato subito quando, ricevendo le ceneri sul capo, ascoltiamo l’esortazione: “convertitevi e credete al Vangelo”... ecco le azioni da compiere: Convertirsi... cambiar rotta, mutare la direzione della vita, lasciare le vecchie logiche, abbandonare ciò che appesantisce il nostro andare, rivedere le scelte concrete, rinunciare alle piccole o grandi sicurezze, andare controcorrente, rischiare.

Credere al Vangelo... alla notizia sconvolgente di essere destinatari dell’amore appassionato, senza misura, folle di Dio, ma crederci veramente significa lasciarsi sedurre e coinvolgere in una spirale di amore che non si esaurisce, ma si moltiplica, e quindi in definitiva fidarsi ed affidarsi completamente a Lui.

A parole può sembrare affascinante e semplice, ma nei fatti, richiede un cammino lento e faticoso, soggetto ad ogni sorta di tentazioni, superabili solo attraverso il discernimento, la progressiva spoliazione di se stessi nella ricerca dell’essenziale, che concretamente si traduce in scelte e conseguenti rinunce in funzione della realizzazione di ciò che effettivamente conta.

Sperimentando la difficoltà, la nostra debolezza può indurci a chiederci se veramente ne vale la pena... la liturgia ci viene ancora in aiuto e, proprio nel momento centrale della quaresima, nella terza domenica, ci ricorda le motivazioni alla base del cammino intrapreso: “se non vi convertirete perirete tutti allo stesso modo” (Lc.13,3,5), la posta in gioco è quindi alta, è una vita vissuta in pienezza!

Il Signore con infinita pazienza attende il dolce frutto di una siffatta vita (Lc.13,6-9) quello stesso frutto che Gesù, il Figlio obbediente, gli offre nel corso di tutta la sua vita, fino al momento cruciale della sua esistenza, il momento estremo in cui si consegna all’amore del Padre, il momento della verità, quando, guidato dallo Spirito, lo manifesta apertamente dicendo “Padre, perdonali” (Lc 23,34).

Ecco quindi che si squarcia il velo del tempio (Lc 23,45), si  rende palese il segreto di Dio, il frutto della sua folle passione: il perdono gratuito, concesso a priori, prima ancora del riconoscimento della colpa, a prescindere dal pentimento, senza alcuna condizione!

In quello stesso momento in cui il Padre accoglie il Figlio diletto nel quale si riconosce e si rispecchia, attraverso le sue braccia spalancate, dalla croce abbraccia tutta l’umanità, ogni uomo.

Ma l’abbraccio di Dio non può essere che un abbraccio d’amore, un abbraccio di vita.

Attraverso il Cristo crocifisso Dio dà senso alla sofferenza del mondo perché la assume e la redime: e questo senso è l’amore.

Vana però  sarebbe la nostra fede se Cristo non fosse resuscitato (I Cor 15,14) invece nel Cristo crocifisso e risorto Dio fa sua la morte perché il mondo faccia sua la vita e quindi nella celebrazione della Pasqua possiamo esultare “Cristo è risorto, è veramente risorto”  e, contemplando questo mistero, affermare che più forte della morte è l’amore!