QUARANT’ANNI FA LA «PACEM IN TERRIS»


LA BOMBA DI RONCALLI

di Marco Tosatti


QUARANT'ANNI fa, ad aprile, scoppiò la rivoluzione nella Chiesa. Giovanni XXIII pubblicò un'enciclica, la «Pacem in terris» (come ricordato sulla Stampa del 29 marzo). Fu una bomba: di importanza pari, forse, a quelle atomiche che tenevano il mondo in uno stato di perpetuo terrore, e gli garantivano una relativa «pace». Un documento esplosivo sin dall'inizio, perché Papa Roncalli, decisamente conservatore in dottrina e morale, la indirizzava oltre che a «Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi e altri Ordinari», e ai fedeli, «a tutti gli uomini di buona volontà». Fu subito chiaro a chi si riferiva; e la distinzione che chiudeva il documento - una paginetta - doveva avere conseguenze grandissime. «Non si dovrà mai confondere l'errore con l'errante - ammoniva Giovanni XXIII, dopo aver esortato alla coerenza i cristiani - anche quando si tratta di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale....Gli incontri e le intese...fra credenti e quanti non credono, o credono in modo non adeguato, perché aderiscono ad errori, possono essere occasione per scoprire la verità e per renderle omaggio». Si aprivano le porte del dialogo, veniva di fatto cancellata la scomunica emanata da Pio XII nei confronti di chi votava per i partiti marxisti. Da rilevare che nello stesso periodo Papa Roncalli inviava in missione un monsignore minuto, dagli occhi vivaci e dalla mente sottile, futuro protagonista della «Ostpolitik» vaticana, Agostino Casaroli. Faceva ancora di più, da un punto di vista politico, quell'enciclica. Mentre l'argomento del giorno era l'ingresso - o meno - dei socialisti di Pietro Nenni nell'area di governo Dc, il Pontefice invitava a non identificare tout court i «movimenti storici a finalità economiche, sociali, culturali e politiche» con le «false dottrine filosofiche» da cui erano nati. Tradotto: il marxismo può essere un errore, ma con i partiti socialisti e comunisti bisogna parlare, perché «i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche incessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindi non possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi». E possono contenere. L'impatto della «Pacem in terris» fu enorme anche sotto altri aspetti. Quello dei diritti di ciascun uomo, per esempio, «universali, inviolabili e inalienabili»; e dei limiti dell'autorità dello Stato verso i cittadini, proprio in virtù di quei diritti. E' interessante notare che per ben due volte, trattando questo argomento, Giovanni XXIII cita il Radiomessaggio natalizio di Pio XII, del 1942. Il 1963 era anche l'anno in cui iniziava, con di Hochuth, la campagna di calunnie verso Papa Pacelli che trova ancora chi la alimenta. Non è possibile poi tacere, oggi, quello che scriveva il «Papa Buono» sulla pace e la guerra: «E' evidente, o almeno dovrebbe esserlo per tutti, che i rapporti fra le comunità politiche, come quelli fra i singoli esseri umani, vanno regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante». Una lezione magisteriale che forse alcuni fautori cattolici della guerra di Bush hanno dimenticata.


testo integrale tratto da "La Stampa" - 11 APRILE 2003