Dedicato a chi sbeffeggia la Caritas

Se non ci fosse bisognerebbe inventarla

di Marco Tarquinio

Raramente Umberto Bossi dice e stradice senza ragioni. Ragioni tutte sue, spesso. A volte suggestive, altre volte inafferrabili, altre volte ancora improbabili e, comunque, troppo di frequente, squadernate con una ruvidezza di modi che sconfina nell'atteggiamento intimidatorio. Legittime ragioni di parte, insomma, travasate nel dibattito politico in maniera veemente, all'incessante - e quasi disperata - ricerca di applausi sguaiati e di clamorosi titoli di giornale. Non è solo una questione di stile, ma anche di sostanza. Perché quelle ragioni - col passare degli anni e con l'affievolirsi della spinta propulsiva del leghismo - tendono a stemperarsi sempre più rispetto alle attese degli italiani, anche di quanti vivono nelle regioni settentrionali. E in non poche occasioni risultano manifestamente in contrasto con la pura e semplice realtà delle cose sulle quali il leader della Lega Nord scaraventa raffiche di parole.
È davvero un problema. E - non si sa con quanta consapevolezza del rischio da parte degli interessati - lo è più per il Senatur e per i suoi colonnelli che per le vittime di turno. In particolare quando, come nelle ultime ore, l'attuale ministro delle Riforme concentra, con aspro entusiasmo, una parte non marginale delle proprie esternazioni su un mondo cattolico che dimostra di conoscere poco e male e che, con desolante ostinazione, si sforza di descrivere in maniera caricaturale.
Un autentico leader non può permettersi simili lussi. E in ogni caso dal leader di un partito che rivendica con orgoglio di avere un'«anima popolana» (nel senso di semplice e schietta) ci si potrebbe aspettare che sappia almeno resistere alla tentazione di deformare la verità delle cose che la gente tuttavia intuisce. Bossi, ieri, ha invece deciso di giocare a questo cattivo gioco; e una volta di più ha ritenuto di pote r raccontare via etere di una Caritas Italiana opulenta, contrastante gli interessi del Paese, amica interessata di chi è "straniero" e gonfia di ambizioni.
Vorremmo consigliare all'uomo politico Bossi di investire appena un po' del suo tempo per vedere con i suoi stessi occhi, e senza odiose lenti deformanti, ciò di cui parla. Per capire davvero che cos'è e che cosa fa ogni giorno la Caritas nella realtà viva di questo nostro Paese. Per rendersi conto di quanta poca retorica e di quanto poco "potere" (nel senso che, sovente, sta invece a cuore a chi fa politica) ci sia nell'impegno volontario di uomini e donne che con intelligenza e disponibilità ricuciono le dolorose slabbrature delle cosiddetta società del benessere. Ma anche per valutare fino in fondo l'inestimabile ricchezza accumulata dalla Caritas: un patrimonio di credibilità e di capacità operativa sul territorio (quel territorio che il leader leghista dice così tanto di amare) che viene alimentato in molti modi dalla generosa convinzione di tutta la comunità ecclesiale e, su un piano civile, dall'altrettanto generosa vicinanza degli italiani. Una convinzione e una vicinanza che si traducono in denaro offerto e strutture messe a disposizione di chi - italiano o immigrato in Italia - ha poco o niente, tanto quanto in tempo donato, in sostegno morale, in preghiera condivisa.
Conoscere col freddo realismo dell'uomo di governo questa realtà - questa "cerniera" tra dimensione pubblica e dimensione privata della solidarietà - farebbe capire all'onorevole Bossi perché le sue parole vanno in una direzione opposta al comune sentire degli italiani, anche del Nord. Verrebbe da dire: "Ministro ci pensi, e ci ripensi: se la Caritas non ci fosse, bisognerebbe inventarla". Ma, grazie a Dio, c'è. E in essa si specchia la bella faccia dell'Italia.


testo integrale tratto da "Avvenire" - 6 dicembre 2003

 

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