IL PAPA
«Tra ebrei, cristiani e musulmani» ci sono stati «momenti dolorosi» ma
adesso i fedeli delle tre religioni devono «tendersi reciprocamente le
mani, rifiutare la violenza e offrire aiuto e conforto a chi è nel
bisogno»
«Insieme,
come credenti dell’unico Dio»
Il discorso
del Pontefice al termine del concerto: «Non possiamo accettare che la
terra sia sconvolta da guerre senza fine
Da Roma
Salvatore Mazza
Le relazioni «tra
ebrei, cristiani e musulmani» sono segnate «da luci e da ombre», e anzi
«purtroppo» hanno conosciuto «momenti dolorosi». Proprio per questo,
tuttavia, più forte che mai «oggi, si sente il bisogno pressante di una
sincera riconciliazione tra i credenti nell'unico Dio», in quanto essi «non
possono accettare che la Terra sia afflitta dall'odio, che l'umanità
risulti sconvolta da guerre senza fine», e sono quindi chiamati a trovare
in loro stessi «il coraggio della pace».
Seduto sul palco dell'Aula Paolo VI, di lato all'orchestra, con a destra
il rabbino capo emerito di Roma, Elio Toaff e a sinistra l'imam della
Moschea di Roma, Abdulawahab Hussein Gomaa, Giovanni Paolo II ha con
queste parole rilanciato, ieri sera, l'urgenza del dialogo tra le tre
grandi religioni monoteiste. L'ha fatto al termine del concerto
organizzato in Vaticano e dedicato proprio alla Riconciliazione tra
Ebrei, Cristiani e Musulmani, che nelle tre parole «Pace, shalom,
salaam» sintetizza «il messaggio di speranza e di riconciliazione -
ha detto aprendo la speciale serata il cardinale Walter Kasper, presidente
del Pontificio Consiglio per l'Unità dei cristiani, promotore
dell'iniziativa assieme alla Commissione per i Rapporti religiosi con
l'Ebraismo, al Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso e col
sostegno dei Cavalieri di Colombo - tra i popoli del nostro comune
patriarca Abramo».
In un'atmosfera particolarmente solenne, al termine dell'esecuzione, Papa
Wojtyla ha voluto sottolineare nel suo breve, ma intenso, discorso, come
«questa sera, siamo qui riuniti per dare concreta espressione a questo
impegno di riconciliazione, affidandoci all'universale messaggio della
musica». «Ci è stato ricordato il monito Io sono Dio onnipotente:
cammina davanti a me e sii integro. Ogni essere umano sente risuonare
in sé queste parole: egli sa di dover un giorno rendere conto a quel Dio
che, dall'alto, ne osserva il cammino sulla Terra».
E dunque «l'auspicio che insieme esprimiamo - ha proseguito - è che gli
uomini siano purificati dall'odio e dal male che minacciano continuamente
la pace, e sappiano tendersi reciprocamente mani ignare della violenza, ma
pronte a offrire aiuto e conforto a chi è nel bisogno». L'ebreo, ha
osservato Giovanni Paolo II, «onora l'Onnipotente come protettore della
persona umana, e Dio delle promesse di vita. Il cristiano sa che l'amore
è il motivo per cui Dio entra in rapporto con l'uomo e che l'amore è la
risposta che egli s'attende dall'uomo. Per il musulmano, Dio è buono e sa
colmare il credente delle sue misericordie». «Nutriti» allora da queste
convinzioni, i credenti nell'unico Dio «non possono accettare che la
Terra sia afflitta dall'odio, che l'umanità risulti sconvolta da guerre
senza fine».
«Sì - è stata quindi l'esortazione con cui il Papa ha concluso il suo
discorso - dobbiamo trovare in noi il coraggio della pace. Dobbiamo
implorare dall'Alto il dono della pace. E questa pace si spanderà come
olio che lenisce, se percorreremo senza sosta la strada della
riconciliazione. Allora il deserto diventerà un giardino dove regnerà la
giustizia, ed effetto della giustizia sarà la pace».
Alla presenza di rappresentanti dell'ebraismo, dell'islam e delle altre
Chiese cristiane, la Pittsburgh Symphony Orchestra e i cori di Ankara,
Cracovia, Londra e Pittsburgh, diretti dal Maestro Gilbert Levine, hanno
eseguito il brano sacro "Abramo" del compositore protestante
americano contemporaneo John Harbison, proposto in prima assoluta e tre
movimenti della sinfonia numero 2 di Gustav Mahler,
"Risurrezione", ispirata al poema drammatico "Dziady"
del drammaturgo polacco Adam Mickiewicz.
testo integrale
tratto da "Avvenire" - 18 gennaio 2004