In aumento la fame nel mondo

AMMETTIAMOLO LE TERAPIE NON FUNZIONANO

di Andrea Lavazza

Due gelidi rapporti Onu sono calati ieri sul mondo con un carico di dolore e morte di cui è difficile farsi persino un'idea adeguata. La Fao, nel suo dossier sull'insicurezza alimentare, informa che oggi sono 842 milioni le persone denutrite, 18 milioni in più dall'ultima rilevazione, riportando la tendenza all'aumento dopo i segnali di miglioramento degli anni Novanta e rendendo ormai vano il progetto che puntava a dimezzare gli affamati entro il 2015.
Uomini e donne che non mangiano a sufficienza, fuori da grafici e tabelle, significano individui scheletrici, malaticci, apatici, incapaci di lavorare, o stanchi dopo poche ore, poco brillanti a scuola e costantemente angosciati da un'unica, devastante preoccupazione. Vuol dire bambini che soccomberanno perché indifesi costituzionalmente di fronte alle malattie, adulti che vivranno poco e si spegneranno per lievi inasprimenti delle condizioni climatiche o alimentari. La situazione più tragica è quella dell'Africa subsahariana, dove un abitante su tre si corica senza aver mangiato abbastanza.
L'Aids è uno dei principali imputati per il peggioramento imprevisto della situazione. L'altro rapporto, redatto dallo specifico organismo delle Nazioni Unite, riferisce che la sindrome da immunodeficienza solo quest'anno ha ucciso tre milioni di persone, cinque milioni sono i nuovi contagiati, 40 milioni sono gli infetti nel mondo, 30% dei quali concentrati proprio in Africa, dove i morti per la malattia sono il 75% del totale. E Aids non è solo lunga agonia di persone sfigurate, ma anche economie di interi Paesi lasciate senza forza lavoro, scuole svuotate di insegnanti, eserciti di orfani privi di sostentamento, famiglie con redditi drasticamente ridotti. La tentazione della rassegnazione, impotenti dinanzi a tragedie di tale portata, si unisce spesso alla rimozione: meglio non sapere nemmeno.
Eppure ci s i deve interrogare. Perché la fame su una Terra in cui i raccolti sarebbero più che sufficienti per gli oltre sei miliardi di abitanti? «Perché 842 milioni di persone non dispongono dei soldi per comprare cibo a sufficienza». La risposta di Amartya Sen - il Nobel indiano che più ha studiato il problema - non ha nulla di sarcastico. Riassume quel mix apparentemente incontrastabile di guerre, epidemie, corruzione, cattivo uso delle riserve alimentari, degrado ambientale, politiche commerciali restrittive. Nel mondo globalizzato non è necessario che ogni nazione sia autosufficiente dal punto di vista alimentare, può rifornirsi da altri. Ma deve possedere le risorse. Oppure ottenere le derrate attraverso prestiti o donazioni.
Nei due rapporti non si dice che lo sforzo del Primo Mondo per aiutare il Terzo resta basso, secondo molti scandalosamente basso, ben sotto lo 0,7% del Pil, obiettivo più volte indicato dall'Onu. Il presidente della Banca mondiale ha indicato che oggi si spendono 800 miliardi di dollari per la difesa contro i 56 investiti nella lotta alla povertà. Non è con la demagogia del «burro al posto dei cannoni» che si può invertire la rotta. Ma cambiare terapia è necessario. Con più fondi, e spesi meglio. Come lo stesso Sen ripete spesso: «Nei regimi democratici non ci sono carestie».
E neppure si possono spegnere le coscienze, individuali e collettive. Rimanere sempre consapevoli che anche in questo istante qualcuno sta morendo di fame e ammalandosi di Aids, che un contributo, pur piccolo, ognuno lo può dare, che come gruppi e istituzioni è necessario fare di più. Sono tre appunti per non rimanere schiacciati senza speranza da quei due rapporti che incombono su tutti noi.

 testo integrale tratto da "Avvenire" - 26 novembre 2003