IMPASTATO UCCISO DALLA MAFIA 25 ANNI FA di Rosario Giuè Mentre il procuratore Pietro Grasso deve ribadire ancora una volta che «a Palermo le uniche toghe rosse sono quelle sporche di sangue», oggi ricorre il venticinquesimo anniversario della brutale uccisione per mano mafiosa del giovane dirigente politico di Cinisi, Peppino Impastato. L'impegno ostinato e generoso dei suoi familiari, di amici e del "Centro di documentazione" a lui intestato, ha fatto sì che sulla sua figura, sulla sua opera, sulla sua morte non cadesse nell'oblio e ne fosse mantenuta alta la memoria. E solo nell'ultimo periodo, dopo tanto tempo, il prezioso lavoro della magistratura palermitana ha portato ad accertare le responsabilità di questo delitto. A distanza di tanti anni viene da chiedersi che cosa possa dire oggi la vita di quel giovane ai giovani siciliani di oggi. Due cose di Impastato colpiscono in particolare. La prima è la sua lezione di libertà. Era un uomo libero, un siciliano libero, in una terra dove l'essere liberi spesso è visto come un segno di stoltezza e di poca saggezza. Libero dagli schemi culturali e sociali precostituiti. Libero da riverenze verso chi detiene il potere mafioso. Viveva la libertà come impegno per spezzare la «signoria» di alcuni uomini su altri uomini, per sconfigere quell'ignoranza di chi fa la fa la scelta mafiosa e non vuole sapere che la vita così non è ritrovata, ma persa per sempre per sé e per gli altri. Ed era questa passione per la libertà e per la verità che lo avrà sostenuto nel domare l'angoscia della paura che può seppellire ogni dignità. La seconda lezione è legata alla prima: ed è la consapevolezza che la libertà è piena se è qualcosa che si allarga ai molti, che si condivide, che non esclude e che, perciò, acquista necessariamente una dimensione politica. Egli si buttò nell'impegno culturale e politico, nel clima del tempo, senza risparmiarsi perché credeva in un mondo in cui ci potesse essere libertà e giustizia specialmente per i più deboli. Era solito dire, come ha raccontato la madre di Peppino: «Chi mi leva la politica mi leva tutto», perché riteneva che l'azione culturale e politica fosse uno strumento essenziale di condivisione dei propri ideali per cambiare il corso negativo delle cose. Da qui l'impegno concreto sulla strada , lontano da ogni intimismo dorato. Il volantino prima, la fondazione di un circolo dal nome magico "Musica e cultura", la creazione di una radio, le denuncie pubbliche di interessi privati e traffici illeciti poi: erano attività come espressione concreta di una visione della vita e di un progetto di società che richiede costanza e dedizione. Un dedizione che non si può improvvisare dalla mattina alla sera, ma che è sono frutto di continua ricerca, della capacità di analisi e dell'acquisizione di consapevolezze da applicare al territorio. La candidatura al consiglio comunale e la successiva elezione gli avrebbe dato la possibilità di continuare le sue battaglie di difesa dell'ambiente e di trasparenza nelle sedi istituzionali, quando tutt'intorno si sosteneva che la mafia non esistesse. Per queste azioni concrete Peppino Impastato è stato ucciso: per questo impegno politico di libertà, come è accaduto per altri delitti "eccellenti". In una vita cosi spesa c'è un esempio con cui confrontarsi e una reale sapienza per interrogarsi su cosa fare della propria vita. Oggi sembra che i giovani, se motivati, più che l'impegno culturale e politico, siano portati verso il volontariato. Forse in molti di loro non c'è più l'idea di cambiare il mondo. Sembra che desiderino dare senso alla loro vita nell'offrire aiuto nel piccolo, a qualcuno ben definito. Forse non pensano a un mondo diverso nel suo insieme. Probabilmente per tanti di loro il mondo diventa un po' migliore solo nel servizio, per esempio, a un gruppo di bambini o di anziani, e pensano di poter trascurare l'impegno politico cha appare loro spesso come qualcosa di distante dalla realtà, qualcosa di troppo complicato con il suo carico di conflittualità. Eppure la recente mobilitazione, con moltissimi giovani, contro la guerra e per la pace ha mostrato che tante questioni cruciali per la vita di tanti poveri, di ciascuno di noi e del pianeta hanno bisogno di risposte politiche. Se si legge con più attenzione la realtà si potrà arrivare alla conclusione che lo spazio politico non si può saltare, perché è per la via politica che si può intervenire sulle cause e sui meccanismi che determino o aggravano quelle stesse sofferenze, povertà e emarginazioni che si cerca di lenire, con generosità, nel proprio piccolo. Certo, i processi politici sono spesso lunghi e tortuosi e i risultati non sono così immediati e lineari come desiderebbe il volontariato. E, tuttavia, l'impegno politico rimane oggi un modo forte e concreto di amare. Fare memoria di Peppino Impastato non deve significare aiutare i giovani a seguire, nel contesto odierno, la sua lezione di libertà e di impegno per un mondo diverso in un Paese che ne ha ancora tanto bisogno? testo integrale tratto da "La Repubblica - Palermo" - 9 MAGGIO 2003 |