Italia
spaccata in due
Nord-Sud:
il welfare ineguale
Il Nord investe di più in
sanità, istruzione e previdenza, mentre il Sud arranca a causa di servizi
sociali deboli e inefficienti. Cresce la vita media, in calo la natalità
di
Stefano Milani
Italiani popolo di anziani. La vita media nel
nostro paese, secondo il rapporto Istat 2005, si sta progressivamente
allungando: 77,6 anni per gli uomini e 83,2 per le donne. Questo, insieme
all'aumento dell'immigrazione regolare, è l'aspetto che incide in maniera
determinante sul costo dei servizi sociali: nel complesso la spesa è pari
al 30,2% del Pil, 3000 euro a testa, esclusa la previdenza, in linea con
la media europea. Quasi la metà è destinata alla sanità, oltre un terzo
all'istruzione e il 17% è assimilato dall'assistenza sociale.
Ma se l'Italia continua a fare pochi figli (1,34 per donna) quasi uno su
dieci è invece figlio di genitori stranieri. Si è infatti passati dal
1,7% del totale nel 1995 all'8,7% dell'anno scorso. Sulla presenza di
stranieri nel nostro paese il dato aggiornato al 2005 è di 2,4 milioni,
pari al 4,1% della popolazione italiana. Più elevata è la loro presenza
al nord-est (5,9%), nord-ovest (5,7%) e centro 5,1%. Meno nel sud (1,5%) e
nelle isole (1,3%).
«Sono le regioni più ricche - spiega l'Istat - a investire di più,
indicando che la spesa sociale ha solo modeste funzioni di riequilibrio
dei divari tra le diverse zone del paese». La differenza di spesa per
abitante tra la regione in cui si investe di più e quella in cui si
investe di meno è di quasi 2 mila euro annui. Tuttavia, per effetto della
crescita sostenuta nelle regioni con livelli di spesa minore, tra il 1996
e il 2003 si è verificata una «convergenza regionale nei livelli di
spesa sociale». L'assistenza sociale erogata dai comuni rimane l'area
dove emergono i maggiori divari territoriali: la spesa (lo 0,4% del Pil
nel 2003) è concentrata infatti per il 60% al Nord.
Anche nella sanità l'Italia è spaccata in due. Se nelle regioni del
centro-nord alcune Asl rimangono incentrate sulla presenza di ospedali
pubblici medio-grandi con elevati livelli di offerta, nel meridione dove
l'ospedale pubblico continua ad avere una capacità di offerta sempre più
bassa e limitata. In regioni come la Sicilia e la Campania risulta invece
prevalere un sistema ospedaliero ibrido, metà pubblico e metà privato
convenzionato. Nelle grandi città comunque il Policlinico, o l'azienda
sanitaria polifunzionale, continua ad essere il più richiesto.
Capitolo istruzione: in Italia su 58 mila scuole, il 43% sono scuole
dell'infanzia, poco meno di un terzo sono scuole primarie, il 14% scuole
secondarie di primo grado ed il restante 11% scuole secondarie di secondo
grado. Anche qui la componente straniera risulta in forte crescita:
l'incidenza massima è nella scuola primaria, con il 5,3% di alunni non
italiani nell'anno scolastico 2004-2005. A livello regionale la presenza
di studenti stranieri è nettamente più forte nelle regioni
centro-settentrionali rispetto a quelle meridionali. Passando
all'università, sono aumentati i corsi di laurea di primo e secondo
livello, entrati in vigore dopo la riforma Moratti. I corsi attivi sono
passati dai 2.156 dell'anno 1999-2000 ai 3.336 del 2004-2005 (+55%). In
cinque anni gli immatricolati nelle università italiane sono passati da
circa 276 mila a quasi 332 mila (+20,4%) e le iscrizioni aumentate da 1,7
milioni a 1,8 milioni (+8,7%). Nello stesso periodo è cresciuto anche il
numero dei laureati, da 152 mila nel 1999 a quasi 269 mila nel 2004, di
questi quasi 92 mila in più nei nuovi corsi triennali e 4 mila in quelli
specialistici.
Per finire l'assistenza sociale. Anche qui il Nord ha una copertura e un
servizio migliore: più assistenza per anziani e disabili, più strutture
territoriali, più asili nido. Al Sud solo il 2% dei bambini usufruiscono
delle scuole materne contro il 12% dei loro coetanei settentrionali.
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integrale pubblicato da "Il Manifesto" - 25 maggio 2006