BAMBINI CHE MUOIONO

Il presepio sfasciato dalla guerra

di Igor Man

 

Mentre nasce il Bambino ch’è già nato un altro muore. Ammazzato. Vita morte vita: è una roulette antica, non si ferma mai anche se i giuochi son fatti già da duemila anni e passa. Son sempre gli stessi per un motivo semplice: sono incisi nella Storia, sono la Storia.
Certum est quia impossibile.

Gesù nasce fra i pastori che in quel tempo erano strame della terra, sfrattati da ogni condivisione come oggi i Rom, i tossici, i mendicanti di mestiere coi bimbi affittati e i cani gonfi di sonnifero. Il peggio del peggio.

Per inginocchiarsi davanti al Bambino, i (quattro) Magi debbono farsi largo tra plebei lesti di coltello perché ladri di passo ma nessuno di loro toccherà i doni destinati a un Bambino che illumina del suo sorriso la grotta dove la vergine sua madre lo ha partorito. Nessuno ha detto ai pastori che quel Bambino è figlio dell’innocenza, che Jehoshù (Gesù; Isa) è padre e insieme fratello e figlio: di tutti, buoni e cattivi. Tuttavia prima di avvicinarsi alla mangiatoia, i pastori han spezzato il coltello contro la pietra bianca di Betlemme, per infine adorarlo, il Bambino, in ginocchio. E lui parla loro perché ne conosce il linguaggio cifrato, quello degli ultimi che saranno i primi.

Il Bambino è l’unico, là, in mezzo al presepio sfasciato dalla guerra, a conoscere il destino suo e dell’umanità. Egli è il Salvatore ma sa che non potrà salvare tutti e se ne cruccia. Epperò noi gli vogliamo bene lo stesso, perché ce l’ha messa tutta, povero Gesù, per salvarci: con la Parola, sacrificando la sua giovine vita. Lui, il bell’atleta ebreo che faceva sinanco 25 chilometri al giorno maciullandosi i piedi per essere là dove qualcuno lo aspettava, magari senza saperlo. Ma perché cercare persino chi non ti cerca? Perché la Carità va a tutti, risponde Gesù. Una cosa è giudicare, una cosa è fare l’elemosina.

Si chiama così la Carità proprio perché diamo l’elemosina anche a chi non la meriterebbe, ci spiega Giovanni Crisostomo nella sua «Omelia sull’elemosina» di lacerante attualità. «Molti ancora oggi son soliti inquisire i bisognosi, interrogandoli sulla loro provenienza, sulla condotta di vita, e non finiscono di rimproverarli (...). Ci sono schiavi fuggitivi, stranieri, avanzi di galera che han lasciato la loro patria per riversarsi nella nostra città in cerca di salvezza. E tu vai in collera?».

Non è facile seguire la rotta della Stella cometa mentre nasce Gesù e un altro bambino muore. Abbiamo sfasciato il presepio con la guerra ma è gran tempo che i maestri scrivano Pace sulla lavagna. Affinché il Bambino ch’è già nato possa trascriverla nel quaderno della nostra speranza.

testo integrale tratto da "La Stampa" - 24 dicembre 2004