CROCIFISSO
I
simboli aiutano a capirsi
di
CARLO MARIA MARTINI *
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Non
sono pratico di diritto costituzionale né conosco bene le leggi che
regolano la presenza del crocifisso in alcuni luoghi pubblici. Ma in
verità sentirei un po’ di dispiacere se tornando in Italia dai miei
soggiorni gerosolimitani trovassi che in tante pareti c’è rimasta
solo la traccia, nel buco vuoto di un chiodo e nel colore sbiadito
della parete, di qualcosa che vi era appeso e che è stato
tolto.
È vero che chi non conosce nulla della storia del cristianesimo può
far fatica a capire il senso di questo simbolo. Ma mi domando se sono
davvero tante da noi le persone che non lo capiscono affatto, dal
momento che le grandi religioni monoteistiche hanno tutte conosciuto
la storia di Cristo Crocifisso. Del resto è davvero utile che
qualcuno viva in Italia e non conosca nulla della storia cristiana né
della sensibilità religiosa e delle tradizioni popolari e artistiche
del nostro popolo?
Quanto poi alle diverse sensibilità e suscettibilità che possono
essere toccate da questo simbolo, vivendo qui a Gerusalemme posso
apprezzare la moltitudine di simboli che ogni religione coltiva e i
valori che ciascuno vi annette. Anche se non è sempre piacevole per
chi è immerso nel sonno profondo, è tuttavia pieno di significato, a
pochi passi dall’antica città di Sion e dalle sue mura
meravigliose, essere svegliato nel cuore della notte dal canto del
muezzin che invita alla preghiera (solo si vorrebbe qualche volta che
l’altoparlante fosse meglio regolato e meno stridulo). Il grido che
risuona nell’oscurità «la preghiera è migliore del sonno» è uno
splendido messaggio che vale per tutti gli uomini e le donne che
sentono il fascino dell’Assoluto e che cercano di non vivere solo
nella superficialità. E del resto ciascuno deve imparare a conoscere
e a rispettare i simboli del Paese in cui vive, se vuole contribuire
alla comprensione tra i popoli e le culture.
Così anche il Crocifisso, la figura di un uomo che ha offerto la sua
vita per amore fino alla morte e che ha perdonato ai suoi crocifissori,
è di conforto per tutti coloro che fanno fatica a credere alla
possibilità di un amore sincero tra gli uomini e di una
riconciliazione tra i nemici. È anche un incoraggiamento a vedere le
nostre sofferenze come eventi che possono avere un senso e che non
andranno perdute. Sono valori importanti per tutti, a prescindere da
ogni credo religioso. Per un cristiano poi il Crocifisso è ricco di
tanta umanità e risplendente di tanta luce divina da costituire una
porta per entrare in quel mistero del Dio Trinità che si fa fatica ad
ammettere con la sola ragione umana, ma che contiene in sé la chiave
per la comprensione del vero senso dell’esistenza. Il Crocifisso
infatti ci richiama parole come «non c’è maggior amore di chi dà
la vita per i propri amici» e denota quella caratteristica
dell’esistenza umana che è il suo realizzarsi nell’uscita
dall’egoismo e dall’autoreferenzialità e nel dono di sé.
Per questo dico che proverei dispiacere se vedessi questo segno
scomparire da tante pareti. Mi rimarrebbe la fiducia che esso vive
soprattutto nei cuori, ma con la tristezza di constatare che quando un
simbolo comincia a venire meno all’esterno ciò vuol dire che anche
nei cuori si sta affievolendo qualcosa che faceva parte del meglio
della storia umana.
*cardinale
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testo integrale
tratto da "Il Corriere della Sera" - 23 maggio 2004
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