L’ICONA DELLA PENTECOSTE

 

 

 

 

 

 

 

 

            Con la Pentecoste, a cinquanta giorni dalla Pasqua, si chiude il tempo pasquale; meglio: la Pasqua raggiunge il suo compimento attraverso il dono dello Spirito su tutta la Chiesa. Secondo la teologia dei Padri, la Chiesa nasce il giorno di Pentecoste (cfr. At 2,1-13), che con il “giorno dopo il sabato” della Risurrezione forma un unico “grande giorno”.

            L’iconografo fa convergere nella “trascrizione” dell’icona la pagina di At 2,1-13 meditata e pregata nel suo senso globale, ovvero alla luce di tutta la rivelazione biblica, la tradizione patristica e liturgica.

            L’icona pone in evidenza il Collegio dei dodici Apostoli, ovvero tutta la Chiesa. Essi sono all’interno del Cenacolo — lo dicono gli edifici raffigurati sullo sfondo (va ricordato che le icone non rappresentano scene all’interno; quando vogliono indicare che siamo all’interno, raffigurano sullo fondo alcuni edifici e,a volte, per rafforzarne l’idea, collocano un panno rosso tra un edificio e l’altro) — seduti su una panca a forma di arco, che, secondo alcuni, riprende il bema o pedana con la pedana e l’ambone collocati al centro della navata, tipico dell’architettura delle chiese sire e caldee. Su ogni Apostolo viene posta la lingua di fuoco, simbolo dello Spirito. Altre icone rappresentano in alto le sfere celesti (= presenza di Dio), dalle quali partono raggi di luce e, in particolare, un fascio di luce trisolare orientato sugli apostoli.

            I motivi di questa scena sono evidenti: qui viene presentata l’unità della Chiesa vissuta nella diversità dei carismi dei ministeri, delle tradizioni liturgiche e teologiche. È lo Spirito che dona alla Chiesa la capacità di saper vivere l’unità, la comunione trinitaria, la concordia nella sana diversità e pluralità (le icone che raffigurano i concili ecumenici introducono lo stesso schema iconografico di questa festa). Ed è lo Spirito che dona la capacità di leggere, meditare, comprendere, assimilare e pregare le Scritture (Gv 14,26; 16,13-15). Ed è ancora lo Spirito che viene donato quando i credenti leggono e meditano le Scritture, poiché la Parola del Signore è presenza sacramentale di Lui (Gv 6,63).

            Osserviamo il Collegio Apostolico. A partire da sinistra (di chi guarda), in alto troviamo Pietro con il rotolo della predicazione, al suo fianco Matteo e Marco con il libro delle S. Scritture, e poi tutti gli altri Apostoli con il rotolo della predicazione; in alto a destra (di chi guarda) troviamo l’Apostolo Paolo e al suo fianco Giovanni e Luca, tutti e tre con il libro delle S. Scritture, e poi tutti gli altri Apostoli con il rotolo della predicazione.

            Tra gli Apostoli Pietro e Paolo c’è un posto vuoto. Perché? Perché al centro sta la presenza “invisibile” del Cristo Capo della Chiesa (Mt 18,20). Non troviamo neppure la presenza della Madre del Signore (anche se alcune icone la raffigurano), perché Maria, in quanto immagine della Chiesa, è già qui rappresentata dalla Chiesa stessa.

            In basso, è stato raffigurato in un arco nero un personaggio vestito da re, quasi prigioniero (in alcune icone vengono disegnate anche le sbarre) avente su un panno i dodici rotoli della predicazione apostolica. Chi è questo personaggio? Si tratta del principe di questo mondo, circondato dalle tenebre della morte (cfr. Gv 12,31; 14,30; 16,11). Ovvero: in questo re sono rappresentate tutte quelle mentalità mondane di violenza e di potere che generano una cultura di morte (cfr. Ef 2,2; 6,12). Queste mentalità, afferma l’Apostolo Paolo, il cristiano le combatte e sconfigge non con armi umane, ma con l’armatura di Dio, con le armi dello Spirito (cfr. Ef 6,10-20; Rm 13,12), che ha ricevuto nei sacramenti dell’iniziazione cristiana, le combatte e sconfigge con la testimonianza e la predicazione dell’evangelo che è parola di risurrezione; per questo il “principe di questo mondo” sorregge nel panno bianco i rotoli della predicazione apostolica.

            Così canta la Liturgia bizantina: «Con soffio infuocato ti posi sugli apostoli che attendono in Sion la tua venuta come bramato onore, come dimostrazione, o Spirito, del Figlio generato dal Padre, e prontamente dimostri indecoroso il ciarlare delle genti con fischi». «Per far ricordare le parole di vita udite dal Padre e dette agli apostoli, il Cristo manda lo Spirito a posarsi su di loro in forma di lingue di fuoco. Cantando ti benedice il creato, che prima da te estraniato, gode ora della tua amicizia».

          

Egidio Palumbo