Fame,
«arma di distruzione»
La
Fao compie 60 anni. Bilancio amaro tra raffiche di critiche alle potenze
mondiali
«Il terrorismo nasce da ingiustizia e disperazione» dice il presidente
Ciampi al vertice dell'anniversario. Mugabe: Bush e Blair «due scellerati».
Chavez: gli Usa «minaccia per il mondo». Lula premiato per il suo
programma «Fame zero»
di
MARINELLA
CORREGGIA
Compie
sessant'anni l'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'alimentazione e
l'agricoltura (Fao). E' un'età a cui centinaia di milioni di persone non
arrivano: fame, miseria, malattie legate alla malnutrizione le uccidono
ben prima. Non è dunque un bel compleanno per un'organizzazione nata allo
scopo di sconfiggere proprio questo male eterno. Impossibile appare
l'obiettivo fissato anni fa, dimezzare entro il 2015 il numero di
affamati, visto che questi sono ancora 852 milioni; e i contadini sono la
categoria in media più affamata. Altro guaio è che molte delle strade
finora percorse sono poco sostenibili: il segretario generale della Fao
Jacques Diouf ha annunciato un (ennesimo) programma di riforma della Fao
per ottenere una maggiore efficacia e sostenibilità, riconoscendo che «i
sistemi di produzione agricola intensivi hanno conseguenze negative sul
piano ambientale, economico, sociale e culturale». (E sanitario, potremmo
aggiungere, viste le epidemie transfrontaliere). Le cause della fame nel
2005 sono tante e intrecciate: dall'impatto agricolo dell'effetto serra
alle guerre, dalle sovvenzioni per le agroesportazioni occidentali alle
insipienze dei governi locali, dal cambiamento dei modelli di consumo di
vaste classi medie all'abbandono tecnico-economico in cui è lasciato il
mondo rurale, dai modelli di agricoltura e (soprattutto) di allevamento
intensivi alle insufficienti riforme agrarie. Fra tutte le cause, il
presidente Carlo Azeglio Ciampi ha nominato le spese militari: «Una
società che spende centinaia di miliardi in armamenti e consente che ogni
anno muoiano di fame 5 milioni di bambini è malata di egoismo e di
indifferenza» e da questo solco «traggono origine e alimento i fenomeni
che minacciano la sicurezza di tutti noi: l'estremismo, il fondamentalismo,
l'odio etnico».
Una celebrazione non troppo paludata, ieri. «Merito» soprattutto del
presidente Robert Mugabe. In gennaio, Condoleezza Rice aveva accomunato lo
Zimbabwe - accusato di violazione dei diritti umani e brogli elettorali -
ad altri paesi «avamposti della tirannia». E ieri Mugabe ha chiamato
Bush e Blair «due scellerati» e «terroristi internazionali» -
paragonandoli a Hitler e Mussolini - per aver attaccato illegalmente
l'Iraq e per voler dettare legge «in Zimbabwe, Africa, Asia, Iran,
Venezuela». Va detto che le ire statunitensi nei confronti del presidente
africano sono anche imputabili alla sua decisione - insieme allo Zambia -
di non accettare a titolo di aiuto le derrate geneticamente modificate,
quando proprio simili eccedenze sono l'unico punto forte della
cooperazione Usa con le Nazioni Unite. Del resto, Mugabe non può
nascondere sotto il tappeto il fatto che secondo le agenzie di aiuto
cinque milioni di cittadini del suo paese (che ne conta dodici) potrebbero
aver bisogno di aiuti alimentari l'anno prossimo.
Ben più legittimi dunque - ma diversi fra loro - gli interventi di
presidenti di Venezuela e Brasile, due paesi che, con l'uso sociale dei
proventi del petrolio nel primo caso e con il programma fame zero nel
secondo, hanno fatto notevoli passi avanti nella lotta alla malnutrizione
e alla miseria. Per Hugo Chavez « è impossibile raggiungere l'obiettivo
dell'emancipazione dalla fame all'interno del modello economico che oggi
domina il mondo». Del resto, i paesi sviluppati dedicano all'agricoltura
e al sostegno all'export mille milioni di dollari al giorno.
Puntualizzando che a questo ritmo «occorreranno 200 anni per vincere la
fame, sempre che la specie umana possa sopravvivere alla distruzione
dell'ambiente in atto», Chavez dal palco ha accusato l'impero
nordamericano sia di essere una minaccia per il mondo (il quale si trova
«sotto l'egida di un colonialismo globale») sia di averlo direttamente
minacciato di morte.
Più cauto e ottimista Luiz Inacio Lula da Silva per il quale «è
possibile dimezzare entro il 2015 il numero di affamati». Lula ha
ricevuto dalla Fao la medaglia agricola, per il programma `Fame zero' da
lui indicato come un modello da esportare perché «mira alle radici: in
34 mesi è stato garantito reddito minimo a 7 milioni di famiglie e oggi
36 milioni di pasti vengono distribuiti ogni giorno nelle scuole; va
avanti un vasto programma di riforma agraria». Lula ha definito la fame
«la peggior arma di distruzione di massa del nostro secolo».
Testo
integrale tratto da “Il
Manifesto"-
18 ottobre 2005