TEOLOGIA L'
Eucaristia e l'ecumenismo di
Carlo Molari Nell'ultima enciclica «sull'Eucaristia nel suo rapporto con la Chiesa»,
il Papa ha richiamato con enfasi l'importanza dell'impegno ecumenico e
la connessione che esso ha con l'Eucaristia
«supremo sacramento dell'unità del popolo di Dio» (n. 43). Dopo
aver deplorato «le iniziative ecumeniche che, pur generose nelle
intenzioni, indulgono a prassi eucaristiche contrarie alla disciplina
nella quale la Chiesa esprime la sua fede» (n. 10), Giovanni Paolo Il ha
espresso compiacimento per il fatto che «molti fedeli in ogni parte del
mondo sono stati toccati dal desiderio ardente dell'unità fra tutti i cristiani»
(n. 43). Egli è convinto che lo stesso desiderio «di celebrare insieme
l'unica Eucaristia del Signore... diventa già una lode comune, una stessa
implorazione» (n. 44). Nonostante ciò l'Enciclica è stata vista,
soprattutto in ambito protestante, come ulteriore ostacolo posto nel
difficile cammino dell'unità. In particolare sono state criticate: l'insistenza
sul carattere sacrificale della Messa, l'importanza data al ministro
ordinato per la sua validità e la rigidità dei criteri per l'ammissione
alla comunione eucaristica. A molti è sembrato che sia stato ripreso
il linguaggio del Concilio di Trento e della teologia scolastica, senza
tenere conto alcuno del lavoro compiuto in ambito ecumenico negli ultimi
decenni e senza riferimenti alla stessa recente riflessione teologica
cattolica. l'attuale decano della Facoltà valdese di Roma, Ermanno
Genre, ha lamentato che nell'Enciclica «lodevoli iniziative ecumeniche»
siano state considerate 'ombre' (n. 10) e quindi riprovate: «Il Papa
avrebbe potuto rallegrarsi e dire una parola di incoraggiamento a questi
incontri fra cristiani di diverse confessioni che si ritrovano,
pacificati, attorno alla stessa mensa di Cristo. Che grande benedizione! E
invece no, il Papa è triste, racconta il suo 'profondo dolore» (n. 10). Il rammarico dei protestanti è ancora maggiore per
il fatto che era prevista (ed è stata celebrata) a Berlino la prima
assemblea ecclesiale tedesca tra cattolici ed evangelici. Fino ad ora
all'Assemblea delle chiese protestanti corrispondeva il Katholikentag in
tempi e luoghi diversi. Per la prima volta quest’anno è stato
organizzato un unico Kirchentag (28 maggio/1° giugno) con la previsione
di introdurre forme innovative di “ospitalità eucaristica”. Anche
in vista dell'appuntamento due Istituti ecumenici protestanti
(Strasburgo e Bensheim) ed uno cattolico (Tubinga), hanno pubblicato un
documento: «l'ospitalità eucaristica è possibile», dove si sostiene
l'opportunità di introdurre pratiche di comunione sacramentale, come
momento importante del cammino verso l'unità. l'enciclica è stata
letta come una messa in guardia contro tali scelte. Vi si ripete che «la
celebrazione dell'Eucaristia... non può essere il punto di avvio della
comunione, che presuppone come esistente, per consolidarla e portarla a
perfezione» (n. 35). Il teologo valdese Genre nota che «la posizione qui
espressa dal Papa è sostanzialmente la stessa di quella sostenuta dalla
Chiesa ortodossa nell'ambito del Consiglio ecumenico delle Chiese; gli
ortodossi temono le aperture protestanti nell'ambito della liturgia e
delle celebrazioni ecumeniche e chiedono di correggere la prassi
decisionale che regola gli incontri ecumenici, vogliono che si distingua
chiaramente tra le diverse forme di celebrazione liturgica». Questo
riferimento mette in luce la particolare attenzione del Papa alle
chiese dell'Oriente cristiano e la preoccupazione dell'unità che egli
avverte come suo compito precipuo. Si tratta di vedere se la via indicata,
il linguaggio e le scelte disciplinari siano le più opportune per
svolgere questo ruolo. i
limiti della teologia cattolica Credo che come prima cosa si debbano riconoscere i
limiti della teologia utilizzata dall'enciclica; e ciò per favorire quel
cammino comune che resta la ragione ultima dell'Eucaristia. Essa,
infatti, come scrive il Papa, è «l'adeguata espressione e l'insuperabile
sorgente» dell'unità del popolo di Dio (n. 43). Certamente l'Eucaristia
suppone una comunione di base, stabilita dal Battesimo e dall'ascolto
della stessa Parola di vita. Ma è anche vero che essa «porta a
perfezione» la comunione già esistente (n. 34) perché «crea comunione
ed educa alla comunione» (n. 40). l'Enciclica però non sembra far conto
di questo fatto quando distingue tra celebrazione, partecipazione e
amministrazione del sacramento. Per la prima ritiene «un'esigenza
intrinseca all'Eucaristia che essa sia celebrata... nell'integrità
dei... vincoli» (n. 35) di comunione stabiliti dalla Grazia e nella «integrità
dei legami anche esterni di comunione» (n. 38: dottrina degli apostoli,
sacramenti e ordine gerarchico). Gli stessi criteri sono applicati anche
alla partecipazione dei fedeli: «solo in questo contesto si ha la
legittima celebrazione dell'Eucaristia e la vera partecipazione ad essa»
(n. 35). Per quanto invece riguarda l'amministrazione del sacramento si
dice che essa è possibile «in circostanze speciali a singole persone
appartenenti a Chiese o Comunità ecclesiali non in piena comunione con
la Chiesa cattolica» (n. 45). Così «i ministri cattolici possono in
determinati casi articolari, amministrare i sacramenti dell'Eucaristia,
della Penitenza, dell'Unzione degli infermi ad altri cristiani che non
sono in piena comunione con la Chiesa cattolica» e «anche i cattolici
possono fare ricorso per gli stessi sacramenti ai ministri di quelle
chiese in cui essi sono validi» (n. 46). Questi casi confermano che si può
avere una partecipazione ai sacramenti anche in condizioni non ideali in
vista di un cammino di grazia. Tutto lascerebbe
supporre che questo criterio di economia vaga anche per la
celebrazione, il cui soggetto celebrante non è il ministro, bensì la
Chiesa intera in cammino verso l'unità perfetta. Richiamando la necessità
della confessione sacramentale l'Enciclica scrive: «quando uno è
conscio di peccato mortale l'itinerario di penitenza attraverso il sacramento
della Riconciliazione diventa via obbligata per accedere alla piena
partecipazione al Sacrificio eucaristico» (nn. 36-37). Oltre alla
opportuna precisazione che «il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente,
spetta soltanto all'interessato, trattandosi di una valutazione di
coscienza» (n. 37), sarebbe stato utile ricordare che l'Eucaristia
stessa è un sacramento di riconciliazione e che di per sé
l'accoglienza della misericordia divina e il pentimento possono avvenire
anche nella Messa che include
atti personali di autentica conversione, o l'obbligo, per la
dimensione sociale del peccato, di accostarsi al più presto al
sacramento della riconciliazione. Il dovere della confessione prima della
Messa è una disposizione giusta, ma sottomessa alle deroghe delle
leggi ecclesiastiche, quando è in gioco un bene maggiore ed esistono le
condizioni soggettive per celebrare e partecipare al Sacramento Eucaristico.
Un'ultima osservazione sulla «transustanziazione». il
pane e il vino l'enciclica riprende il termine richiamandosi
ancora al Concilio di Trento e citando l'espressione della professione
di fede di Paolo VI (30 giugno 1968) dove si dice: «nella realtà obiettiva, indipendentemente dal
nostro spirito, il pane e il vino han cessato di esistere dopo la
consacrazione» (n. 15). Occorre però ricordare che il termine
'sostanza' non ha più il significato dei secoli scorsi. Nel senso
attuale del termine, la sostanza fisica del pane e del vino (gli atomi e
le molecole) non cambiano affatto, mentre muta profondamente il loro
valore e il loro significato antropologico. Già nell'Enciclica Mysterium
ti-dei (3/9/1965) Paolo VI scriveva: «avvenuta la
transustanziazione, le specie del pane e del vino senza dubbio acquistano
un nuovo fine, non essendo più l'usuale pane e l'usuale bevanda, ma il
segno di una cosa sacra e il segno di un elemento spirituale; ma intanto
acquistano nuovo significato e nuovo fine in quanto contengono una nuova
realtà, che giustamente denominiamo ontologica». (Ev 2 n. 427). La
nuova realtà, infatti (Cristo con cui i fedeli entrano in rapporto),
non si rende presente «allo stesso modo con cui i corpi sono nel luogo»
(Paolo VI ib) bensì in modo 'sacramentale'. Quella di Cristo, quindi,
non è una presenza spaziale, ma sacramentale che si attua attraverso i
gesti simbolici del rito celebrato nella fede. Essi conferiscono un
nuovo reale valore alla realtà fisica del pane e del vino. Come in una
trasmissione televisiva, le onde elettromagnetiche contengono realtà
molto più ricche della loro 'sostanza fisica, che sono appunto le
informazioni trasmesse e le emozioni suscitate, analogamente
nell'Eucarestia la trasformazione non avviene nel piano delle molecole o
degli atomi ma in ordine alla relazione con Cristo, resa possibile per il
credente attraverso i segni sacramentali. In conclusione la quattordicesima enciclica del
Papa, mentre esprime il desiderio di continuarlo (n. 44) riflette
l'attuale difficoltà del cammino ecumenico. I teologi cattolici debbono
però riconoscere di non essere stati in grado, in questi anni, di
diffondere con efficacia i recenti sviluppi della dottrina eucaristica e
le sue pratiche conseguenze. Non hanno messo a punto linguaggi di fede in
armonia con la cultura scientifica del tempo o almeno non li hanno
proposti in modo efficace. Carlo Molari
testo
integrale tratto da "Rocca" n. 12 - 15 giugno 2003 |