" E se
domani..." 12
aprile 2009 di Eleonora Cicero
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“E il Verbo si
fece carne E venne ad abitare in
mezzo a noi” Gv.1,
14 Potessi
avere una bacchetta magica, mi divertirebbe depurare tutti i discorsi della
gente dai luoghi comuni che li accompagnano. No che io abbia niente nei
confronti dei luoghi comuni: se esistono un fondamento di verità ce l’avranno pure…solo
che molto spesso assumono un valore lapalissiano e non portano niente di
fecondo nella vita di chi li utilizza. Un altro aspetto negativo delle cose
ovvie, è rappresentato dal pericolo del “predicare bene e razzolare male”
cosicché, davanti ad un episodio particolare della vita, certe massime assumono
un valore profondo solo che poi tendono ad essere svilite nella “banalità
quotidiana”. Credo
che una buona dose di ipocrisia domini sovrana nelle nostre parvenze sociali,
così i periodi liturgici “importanti” riescono a rispolverare certe verità contraddette
il giorno dopo. Non può esimersi da questa innata tendenza nemmeno la
ricorrenza di Pasqua. Così diventa sempre più frequente emozionarsi durante le
liturgie penitenziali e riconoscere le nostre colpe, i nostri fallimenti, la
nostra incapacità di costruire relazioni autentiche e disinteressate per poi
inaridirci nello spazio di qualche giorno. Far
memoria del Calvario di Cristo il giorno prima e rimanere indifferenti davanti
all’ennesima strage di disgraziati nelle nostre acque il giorno dopo, risuona
stridente e contraddittorio. Pregare in piedi il Padre Nostro per poi chinarsi
successivamente al mafiosetto di turno, deturpa le parole di quella preghiera.
Pentirsi sinceramente per i pensieri, le opere e le omissioni e riprendere a
parlar male del vicino mezz’ora dopo, è cattiveria pura e semplice. Ci
portiamo tutti dentro un bagaglio di contraddizioni ed incongruenze sociali e
personali che ci rendono schizofrenici e tristi. Abbiamo
davvero difficoltà enormi a vivere da Figli Liberi, quasi che di tutta quella
Libertà che Dio pone nelle nostre mani, non sappiamo che farcene! Viviamo impelagati nei nostri egoismi e nelle
nostre materiali certezze con la convinzione che a Dio basti la preghiera
domenicale mentre nella lotta quotidiana, il Vangelo deve farsi da parte per
lasciare spazio alle cose “terrene”. Che ci piaccia ammetterlo o meno, tutti
siamo portati a suddividere il sacro dal concreto. Paradossalmente sta proprio
lì la “sfida” che ogni essere umano è tenuto ad affrontare. Dobbiamo imparare a
“tenere Dio sullo sfondo” come direbbe p. Tito Brandsma perché è nel quotidiano
che Dio ci incontra! Lui con la nostra persona, ha un’intimità maggiore della
nostra! A Dio non sono estranee le vicissitudini quotidiane, la fatica per un pezzo
di pane! Tramite il Figlio, Dio fa conoscere il suo amore di Padre e, di
rimando, sperimenta tutto il peso di essere Uomo. Pensare
alle sofferenze di Cristo nel Triduo Pasquale e dire: “quanto ha sofferto per
noi!” risulta sincero nello spazio di pochi minuti ma se poi non ci coinvolge
intimamente il cuore e non ci converte, diventa un luogo comune come tutte le
tradizionali processioni e devozioni della Settimana Santa. Lui
è con noi fine alla fine del mondo: questa è la sua Parola e non c’è motivo di
dubitarne. Ma noi, siamo davvero capaci di essere in Lui, con Lui e per Lui
lungo tutta la nostra vita?! Interroghiamoci
seriamente in questa liturgia Pasquale, perché E
non è un concetto religioso e liturgico! Questo è il nocciolo stessa della
nostra dimensione umana. Credere in Cristo e lasciarci trasformare dalla luce
del Vangelo, significa diventare uomini e donne in grado di scrivere una storia
diversa; di creare una società migliore in cui il vivere insieme come fratelli
non diventi utopica preghiera delle labbra. Auguro
per tutti noi (credenti e non) che Shalom!
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