«Emergency», l'associazione di intervento
medico-umanitario fondata da Gino Strada, ha compiuto
recentemente dieci anni di vita e di attività. Ho l'impressione
che non sia stato dato il dovuto risalto a una delle poche cose
di cui può andare fiero il nostro Paese. Il professor Gino
Strada è un chirurgo che da anni ha abbandonato la sua clinica
milanese, dove poteva diventare milionario facendo delicate
operazioni su corpi di miliardari, per andare a ricucire pance
squarciate dalle bombe e gambe maciullate dalle mine in luoghi
di disperazione tipo Angola, Afghanistan o Iraq.
Gino Strada riscuote ovviamente un'enorme
simpatia fra gli italiani che non hanno particolare predilezione
per le pance squarciate e le gambe spappolate. Che poi sono
milioni di persone, come si è visto alla grande manifestazione
per la pace (anche se la Rai tentò di oscurarla) allorché il
presidente Bush, senza il consenso dell'Onu, decise di invadere
l'Iraq. Invece i pochi ai quali le pance squarciate e le gambe
spappolate ispirano una certa ebbrezza, e che in questo momento
hanno in mano quasi tutta l'informazione italiana, considerano
Gino Strada «un estremista».
Forse si chiedono: chi glielo fa fare, a uno
che potrebbe farsi un patrimonio lavorando da par suo sulla
prostata di un commendatore, di andare a riparare i moncherini
di un ignoto Youssuf, piccolo capraro della valle del Panshir,
laggiù nel remoto Afghanistan? E poi, forse che i moncherini
del piccolo Youssuf, anche se ben riparati, fanno «crescere il
Paese»? Il fatto è che il professor Strada e l'équipe di
medici che lavorano con lui, trovandosi in Afghanistan allorché
Bush lo bombardò, si accorsero della scarsa intelligenza delle
bombe (o forse dei generali).
Come ricorderete, gli alti comandi militari
della superpotenza assicurarono che avrebbero colpito un unico
obiettivo, con la stessa precisione con cui il bisturi di un
chirurgo incide il tumore lasciando intatto il tessuto sano
tutt'intorno. Gino Strada e la sua équipe, che di bisturi se ne
intendono, hanno constatato che non era proprio così. Dal
branco delle bombe intelligenti con le quali Bush bombardava i
rifugi del suo acerrimo nemico Bin Laden e dei suoi compagni
Talebani, che fino a pochi anni prima erano cari amici di
famiglia, un sacco di bombe stupide (o forse troppo
intelligenti) cadevano a pioggia dove gli pareva, massacrando
intere famiglie, donne e bambini che con Bin Laden e i Talebani
non c'entravano proprio nulla. E mentre gli strateghi americani
erano occupati ad ammazzare civili, Bin Laden si ritirava a vita
privata e il Mullah Omar si allontanava in motocicletta.
Durante la sua attività riparatoria di corpi
altrui, Gino Strada ha avuto modo altresì di rendersi conto che
la guerra non è una cosa carina, e così ha cominciato a
esortare alla pace. È diventato, cioè, un pacifista.
Atteggiamento che in un Paese retto da uomini bellicosi come
l'Italia attuale è tenuto in gran dispitto. Perché l'Italia è
un Paese assai paradossale: i suoi cittadini amano la pace, e
l'hanno persino scritto nella Costituzione, ma i loro governanti
attuali sono tutto il contrario e pensano che un mondo più
pacifico sia un'utopia.
È la forma mentale di chi pensa che la
guerra sia l'unica igiene del mondo, e si può anche tentare di
capire perché certe popolazioni siano cocciutamente renitenti a
una democrazia regalata con tanta generosità di bombe: forse
perché, come recita un antico proverbio, «quando l'elemosina
è troppa, il povero non si fida». Si tratterebbe poi di
verificare se la prodigalità di bombe che George W. Bush ha
riversato sull'Afghanistan per "donare" a quel Paese
la democrazia sia servita a installare una vera democrazia.
Sulla questione esistono opinioni controverse.
Ma da quando il signor Karzai ha abbandonato
gli Stati Uniti dove era impiegato, ha indossato un colbacchino
e un mantello di cashmere ed è stato dichiarato dagli Stati
Uniti presidente provvisorio dell'Afghanistan (nonché «il
presidente più elegante del mondo» dalla stampa italiana),
avrete notato che la televisione se ne è andata
dall'Afghanistan e che ci dobbiamo contentare di qualche rara
immagine che ha mostrato, nelle recenti "libere
elezioni", curiosi seggi elettorali protetti da
mitragliatrici.
Per avere qualche ragguaglio in più dobbiamo
ricorrere a fonti estere o alternative e così apprendiamo che,
dopo il ripristino della cosiddetta democrazia in Afghanistan,
la filosofia del Principe di Salina del Gattopardo, che tutto
cambi affinché resti come prima, regna sovrana. I Talebani sono
rimasti o sono stati rimpiazzati dai Signori della Guerra che
dominano indisturbati tutto l'Afghanistan fuori Kabul, la
coltivazione dell'oppio è ripresa in forma intensiva tanto da
poter rifornire egregiamente di eroina i mercati europei e
americani e la condizione femminile, come dimostrano le
fotografie del volume, è rimasta tale e quale: anzi, la forza
del burka è tanta che sta prendendo piede perfino presso
qualche estrosa signora di Como o di Varese. Però agli afgani
restano le "libere elezioni", oltre che molte macerie.
Sotto queste macerie sono rimaste molte
persone. Molte di esse, quelle che non sono morte, sono state
operate e curate dal professor Gino Strada e dai medici di
Emergency. Un video di Emergency realizzato da Fabrizio
Lazzaretti e Alberto Vendemmiati e intitolato «Afghanistan:
effetti collaterali?», ora in vendita in Italia e il cui
ricavato andrà a beneficio della stessa organizzazione
umanitaria, è davvero eloquente sui massacri causati dai
bombardamenti.
È un video dove l'orrore della guerra e le
atrocità inflitte dall''amministrazione Bush a popolazioni
innocenti appaiono nella loro ributtante evidenza. Bush, con le
sue guerre insensate, non è riuscito a colpire il «nemico
invisibile», ma in compenso ha massacrato persone ben visibili
che con Al Qaeda non avevano nulla a che fare. Intanto Bin Laden
se la ride e appare in televisione.
E l'esercito americano è andato a bombardare
l'Iraq per catturare il dittatore Sadam Hussein, che a
differenza di Bush con Bin Laden non aveva mai fatto affari.
Centomila morti in Iraq in un anno. Altri «effetti collaterali»
di quel Genio del Bene che è George W. Bush.
testo integrale tratto
da "L'Unità" - 04 novembre 2004