HOREB  N. 48 - 3/2007  

“Io sono il Dio che ti guarisce”

 

Editoriale

   La storia umana è storia di bellezza, di armonia, di gesti eroici dettati dall’amore, ma è anche storia di ferite. Ferite legate al limite creaturale, alla fatica dei giorni, alla malattia, alla fatiscenza del corpo con l’avanzare degli anni. Ferite provocate da incomprensioni, da emarginazione, da violenza, individuale o istituzionale. Ferite provocate da guerre assurde, determinate da logiche di morte.

Questa storia di ferite interpella la ragione e anche la fede. Spesso è difficile trovare delle risposte. La stessa Rivelazione non ci offre soluzioni confezionate. L’autore della Sapienza, però, rivolgendosi a Dio gli dice: «Tu hai compassione di tutti… Signore, amante della vita» (Sap 11,22.24). Poiché “amante della vita”, Dio si indigna lì dove la vita viene soffocata e si fa presente per guarire e ridare dignità all’uomo. «Io sono YHWH che ti guarisce» (Es 15,26), ricorda al popolo che sta accompagnando nel cammino di liberazione dalla schiavitù egiziana. Nel Figlio Gesù sperimenta le ferite e il dolore dell’umanità e nella condivisione propone un cammino di guarigione, una forma di esodo, ad ogni uomo, con la sua esistenza “donata”. Egli si fa vicino, ascolta, tocca, si prende cura, aiuta i malati che incontra ad attivare una relazione nuova con se stessi, con gli altri e con Dio.

La comunità cristiana, che non sfugge a questa storia di ferite e di dolore, non può dimenticare questo stile di Dio. In Gesù è resa consapevole, prima di tutto, che è bisognosa di essere curata/liberata dal delirio di onnipotenza di qualsiasi tipo, ed è coinvolta a riscoprire la dimensione terapeutica del suo essere e del suo agire. Questo carisma terapeutico va espresso attivando atteggiamenti, esperienze e forme di vita che siano di attenzione, di cura e di accompagnamento per il riscatto dell’altro. Una parola saggia, detta a tempo opportuno, il saper accogliere la debolezza dell’altro, la solidarietà espressa, attraverso l’intervento competente, a chi vive le ferite sulla propria pelle, la vigilanza perché nessuno costruisca il proprio successo sulle piaghe dell’altro, non solo è doverosa obbedienza all’esempio del Signore Gesù, ma gesto che offre all’altro la possibilità di respirare e di aprirsi di nuovo alla vita

 

Collocandosi in questa prospettiva, la monografia si apre con una riflessione a più voci sulle ferite della vita d’oggi: il “male oscuro dell’anima” o accidia, quel “vuoto” esistenziale che risucchia nella noia, nell’indolenza, nell’iperattivismo sempre amaro e critico verso gli altri (ps. Annunziata di Gesù); il lavoro precario “senza fine”, che stronca le speranze e il futuro delle giovani generazioni (A. Mantineo); gli interventi inopportuni delle gerarchie ecclesiastiche su alcune personalità profetiche della chiesa del nostro tempo (F. Scalia); il caso di p. B. Häring, una figura di alto profilo teologico, spirituale e profetico: significativi la sua proposta teologica di una “fede sanante” e il coraggio profetico con cui affrontò l’ingiusto processo istruitogli dalla congregazione per la dottrina della fede (S. Consoli).

In sintonia ideale con la proposta teologica di p. Häring, segue l’indicazione di un itinerario terapeutico, dove, dopo aver analizzato le varie tipologie di “ferite”, si evidenziano le possibilità formative che la comunità ecclesiale può oggi offrire, affinché «le ferite diventino feritoie verso il Regno» (N. Dell’Agli).

L’itinerario terapeutico indicato ci apre all’ascolto di alcune testimonianze: una malattia incurabile può essere occasione di una ridefinizione della propria esistenza in termini di totale consegna all’altro e a Dio (testimonianza personale che il carmelitano p. Riccardo Palazzi fece nel maggio del 1997 durante il capitolo provinciale della Provincia Italiana); la pazienza nell’accompagnare i minori “feriti” nelle loro famiglie per ridarsi una speranza e ricostruirsi una vita (A. Notarbartolo); la fatica nell’aiutare le donne immigrate ad uscire dalla schiavitù della prostituzione (Suore Francescane dei Poveri).

Dopo gli interventi fin qui offerti, viene appropriata la riflessione biblico-teologico-spirituale sulla presenza sanante del Dio di Gesù Cristo: un Dio vulnerabile, che condivide l’umiliazione dell’esilio del suo popolo, e per questo trasforma l’esilio in salvezza (G. Barbiero); in Gesù Dio si consegna all’ignominia della condizione umana perché nessuno si perda nell’inferno della sua solitudine e del suo fallimento (G. Ruggieri); l’esperienza spirituale del mistico carmelitano Giovanni della Croce evoca la presenza paradossale di un Dio che “ferisce” la coscienza più profonda del credente che si pone in ascolto della sua Parola, al fine di sanarla (C. Vasciaveo); le guarigioni di Gesù narrate nei vangeli avvengono non in modo magico-miracolistico ma dall’interno di una relazione empatica che egli vive con i malati (A. Neglia).

A conclusione della monografia, l’indicazione di siti web sul complesso fenomeno delle guarigioni (G. La Malfa).

Per la rubrica “Guardando oltre”, curata da M. Assenza, una riflessione etica sulla crisi di questa nostra epoca.

Il quaderno si chiude con gli “Itinerari”. Per “Prospettive del Vaticano II”, una riflessione articolata sul “sogno” di una Chiesa creativamente fedele al Concilio (C. Militello). Per “Media e Spiritualità”, una riflessione sulla responsabilità di chi fa televisione (L. Grandi). Per “Ricerche sul Carmelo”, ultimo articolo dedicato alla figura di S. Alberto di Trapani uomo della Carità (G. Grosso).

 

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