HOREB  N. 46 - 1/2007  

“Fa’ in noi una fonte d’acqua viva”

Mistica e profezia in S. Maria Maddalena di Firenze

 

Editoriale

   Nell’immaginario comune quando si sente parlare di mistica si pensa a esperienze particolari e straordinarie, appannaggio di alcuni privilegiati, che poi si estraniano dal mondo per vivere un rapporto totalizzante con Dio, come se potesse esistere esperienza di Dio che non coinvolga i fratelli il mondo, gli avvenimenti storici.

E invece, la mistica non può essere ridotta a fenomeno sociologico straordinario, essa è evento di incontro, di relazione. Questo incontro rappresenta un momento interno di ogni viva fede in Dio: è lo sviluppo di ciò che accade nel fiducioso sì della fede. L’esperienza mistica quindi è accessibile ad ogni battezzato che mediante la dinamica sacramentale — battesimo, confermazione ed eucaristia — porta avanti la sua specifica vocazione alla perfezione e alla santità.

Mistico, quindi, è chi acconsente a vivere intensamente questa relazione con Dio, che lui accoglie, come dono nella fragilità della sua vita e a lui si consegna senza riserve. Egli sperimenta Dio come colui che tocca ed esplora il labirinto del suo mondo interiore, che illumina i recessi profondi dell’anima che guarisce le fratture della sua vita. In Dio, il mistico trova se stesso, ma non per chiudersi in se stesso. Il Dio che lo coinvolge, infatti, è il Dio che si mischia con la storia del suo popolo, è un Dio che, nel figlio Gesù, Dio-uomo, prende parte alla storia dell'umanità appassionandosi alla sorte dei piccoli, dei deboli.

Abitato dallo Spirito del Padre e del Figlio, il mistico viene come ridisegnato sulla misura e sulle qualità dello Spirito e viene educato ad uscire da sé per andare verso l'altro. La vita del mistico diventa così, frammento fragile in cui il respiro del Padre e del Figlio prende corpo storico. Il mistico diventa il testimone, il complice appassionato dello Spirito, fantasia del Padre e del Figlio, che irrompe nella storia. In questo senso egli è davvero il “guastafeste”, colui che getta il fuoco nelle situazioni umane e ne sperimenta la sofferenza.

È in questo orizzonte che, nel presente quaderno di Horeb, narriamo di S. Maria Maddalena de’ Pazzi, mistica carmelitana di Firenze, vissuta nella seconda metà del Cinquecento e morta nel 1607. In occasione del centenario della sua morte desideriamo conoscerla e familiarizzare con lei non per ripetere materialmente i suoi gesti, ma per coglierne le intuizioni profonde soprattutto in ordine ad una interiorità Trinitaria, coltivata attraverso l’ascolto della Parola e l’intensità della vita liturgica e comunitaria, che l’ha resa presenza profetica nella Chiesa e nella storia del suo tempo, pur vivendo in un monastero, e testimone eloquente anche per noi che a distanza di secoli ci misuriamo ancora con la difficile complessità della vita.

La prima sezione presenta i tratti essenziali della vita di Maria Maddalena (A. Antista) e — attraverso un’intervista a don Divo Barsotti (a cura di C. Vasciaveo) — rileva il valore teologico della sua esperienza mistica.

La seconda sezione, la più corposa, ripercorre il vissuto di Maria Maddalena come narrazione di Dio Trinità che la coinvolge nell’opera di rinnovamento della Chiesa. Viene innanzitutto tracciato il suo itinerario spirituale, contestualizzato nell’ambiente ecclesiale di Firenze e scandito dall’ascolto sapienziale e liturgico della Parola, dall’esperienza dello Spirito riplasmante la creatura ad immagine della Trinità, dall’ansioso desiderio del rinnovamento della Chiesa e dalla consapevolezza di dover “farsi piccola” affidandosi allo Spirito il quale opera sui tempi lunghi (C. Vasciaveo). Dopo l’itinerario spirituale, alcuni aspetti della sua esperienza e della sua mistica teologica: l’esperienza di Dio Trinità come comunione e rivelazione del volto dell’uomo e del senso della storia (A. Neglia); l’opera silenziosa ma comunicativa e profetica dello Spirito nel vissuto personale ed ecclesiale (L. Antonioli); l’esperienza della prova scaturita dal confronto con la storia e con un Chiesa sorda alla Parola, prova sofferta, ma evangelicamente vissuta fino alla maturità dell’amore (G. Battaglia); l’ansia profetica per il rinnovamento della Chiesa vista più da vicino nel tentativo maddaleniano di coinvolgere i soggetti ecclesiali più impegnati (A. Neglia), e il suo ministero di formatrice delle giovani (M. Alfarano).

La terza sezione si propone di attualizzare l’esperienza e il messaggio di Maria Maddalena: la proposta di un’icona “scritta” da sr. Benedetta, monaca carmelitana, la rilegge in chiave di evangelizzazione (C. Vasciaveo); l’analisi della ricchezza del suo linguaggio simbolico la rilegge nella prospettiva di una mistagogia estetica (E. Palumbo); il confronto con S. Giovanni della Croce la pone in sintonia con il mistico spagnolo riguardo al primato dell’ascolto della Parola di Dio e al protagonismo dello Spirito (C. Vasciaveo); infine, il suo desiderio di autenticità, sia a livello personale, comunitario ed ecclesiale, come pure la sua ansia profetica ed evangelizzatrice la rendono una figura attuale per il nostro tempo (C. Vasciaveo).

Per la rubrica “Guardando oltre”, curata da M. Assenza, si propone una riflessione sul dopo convegno ecclesiale di Verona.

Il quaderno si chiude con gli “Itinerari”. Per “Prospettive del Vaticano II”, una riflessione-testimonianza sull’utopia del Vaticano II (C. Militello). Per “Teatro e Spiritualità”, una riflessione sull’esperienza teatrale africana (L. Grandi). Per “Ricerche sul Carmelo”, un primo articolo di presentazione della figura di S. Alberto di Trapani, in occasione dei settecento anni dalla sua morte (G. Grosso).

 

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