HOREB 37   gennaio-aprile n. 1/2004  

Editoriale

Nell’attuale contesto culturale in cui si esalta la centralità del soggetto, si parla tanto di libertà e viene evidenziato che essa è l’asse attorno a cui far ruotare l’intera esistenza. In questo clima, però, spesso nello stesso soggetto convivono due sensazioni, in ordine alla libertà. Da una parte si ha l’impressione di poter fruire di una libertà illimitata e senza condizioni, per cui essa viene concepita come affermazione di una soggettività esasperata, come semplice adesione alla logica del desiderio e del piacere individuale; dall’altra si percepisce che si vive sotto la pressione di pesanti condizionamenti tali da vanificare la possibilità stessa che si parli di libertà. L’uomo in realtà, spesso, non sceglie ma è scelto, con la conseguenza di una totale eliminazione della libertà.

Ebbene, l’uomo che vive questa forma di pendolarismo tra la presunzione di una eccessiva capacità di decisione e il riconoscimento della mancanza di qualsiasi possibilità di decisione, spesso si lascia catturare da un atteggiamento dimissionario in ordine alla libertà, o perché ritiene di ritrovarsi di fronte a un peso enorme di cui farsi carico nel dover comunque decidere, o perché avverte che in effetti è fortemente condizionato e allora si abbandona a un rassegnato fatalismo. 

In questo orizzonte, è bene ricordare che la libertà non è un optional, ma una vocazione. «Chiamati a libertà» (Gal 5,13), a questa vocazione non ci si può sottrarre, ne va della riuscita, dell’armonia della nostra vita umana. Essa è vocazione che scaturisce da un dono, dalla consapevolezza di essere abitati dallo spirito del Figlio che ci coinvolge a diventare liberi. 

Ma proprio perché è un dono che viene dall’alto, da colui che è pura relazione e trasparenza, la libertà non è esperienza che isola e chiude l’uomo rendendolo responsabile solo verso se stesso e preoccupato dei suoi interessi, ma qualità della libertà sono la solidarietà e la reciprocità.

In sostanza, la libertà va sottratta alla deriva individualistica e va reinserita nel circuito relazionale. E quindi deve accettare di autolimitarsi dandosi degli obiettivi che la trascendono e deve diventare capace di misurarsi col mondo dell’altro. Questo vuol dire che in un mondo segnato da ingiustizie enormi e da inabissali iniquità crescenti, la vocazione alla libertà è impegno a voler cercare una liberazione con e per le persone e i popoli a cui la libertà è negata. 

È questo l’orizzonte che ispira la dinamica della monografia.

            In apertura, si propone una lettura dei vari modi d’interpretazione esistenziale della libertà che evidenzia le aporie del nostro tempo e le vie per difendere e/o riconquistare la libertà (G. Mazzillo); e inoltre, entrando nella complessità del problema, si traccia il dinamismo di crescita umana e di fede della persona che da liberata diventa liberatrice (C. Molari).

            Una riflessione di fede va alle “radici” ebraico-cristiane dell’esperienza della libertà. Secondo la narrazione del racconto fondante di Israele — l’evento pasquale dell’esodo —, il senso della vocazione e missione del popolo di Dio sta nell’aver acquisito, per l’agire gratuito di Dio, la consapevolezza di essere stato liberato per liberare (A. Rizzi). Dall’evento pasquale di Israele all’evento pasquale di Cristo Gesù: attraverso la lettura dell’icona della “Discesa agli inferi” si contempla il mistero della Pasqua cristiana come esperienza liberante del Crocifisso-Risorto che apre l’esistenza umana al perdono e al senso del dono per l’altro (E. Palumbo). Coinvolta nel mistero pasquale del Signore, la comunità cristiana è chiamata alla libertà in scelte responsabili di amore che manifestino l’essere “nuova creatura” in Cristo (A: Antista).

            Le radici ebraico-cristiane della libertà postulano l’esigenza di una continua riforma della Chiesa, che riguarda, in particolare, i processi di comunicazione e di partecipazione tra pastori e popolo di Dio (G. Ruggieri), la proposta di un itinerario serio e credibile dell’iniziazione cristiana degli adulti (C. Vasciaveo), la testimonianza evangelica più profetica e meno paludata da inerme mediocrità della vita consacrata (F. Scalia).

            Accogliere la libertà come dono di Dio e crescere in essa, chiede ai credenti un cammino di autentica ascesi, personale e comunitaria (A. Neglia). In questo un aiuto ci viene dalle figure esemplari di Giuseppe Dossetti (G. Battaglia) e dell’Apostolo Paolo (E. Palumbo), figure diverse tra loro, ma accomunate dalla stessa passione della libertà in Cristo vissuta “a caro prezzo”.

            A conclusione, una novità: a partire da questo numero l’indicazione di alcuni siti web attinenti al tema della monografia come aiuto per l’approfondimento (G. La Malfa). In questo primo intervento una riflessione introduttiva sull’uso di internet.

            Un’altra novità è la rubrica “Guardando oltre”, curata da N. Alongi: si propone una riflessione su figure o avvenimenti di attualità. In questo numero tratta di Giorgio La Pira.

            Il quaderno si chiude con gli “Itinerari”. Per “Arte e Spiritualità”, la lettura del quadro di Cristo sofferente, esposto nel Santuario di Gibilmanna, Diocesi di Cefalù (PA), del cappuccino fra Sebastiano Majo (M. A. Spinosa). Per “Musica e Spiritualità”, una riflessione sulla dimensione religiosa delle opere di Mozart (L. Grandi). Per “ricerche sul Carmelo”, uno studio sul cristocentrismo nella Regola del Carmelo (M. Alfarano).

 

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