Editoriale L’uomo di oggi vive a contatto immediato con tante persone. Le incrocia per strada, negli uffici, nei negozi, nei mezzi pubblici e con i mezzi di comunicazione che la tecnologia più sofisticata ci offre. Eppure, si ha l’impressione che egli difficilmente viva una relazione autentica, e che spesso si ritrovi a gestire una solitudine soffocante. È una solitudine, se vogliamo subita, o meglio imposta dall’aria culturale che si respira e che propone un’attenzione maggiore alla sfera del privato. Una cultura che, mitizzando la “sacralizzazione” della soggettività, tenta di modificare radicalmente l’autocoscienza che l’uomo ha di se stesso e del suo rapporto con gli altri e col mondo. Una cultura che propone un modello di uomo senza alcun punto di riferimento al di fuori del proprio io, un uomo a una sola dimensione, chiuso nella sua individualità e lontano dal vivere concretamente il senso della relazione. Questo non vuol dire che l’uomo contemporaneo non si ponga la domanda sul senso della vita e la ricerca della felicità, ma la relega nell'ambito della sfera individuale e nella soddisfazione dei bisogni personali, lasciando scivolare la sua responsabilità rispetto agli interessi collettivi. Ma questa cultura che soddisfa immediatamente una certa pretesa di individualismo e libera dal peso della responsabilità, in realtà non può dare appagamento, felicità, perché la felicità è relazionale, la gioia vera viene dalla condivisione e cerca condivisione. E in effetti, nella nostra società, aumenta la depressione, assieme al narcisismo sembra la sindrome oggi più diffusa. Questo perché la relazione è elemento costitutivo dell’essere umano, e solo la relazione offre la possibilità concreta di una crescita dell’io, nella conoscenza di sé e nell’apertura alle ricchezze dell’altro e alle sue molteplici provocazioni. L’antropologia cristiana è davvero illuminante al riguardo. Essa ci ricorda che l’uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio, ci ricorda che ogni uomo porta dentro di sé il respiro e i tratti di Dio. Ma il Dio in cui crediamo, il Dio che ci ha rivelato Gesù di Nazaret, è Trinità, è un Dio la cui essenza è la relazione e la comunione. La sua vita intima, eterna, ciò che lo costituisce Dio, è il suo essere in relazione. Questa verità è assolutamente coinvolgente e vitale per noi. Questo dato rivelato non solo ci consente di contemplare il mistero di Dio, ma in Lui anche il volto dell’uomo e il senso della sua vita e della storia. La vocazione dell’uomo è quella di essere parabola del dinamismo trinitario, ed è tale nel suo proporsi all’altro, storicamente e nella fragilità dei suoi limiti, e nell’accogliere l’altro grazie alla relazione unificante e liberante dell’amore. È questo l’orizzonte che ispira la dinamica della monografia. Essa si apre discernendo alcuni orizzonti culturali che rendono ragione dell’attualità del tema: l’orizzonte antropologico riscopre il senso del dono nel quotidiano (M. Assenza) e la relazione uomo-donna come cifra e paradigma di ogni altro tipo di relazione (R. Vegetti); l’orizzonte psicologico evidenzia i percorsi di maturazione nella libertà (N. Dell’Agli); l’orizzonte teologico-spirituale afferma, in prospettiva cristologica e trinitaria, la necessità di rifondare la persona come essere dono per l’altro (E. Palumbo). Nella pluralità degli orizzonti culturali va collocata ermeneuticamente quella multiforme progettualità di relazioni che ci viene: sia dall’esperienza biblica, in particolar modo dalla storia di Ruth (A. Neglia), dal rapporto di fraternità del presbitero Giovanni con le sue comunità (A. Gangemi), dall’esperienza del “sabato” come tempo donato (G. Battaglia); sia dalla spiritualità cristiana, in particolare dall’esperienza comunicativa e relazionale della mistica carmelitana Maria Maddalena di Firenze (C. Vasciaveo); sia dalla liturgia che ha nell’Eucaristia l’origine e il compimento di una vita progettata nel segno del dono (A. Antista). L’apertura ai nostri orizzonti culturali e la progettualità della fede ebraico-cristiana vanno contestualizzati e verificati nel vissuto storico dei nostri percorsi di vita ecclesiale (C. Militello), di dialogo ecumenico (G. Cereti) e interreligioso (B. Salvarani), nella famiglia (G. P. Di Nicola-A. Danese) e — tema di grande attualità — nell’economia (G. Signorino). Il quaderno si chiude con la rubrica “itinerari”. Per “Architettura e Spiritualità”, una rubrica nuova, con un primo articolo che legge in chiave mistagogica il prospetto della Cattedrale di Cefalù (S. Grisanti). Per “Musica e Spiritualità” si evidenzia l’importanza del musicale come apertura al senso del dono (L. Grandi). Per “Ricerche sul Carmelo”, una riflessione sul significato di “Famiglia Carmelitana” (M. Alfarano). |