Il dovere di esserci di Santino Stracuzzi Tornare
sull'episodio dell'incendio alla sede di Milazzo vuole essere soltanto lo
spunto per una riflessione
più ampia sul significato e sui dovere della manifestazione della
solidarietà da parte della società civile contro qualunque tentativo di
intimidire le coscienze e le intelligenze dei cittadini onesti e
rispettosi della dialettica democratica a tutti i livelli e in tutti i
settori. Questo
giornale ha
dato ampio resoconto degli attestati di solidarietà pervenuti a
Legambiente della nostra città da parte di politici di livello regionale
e nazionale, di associazioni culturali. sociali e ambientaliste, dal
capo dell'Amministrazione comunale Nastasi, dall'Arcivescovo Mons.
Marra. E' stato il modo migliore, pur non avendo mancato di farlo in
forma diretta in un pezzo della "Settimana", per esprimere la
dovuta solidarietà per un atto che tutti ritengono doloso, intimidatorio,
e nello stesso tempo incomprensibile e dunque
"mafioso". Che una sorta di offensiva di questo tipo si stia
mettendo in atto in questa città da un po' di tempo a questa parte,
traspare in tante vicende più o meno conosciute dal grande pubblico e
forse non sempre adeguatamente prese in considerazione nemmeno da quelli
che ne sono a conoscenza. Secondo noi, l'antidoto più efficace alla
strategia dell'intimidazione è sicuramente quello del sostegno attivo,
della solidarietà partecipata, pubblicamente espressa. Giovanni Falcone
diceva "Si muore generalmente perché si è soli, o perché si è
entrati in un giro troppo grande. Si muore spesso perché non si dispone
delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno". Non
riteniamo che sia il caso di Legambiente di Milazzo quello di essere
entrata in un "giro troppo grande", anzi siamo convinti che non
ci sia nessun "giro" sotto, tutte le sue battaglie avendole
combattute a viso aperto e alla luce del sole Legambiente e il suo
responsabile cittadino Ruggeri, ma sicuramente è dovere della parte sana
della società far sì che chi è colpito da queste strategie non si senta
solo, che non si senta "privo di sostegno". Certo
la
sera di domenica 22 luglio non c'era una moltitudine di persone in Piano
Baele, di fronte alla sede annerita della Legambiente, ma c'era una
sostanziosa rappresentanza della società civile, oltre che delle
"istituzioni". E non ci sentiamo di condividere l'amarezza del
Sindaco per la non eccezionale partecipazione della cittadinanza, perché
il segnale è partito, e Milazzo saprà rispondere alla grande al dovere
della solidarietà, magari la sera del 2 agosto, quando - come ha promesso
il Sindaco - verrà inaugurata la sede ripristinata dell'associazione.
Era già successo con le manifestazioni per la Pace. Noi stessi eravamo
rimasti molto delusi dalle prime tiepide "esternazioni" dei
milazzesi, ma ci siamo di buon grado ricreduti quando poi, di lì a
qualche settimana, migliaia di persone si sono riversate per le vie
cittadine a manifestare la loro adesione alla contrarietà alla guerra in
Iraq. Siamo pronti a scommettere che anche questa volta Milazzo
saprà “riparare" a questa prIma non entusiasmante partecipazione. Piuttosto,
quello che ci ha lasciati esterrefatti, è stato il pensiero di un
nostro concittadino, incontrato per strada poco prima del raduno in Piano
Baele, secondo il quale queste manifestazioni non servono a niente perché
“bisogna andare a scoprire le motivazioni del gesto". Una logica
aberrante, specialmente nel sostenere, a dimostrazione della bontà del
la sua tesi, che tutte le dimostrazioni contro la mafia che si sono svolte
in qualsiasi luogo in questi ultimi anni, sono state esse stesse inutili
"perché tanto la mafia continua a esistere"! Secondo costui
persino il sacrificio di Giovanni Falcone e di Paolo Borsellino, del quale
ultimo in questi giorni è caduto l'anniversario dell'eccidio, sarebbe
stato inutile, sempre nella logica del “tanto la mafia non è stata
debellata". La
nostra tesi
invece è diametralmente opposta. La malavita organizzata cresce e
prospera nel silenzio e nell'indifferenza della società civile, che ha il
sacrosanto dovere di "non lasciar soli" e di dare il proprio
"sostegno" a chi entra nel mirino mafioso. Piuttosto è una
tensione, quella della presenza vigile della società, che non dovrebbe
mai allentarsi o, ancor peggio, cadere nella indifferenza omertosa. E'
sicuramente un percorso lungo, non facile, Inculcare nelle menti delle
nuove generazioni l'educazione alla legalità, e troppo spesso
l'atteggiamento degli adulti non è proprio il più confacente allo scopo,
non essendo rispondente, consequenziale alle parole ("la gente dà
buoni consigli quando non può più dare cattivi esempi", ricordate i
versi della canzone "Bocca di rosa", di De André?). Il fatto è
che bisognerebbe sempre tener presente che gli "atteggiamenti
mafiosi" non sono solo quelli delle "famiglie" o delle
"cosche", cioè gli atti eclatanti, i grandi crimini, ma - e lo
sappiamo bene tutti quanti -, anche le piccole prevaricazioni, i soprusi
quotidiani, le furberie tanto frequenti, il sottrarsi al rispetto delle
leggi e delle regole della vita associata, costituiscono un terreno
fertile per il vero malioso di domani. E hai voglia a dire a un ragazzo, a
un bambino che la mafia è una brutta cosa se poi gli dimostri che nel
quotidiano il tuo è un comportamento da "mafioso". Ci rendiamo conto che, nella foga del sostenere la nostra tesi, forse siamo impudicamente caduti nel moralismo. Ma nello stesso tempo sarebbe ipocrita se sostenessimo che le nostre considerazioni, pur moralistiche, non costituiscono il fondamento di una società nuova, rispettosa delle idee altrui, aperta al dialogo e al confronto democratico, ma fermamente contraria ad ogni forma di illegalità "In certi momenti, di malinconia, questi mafiosi mi sembrano gli unici esseri razionali in un mondo popolato da folli". Ecco, tutto sta forse qui, nel non cadere in questi "momenti di malinconia". Non è cosa facile, se capitavano anche al Giudice Falcone. Ma questa deve essere la scommessa degli onesti: non caderci. Editoriale integrale pubblicato su "La Città di Milazzo - 25 luglio 2003 |