Diario
vaticano
La guerra? Al giorno d'oggi è diventata inutile
come la pena di morte
di Marco Tosatti
L’11 aprile di quarant’anni fa il «Papa Buono» pubblicava la «Pacem
in terris»; un’enciclica contro il terrore nucleare, l’inizio del
dialogo fra i blocchi. Il Papa slavo la ricorderà a giorni con un
documento, un messaggio, destinato a influire sulla dottrina cattolica
della guerra; un altro passo verso una modifica radicale dei rapporti fra
gli stati. Alla base del Wojtyla-pensiero, un’equazione: guerra come
pena di morte. Un’analogia teologica che ancora non si è condensata in
una forma solida, ma che lo sarà presto. Può sembrare strano, ma la
Chiesa cattolica, nata dall'insegnamento di Qualcuno che si è fatto
uccidere, ma non ha permesso ai suoi di difenderlo con le armi, non ha mai
condannato la pena di morte. Nel suo insegnamento tradizionale, la Chiesa
non esclude «in casi di estrema gravità» la condanna capitale. Però,
aggiunge, «oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per
reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha
commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i
casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto
rari, se non addirittura praticamente inesistenti”».
E’ ciò che Giovanni Paolo II pensa della guerra. Qui scatta
l’analogia. Come lo Stato ha il dovere di difendere l’incolumità dei
suoi cittadini, e in teoria può farlo anche con la pena di morte, ma in
pratica dispone di altri mezzi per porre il criminale in condizione di non
nuocere; così la Comunità delle Nazioni ha, o può creare, strumenti
sufficienti a impedire agli Stati delinquenti di minacciare la pace; senza
ricorrere alle bombe. E’ quest’equazione che sta cercando di trovare
la sua cristallizzazione in un documento alla base della campagna vaticana
contro la guerra di Bush. Non solo una guerra in più, fra le tante, agli
occhi del Papa. E’ la teoria wojtyliana del governo del pianeta che
rischia di andare in frantumi sotto le bombe «intelligenti» di Rumsfeld.
testo
integrale tratto da "La Stampa" - 2 APRILE 2003