"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"

 

Deputati per legge

di Raniero La Valle

La cosiddetta legge elettorale proposta dalla destra al potere non è solo un attentato al centro-sinistra per fare della sua eventuale vittoria una vittoria mutilata, sottraendogli decine di seggi; e nemmeno il suo carattere iniquo consiste nel fatto che si sia voluto imporre il cambiamento delle regole del gioco all'ultimo minuto, quando ormai tutte le strategie per la durissima battaglia elettorale imminente erano state studiate e preparate in funzione delle vecchie regole. Queste due cose sono gravi, ma non tanto gravi da configurare un attacco alla Costituzione e alla Repubblica.

Se si trattasse solo di questo, cioè di un ritorno, sia pure fuori tempo massimo, dal maggioritario al proporzionale, per salvare il salvabile della destra in rotta, sarebbe un gioco duro, ma non fuori della democrazia, e anche i proporzionalisti della sinistra, pur di uscire dallo sconcio del sistema maggioritario, avrebbero potuto essere tentati di sostenerlo. Invece, come hanno fatto sapere dopo una loro assemblea a Roma, hanno respinto il progetto della destra “con sdegno”. Perché con sdegno? Perché la legge, così come è stata proposta e, al momento in cui scriviamo, già approvata dalla I Commissione della Camera, è in realtà lo strumento mediante il quale si può instaurare un regime (nel senso di fascista).

Purtroppo né la stampa né le televisioni hanno rivelato i contenuti veri della legge, né essi sono stati denunciati dal centro-sinistra che, limitandosi alle due suddette critiche, sia pure furibonde, fa la figura di difendere solo i suoi interessi a breve. Così ancora una volta l'opinione pubblica è all'oscuro della vera posta in gioco. La proposta elettorale della destra sovverte con legge ordinaria la Costituzione della Repubblica prima della riforma costituzionale in corso d'opera, e in modo ancora più radicale.

Essa stabilisce prima di tutto che la maggioranza di governo sia fissata per legge in almeno 340 deputati alla Camera e 170 seggi al Senato (ben più della maggioranza assoluta) e che tale numero di parlamentari sia assegnato d'ufficio al singolo partito o alla coalizione di partiti che, con qualsiasi percentuale, abbia anche solo un voto in più di ogni altro partito o coalizione. Se questa norma fosse stata in vigore nei decenni della cosiddetta Prima Repubblica, la Democrazia Cristiana avrebbe avuto sempre 340 deputati e 170 senatori, non ci sarebbe stato bisogno della legge truffa, non ci sarebbero stati né il centrismo, né il centro-sinistra, né la solidarietà nazionale, non ci sarebbe mai stato un governo Craxi e non ci sarebbe stato bisogno di sequestrare ed uccidere Moro; semmai si sarebbe dovuto uccidere Berlinguer se per caso il partito comunista avesse fatto il sorpasso e preso anche un pugno di voti in più della DC. In nessuna democrazia del mondo, per quanto maggioritaria, c'è una simile norma; e in Germania oggi non si discuterebbe di grande coalizione.

In secondo luogo la legge stabilisce che ogni partito, sia che si presenti da solo sia che sia collegato ad altri in una coalizione, deve dichiarare il nome e il cognome del candidato alla presidenza del Consiglio. Perciò si stabilisce un obbligo verso di lui sia del Presidente della Repubblica, che perderebbe così il suo potere di nomina secondo l'art. 92 della Costituzione, sia dei 340 deputati e 170 senatori, che avrebbero in tal modo un vincolo di mandato, contro l'art. 67 della stessa Costituzione; e Follini che dice a Berlusconi: “Io no”, sarebbe un fuori-legge.

In terzo luogo si stabilisce che ogni partito deve depositare il programma elettorale, e tutti i partiti che si collegano in una coalizione devono presentare lo stesso programma: il che vuol dire che ogni differenza tra i partiti collegati deve scomparire. Fini deve volere le stesse cose di Bossi, e Bertinotti le stesse di Mastella, e per prendere Pannella bisogna farsi tutti radicali ex-lege; e così la proporzionale che dovrebbe servire a salvare le identità; si rovescerebbe nella più grande omologazione e mistificazione; e a giustificarla resterebbe solo la lotta di potere.

In quarto luogo si stabilisce che, senza preferenze, gli eletti sarebbero designati in liste bloccate secondo l'ordine deciso dai capi-partito, per cui tutti i candidati si trasformerebbero in clienti, e i parlamentari in vassalli, e il Parlamento in una aggregazione di feudi con al vertice un principe, e a scendere un gruppo di baroni ciascuno con i suoi valvassori e valvassini.

Nemmeno la legge Acerbo , né quella che permise ad Hitler di prendere il potere, erano così. Ma questa sarebbe la legge costitutiva di quella che fu una Repubblica, se essa superasse, così com'è, la prova parlamentare. Per fortuna non sarà così: perché Ciampi non è Facta, l'ultimo presidente del Consiglio dell'Italia prefascista, e perciò non potrà non rinviare la legge alle Camere, con messaggio motivato, per la violazione di un numero impressionante di articoli della vigente Costituzione.

Testo integrale tratto da “Rocca" n. 20/2005