Crocifissi di legno e di carne

di Enrico Peyretti

Questa storia dei crocifissi – oggetti di legno – è una storia stupida. Dico proprio stupida, nel senso preciso illustrato da Bonhoeffer nel 1943 in Dieci anni dopo: la stupidità «non è un difetto intellettuale ma un difetto umano». Una storia stupida sia in chi odia quel simbolo sia in chi lo difende con argomenti non validi.

Non sono intolleranti di quel simbolo i musulmani rappresentativi del comune sentire dell’Islam, che si sono espressi con pubbliche dichiarazioni (disponibili per post@) di grande rispetto per il crocifisso, ma un singolo musulmano integralista.

A quanto ho potuto cogliere, i media si sono affrettati a fare da amplificatori di questo e da silenziatori di quelli.

Hanno difeso il crocifisso autorità sia civili che religiose associate nel definirlo un simbolo di italianità, da esporre per questo motivo nelle aule scolastiche.

Chi ha il dono immeritato della fede in Cristo, alla cui passione e morte quell’oggetto si riferisce, non può ammettere che esso sia usato come bandiera nazionale di un singolo paese. I cristiani per primi dovrebbero volere che sia abolito l’obbligo di esporre il crocifisso nelle aule: non perché offende, ma perché viene offeso da chi lo difende.

Ma neppure dovrebbe essere proibito. Come non dovrebbe essere proibito alcun altro simbolo religioso, insieme ai molti simboli di ogni genere, etnici, artistici, sportivi, politici, che i ragazzi appendono nelle aule, con buon diritto.

«Tutte le confessioni religiose sono ugualmente libere davanti alla legge», art. 8 della Costituzione, quindi anche a scuola. Dovrebbero soltanto essere vietate, dove la legge deve supplire alla mancanza di buon senso e di rispetto degli altri, forme competitive o predominanti per esibizione, dimensioni, o simili caratteri aggressivi.

Nel Centro Interculturale della Città di Torino, c’è un’aula in cui sono raccolti i simboli delle religioni più presenti in città, e le scolaresche vanno a studiarli.

Ogni persona sensibile rispetta, senza imporli a nessuno, i veri crocifissi, come Gesù di Nazareth: sono le vittime delle ingiustizie mondiali, delle guerre, delle malattie, delle sventure. Questi sono i Crocifissi da tenere sempre davanti agli occhi. Se una scuola li esclude dalla visione del mondo proposta ai ragazzi, si pone dalla parte dei crocifissori, fosse anche la scuola più “cattolica” e più decorata di segni religiosi.

Visitate un ospedale e osservate i malati, leggete sulle riviste di solidarietà coi popoli derubati i numeri della violenza economica, informatevi sulle guerre da chi non spaccia le falsità necessarie alle guerre: questo è venerare il Crocifisso nella carne di tutti i crocifissi di oggi. Quelli di legno potete anche buttarli: non è peccato. Ma mettete al loro posto il volto di una vittima, ricevetene lo sguardo che obbliga a stare coi carcerati e non coi carcerieri, coi torturati e non con gli aguzzini, con gli uccisi e non con gli assassini. O il vecchio crocifisso aiuta a fare questa scelta nel mondo di oggi, oppure, se non fa questo, non vale più, è diventato inutile, abusato in senso contrario, e serve solo a far litigare le religioni e a far chiacchierare i fracassoni superficiali, occupatissimi a distrarre il popolo dalle cose importanti, pericolose da far sapere.

Enrico Peyretti (30 ottobre 2003)

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