IL FATTO Nella catechesi del mercoledì Giovanni Paolo II sottolinea l'attualità delle indicazioni contenute nel Salmo 14 E invita a combattere due fenomeni che feriscono la società e mettono a rischio la convivenza civile Il filosofo Reale ammonisce: senza un fondamento etico e spirituale tutta la vita pubblica finisce per essere una beffa Corruzione e usura due piaghe da curare Da Roma Mimmo Muolo È stato scritto forse tremila anni fa il Salmo 14, commentato ieri dal Papa nella catechesi del mercoledì. Ma contiene indicazioni valide anche per gli uomini e le donne del terzo millennio cristiano. Giovanni Paolo II, infatti, ne ha enucleate undici, che costituiscono una sorta di «esame di coscienza» per i cristiani e di "decalogo-bis" per tutti gli altri. Su due di queste indicazioni, poi, ha posto in particolare l'accento, sottolineando la loro pressante attualità. «Evitare ogni corruzione nella vita pubblica», impegno da perseguire «con rigore anche nel nostro tempo». E «non praticare l'usura, infame realtà capace di strangolare la vita di molti». Sono le uniche due regole di condotta, tra le undici, per le quali il Pontefice abbia fatto un riferimento esplicito alla società dei nostri giorni. Ma non si può dire che non siano attuali anche gli inviti a «eliminare la calunnia dal linguaggio, evitare ogni azione che possa nuocere al fratello, frenare gli insulti contro chi vive accanto a noi ogni giorno» e, infine, «a essere fedeli alla parola data, al giuramento, anche nel caso in cui ne seguono per noi conseguenze dannose». Ovviamente le parole del Papa vanno inquadrate nel giusto contesto. Il discorso si colloca, infatti, nel ciclo di approfondimento sui Salmi che Giovanni Paolo II sta portando avanti da alcuni mesi durante il consueto appuntamento dell'udienza generale. E quindi, non deve essere inteso come un riferimento a questa o a quella vicenda particolare (anche perché le catechesi del mercoledì sono preparate con largo anticipo). Tuttavia è indubbio che queste frasi - tra l'altro lette personalmente dal Pontefice, che ieri ha invece saltato altri passaggi del testo scritto - acquistano un valore aggiunto, anche in relazione al particolare periodo che il Paese sta vivendo. All'indomani della triste stagione di "Tangentopoli", la lotta alla corruzione politica appare, infatti, come una priorità assoluta della vita pubblica. E la piaga dell'usura è ben lungi dall'essere debellata. Allo stesso modo fanno riflettere gli altri «impegni» indicati dal Papa. I primi tre vengono definiti «di ordine generale: seguire la vita dell'integrità morale, della pratica della giustizia e, infine, della sincerità perfetta nel parlare». Vi sono poi «tre doveri di relazione con il prossimo». «Eliminare la calunnia dal linguaggio, evitare ogni azione che possa nuocere al fratello, frenare gli insulti contro chi vive accanto a noi ogni giorno» (come non pensare, in questi casi, all'aumento della conflittualità politica più volte denunciata dai vescovi italiani negli ultimi anni e ieri richiamata anche dal presidente della Repubblica?). Infine Papa Wojtyla richiama il precetto di «essere fedeli alla parola data anche nel caso in cui ne seguono per noi conseguenze dannose». Un impegno, quest'ultimo, che può e deve essere applicato sia nella vita politica, sia nelle relazioni economiche. E i recenti, dolorosi scandali finanziari insegnano quanto sia attuale
testo integrale tratto da "Avvenire" - 5 febbraio 2004 |
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