IL 35 PER CENTO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE NON HA DIRITTI

I volti dell’ingiustizia globale

di Luigi Ciotti
 

Mai come in questi tempi il tema dei diritti umani sembra essere all'ordine del giorno. Le immagini delle torture di Abu Ghraib, la stessa guerra in corso da oltre un anno in Iraq, e prima l'Afghanistan, i Balcani, tuttora la Cecenia, i bombardamenti nei campi profughi palestinesi, le stragi dei kamikaze in Israele, l'11 settembre e l'11 marzo: tante, troppe sono le ferite quotidiane inferte alla coscienza civile, perché si possa continuare a fingere di non sapere o a rifiutare di guardare l'orrore di uomini, donne e bambini la cui vita e dignità sono costantemente negate e violate. E non solo dalle guerre e dal terrorismo. Ci sono volti di una vera e propria globalizzazione dell'ingiustizia meno direttamente sanguinosi, più nascosti e dunque meno avvertiti e contrastati. Si chiamano sfruttamento, discriminazioni, nuovi schiavismi, impossibilità di accedere a farmaci e cure, povertà di cibo, di acqua, di istruzione; sono tanti altri i nomi che si possono dare alle violazioni di diritti, così come sono innumerevoli i luoghi e le situazioni in cui avvengono.

La Dichiarazione universale dei Diritti dell'uomo, adottata all'unanimità dalle Nazioni Unite, risale al 1948. Più di mezzo secolo è trascorso, eppure poco di quel solenne documento è stato sinora realizzato. Proprio l'Onu periodicamente fornisce le cifre, terribili quanto illuminanti, di questa intollerabile distanza tra affermazione formale di diritti e loro effettiva esigibilità, concretezza e garanzia: circa un terzo della popolazione mondiale vive sotto governi autoritari, il 35% degli abitanti del pianeta non gode dei diritti civili e politici fondamentali. La tortura viene praticata in ben 125 Paesi, in 36 avvengono arresti e uccisioni senza alcun processo. I 5/6 dell'umanità vivono in stato di bisogno. Di questi, 3 miliardi di persone sopravvivono in povertà (con meno di due dollari al giorno), 1,3 miliardi in povertà assoluta (con meno di 1 dollaro). Assieme alle povertà, è diffusa e cresce la diseguaglianza: il reddito dei 5/6 della popolazione mondiale ammonta a 1.200 dollari l'anno a fronte dei 26.000 del rimanente sesto, quello che vive nei Paesi sviluppati. Il 70% dei poveri nel mondo è donna. Un miliardo di persone non ha accesso all'acqua potabile. Nel 2003 l'Aida ha ucciso oltre 3 milioni di persone, quasi tutte nell'Africa subsahariana, dove ci sono più di 25 milioni di malati, ma solo l'1% ha accesso ai farmaci. Annualmente 17 milioni di persone, di cui 11 milioni sono bambini, rimangono vittime di malattie curabili o della malnutrizione. Un bambino su 6 è costretto a lavorare; quelli sfruttati sessualmente o costretti in schiavitù sono oltre 8 milioni.

Ancora più tremendo è il quadro delineato dai rapporti delle organizzazioni non governative e delle associazioni umanitarie. Ma, come per i nomi, anche con le cifre dell'orrore si potrebbe andare avanti a lungo nel descrivere e documentare l'infinita e dolorosa via crucis che ogni giorno viene percorsa da parte cospicua della popolazione mondiale. L'abisso dell'ingiustizia ci pare così profondo e distante da farci sentire impotenti, da spingerci alla rassegnazione e al silenzio, quand'invece occorre tenere fermo lo sguardo e alta la voce.

Per riuscirci bisogna innanzitutto conoscere e discutere. Un'occasione innovativa e importante per farlo sono le Giornate dei diritti umani di Mantova, appuntamento, destinato a diventare annuale: attraverso dibattiti, mostre fotografiche, film e spettacoli teatrali, è possibile capire che il tema dei diritti umani, della loro affermazione e difesa, riguarda anche ciascuno di noi. Informarsi e partecipare significa già operare per il cambiamento, affinché i diritti siano scolpiti a chiare e coerenti lettere non solo sulla carta, ma nelle politiche concrete, nelle scelte e strategie di tutti i paesi e i governi.

 testo integrale tratto da La Stampa - 27 maggio 2004