A dar retta alla televisione e a
un buon numero di giornali, la svolta più significativa sulla
questione irachena non l'avrebbero fatta gli Stati Uniti e la Gran
Bretagna, finalmente risoltisi a chiedere un coinvolgimento più
deciso delle Nazioni Unite, ma la Chiesa cattolica, passata da un
pacifismo generico a un sano realismo politico. Alcuni giorni fa, a
un Batti & Ribatti di Pierluigi Battista, persino l'on. Giorgio
La Malfa, lontanissimo dal pensiero cristiano e mai tenero con le
gerarchie cattoliche, ha dato per scontata la «conversione».
Nel frattempo, anche il presidente del Senato Marcello Pera viene
arruolato tra i fautori di una riscossa della cristianità,
infiacchita da troppe concessioni allo «spirito del tempo», e per
ciò stesso non più baluardo morale dell'Occidente. Che, beninteso,
può sì rivendicare e mettere allegramente in pratica il diritto di
vivere «come se Dio non ci fosse», ma non può perdere il supporto
della Chiesa nella sua lotta per la sopravvivenza contro il
terrorismo e il fondamentalismo islamico sempre più minacciosi.
Occidente e cristianesimo «simul stabunt aut simul cadent», dice
in buona sostanza il professor Marcello Pera, tra gli applausi di
una selezionatissima assemblea romana di cattolici e prelati; e
conclude il suo discorso suonando la carica ai credenti perché si
sveglino prima che sia troppo tardi. Antonio Socci ne fa, da par
suo, una versione televisiva, abbinandolo al cardinale Josef
Ratzinger, quasi che analisi e argomentazioni del filosofo-politico
e del guardiano della fede sullo stato della cristianità siano due
facce della stessa medaglia: sfumature diverse ma sostanziale
condivisione.
Non è da meno Avvenire: liscia Baget Bozzo per il nuovo libro,
ennesimo proclama del suo credo politico e del declino della Chiesa
post-conciliare, e si mostra risentito per l'iniziativa del giornale
Europa, che pubblica una «lettera aperta» indirizzata ai vescovi
da un gruppo di cattolici italiani - sacerdoti, religiosi e laici -
in cui si chiede ai pastori di uscire dal silenzio su questioni che
chiamano in causa valori e principi etici, come la guerra, la pace,
il degrado delle istituzioni, con «grave rischio della democrazia e
del patto solidaristico sancito dalla Costituzione». «Politichetta»,
liquida Avvenire. Ancora in campo cattolico, si concede che non ci
si può aspettare che il presidente Bush vada a Canossa,
riconoscendo l'errore di una guerra da lui pervicacemente voluta e
di una gestione del dopoguerra fallimentare (l'osservazione è del
New York Times).
Come sempre, assai più cauto e misurato l'Osservatore Romano, che
si presume rispecchi, meglio di qualsiasi altro organo di
informazione, il pensiero del Papa: sulla pace, sulle guerre, sui
dopoguerra, sulle radici dei conflitti e sui criteri per ricostruire
dalle macerie un futuro vivibile. Lo conferma tra l'altro il
discorso rivolto ai nuovi ambasciatori di vari paesi dell'Africa e
dell'Asia ricevuti da Giovanni Paolo II lo scorso 28 maggio: «Oggi
faccio appello alla coscienza degli uomini contemporanei... affinché
cessino per sempre le violenze insopportabili che gravano sui nostri
fratelli nell'umanità. Non potremo vivere nella pace e il nostro
cuore non potrà essere in pace fino a quando tutti gli uomini non
saranno trattati degnamente. È nostro dovere essere solidali con
tutti. La pace non potrà giungere se non ci mobilitiamo tutti,
affinché ogni uomo del pianeta sia rispettato. Solo la pace
consente di sperare nel futuro».
A questo punto è difficile capire da dove derivi questa sbandierata
certezza di una «svolta» della Chiesa cattolica, che è molto di
più degli umori di una parte di quella italiana; ma è ugualmente
preoccupante che la si prenda per buona, quasi tirando un respiro di
sollievo. Ascoltando le voci dal basso, si direbbe il contrario, e
comunque non si dovrebbero mai scambiare con troppa disinvoltura i
propri desideri con la realtà. A proposito di pace, il vociare
scomposto e le macabre esibizioni di pochi scalmanati non è il
grido del popolo credente; fa anzi il gioco di chi alla pace prepone
sistematicamente il calcolo politico e il proprio interesse. Così
come è ingiusto confondere le critiche che si muovono all'attuale
governo degli Stati Uniti con un pregiudiziale atteggiamento
antiamericano.
Fece scandalo, prima dello scoppio della guerra irachena, lo
slogan-referendum lanciato da Famiglia Cristiana tra i suoi milioni
di lettori: «Col Papa o con Bush?». Non vorrei che adesso che Bush
viene in Italia e incontra il Papa a qualcuno venisse in mente di
controbilanciare la mossa con l'irenico appello: «Col Papa e con
Bush!». A ciascuno il suo.
testo integrale
tratto da "La Stampa" - 1 GIUGNO 2004