APPELLO AI GOVERNANTI
«Noi
africani chiediamo perdono per le schiavitù»
Da Roma
- Fabrizio Mastrofini
«La
tratta dei neri è un dramma che pesa sui nostri popoli e continua a
pesare sul nostro avvenire e sul nostro passato». Parole forti,
quelle pronunciate domenica dall'arcivescovo di Dakar, Adriano Sarr. Tanto
più forti e sconvolgenti perché l'ammissione di
colpa e la richiesta di perdono sono emerse durante l'assemblea
plenaria dell'episcopato africano, in corso fino al 12 ottobre nella
capitale del Senegal.
Nella stessa occasione altri tre vescovi africani, a
nome di tutto l'episcopato del continente (Secam), hanno dato
lettura di un documento senza compromessi: «Abbiamo
delle colpe gravi e ci mettiamo in ginocchio per chiedere perdono
all'Africa e agli africani. Questi peccati esigono oggi, una volta
perdonati, che la Chiesa cattolica, di cui rispondiamo in Africa, metta
"dieci volte più ardore" nel correggere la cattiva mentalità
che è scaturita da questa storia e l'ha permessa».
I vescovi africani erano riuniti in un luogo simbolo per la tratta degli
schiavi: quell'isola di Gorée, in Senegal, che fu la «porta di non
ritorno», il punto di imbarco da dove milioni di neri partirono in catene
verso l'America. Un luogo di sofferenza visitato anche dal Papa il 22
febbraio 1992.
Ma i presuli non si sono accontentati di condannare il passato. Con
altrettanta forza hanno puntato il dito contro le nuove schiavitù, i
peccati sociali e culturali che ancora oggi gravano sul cuore del
continente. Toccanti le parole del presidente del Secam,
monsignor Monsengwo, a nome di tutta l'assemblea. Ha parlato di «olocausto
misconosciuto» e di «peccato
dell'uomo contro l'uomo», riferendosi alle decine di milioni
di neri portati in schiavitù verso le Americhe. Tuttavia - sottolineano i
vescovi africani - «il peccato contro l'uomo non
è solo del passato. È attuale. Lo continuiamo a perpetrare
sotto altre forme: nella vendita dei nostri
fratelli e sorelle, nella catena dell'odio e della volontà di vendetta,
sposando una mentalità di impotenza, nel complesso d'inferiorità
dell'uomo nero». I «dirigenti politici
africani» sono stati di conseguenza invitati a «condannare le nuove
forme di tratta e di schiavitù che sono la deportazione per prostituirsi,
il turismo sessuale, il commercio dei bambini, l'arruolamento forzato dei
bambini e degli adolescenti nelle guerre fratricide, lo sfruttamento delle
ricchezze del sottosuolo africano a vantaggio di pochi». Ecco
perché «da parte nostra - prosegue il messaggio - condanniamo e
invitiamo a condannare tutte le forme di esclusione su base etnica,
tribale e regionale che mira pericolosamente le nostre società».
All'appello dell'episcopato africano si sono uniti anche i vescovi
americani presenti a Dakar, con un comunicato dai toni altrettanto
incisivi. «Noi, i vostri fratelli vescovi dagli Usa, discendenti
dell'Africa e parte di un'umanità ferita, si uniscono a voi nel chiedere
perdono e riconciliazione», riconoscendo «il ruolo svolto dagli Usa nel
promuovere questa istituzione».
All'assemblea del Secam - che raduna 150 tra cardinali e vescovi - è poi
arrivato un appello di diverse organizzazioni non governative (Ong), che hanno
chiesto maggiore impegno per l'abolizione del debito estero.
Secondo i dati diffusi dalle stesse Ong, nel
mondo
2,8
miliardi di persone vivono con meno di due dollari al giorno
e solo in Africa, 340
milioni di persone vivono con 64 centesimi di dollaro al giorno
e
141 bambini africani ogni 1000 muoiono prima dei cinque anni,
mentre
5 milioni sono vittime di malattie respiratorie, malaria, diarrea, tetano.
Tra gli altri temi all'ordine del giorno, i vescovi del Secam hanno
discusso anche di Aids, mentre per la vita della Chiesa e il suo ruolo
nella società, monsignor Robert Sarah, segretario della Congregazione per
l'Evangelizzazione dei Popoli e arcivescovo emerito di Conakry, ha
sostenuto la necessità di fondare una Commissione per l'evangelizzazione
o per la missione. Ed ha auspicato che nel Continente possano svolgersi
regolarmente dei Congressi missionari, come acc ade in America da diversi
anni. In vista c'è anche una decisione sulla ristrutturazione del
Simposio, perché una delle esigenze - ribadita ancora da monsignor
Monsengwo - è di dare vita ad una struttura che possa parlare a tutti i
paesi e possa diventare un interlocutore della società civile.
Dal canto suo il cardinale Arinze, nigeriano, Prefetto della Congregazione
per il Culto Divino, ha evidenziato che finora non esiste un santo patrono
di tutto il Continente, come invece accade in Europa. Per l'Africa, terra
di martiri, potrebbero svolgere il compito di patroni i martiri
dell'Uganda, santa Bakhita, il beato Tansi e altri.
testo integrale tratto da
"Avvenire" - 7 ottobre 2003