L'AMORE PIÙ GRANDE

di Leonardo Zega

Pensando al barbaro assassinio di Annalena Tonelli, mi vengono in mente due espressioni del capitolo XV del Vangelo di Giovanni, che colpiscono per la loro densità profetica.
La prima, Cristo la riferisce a se stesso ed è presentata come una legge della storia umana, che contempla anche l’odio gratuito: «Mi hanno odiato senza ragione». La seconda sottolinea la sublime violenza dell’amore cristiano che comporta la resa totale agli altri: «Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Per Annalena i somali erano i suoi amici, per essi ha dato la vita.
Molti cercheranno nei conflitti sociali che insanguinano la Somalia le ragioni del suo martirio. Ma la radice lontana del sacrificio supremo sta nella scelta di Annalena, nel suo voler essere tutta per gli altri, ad ogni costo, senza sconti e compromessi, come Cristo.

In una nota autobiografica dice di sé: «Scelsi di essere per gli altri: i poveri, i sofferenti, gli abbandonati, i non amati che ero una bambina e così sono stata e confido di continuare ad essere fino alla fine della mia vita. Volevo seguire solo Gesù Cristo. Null’altro mi interessava così fortemente: lui e i poveri in lui. Per lui feci una scelta di povertà radicale, anche se povera come un vero povero, i poveri di cui è piena ogni mia giornata, io non potrò essere mai. Vivo a servizio senza un nome, senza la sicurezza di un ordine religioso, senza appartenere a nessuna organizzazione, senza uno stipendio, senza versamento di contributi volontari per quando sarò vecchia».

Basterebbero queste poche parole per dire la profondità misteriosa da cui è sprigionato il suo sacrificio. Annalena non era una sconosciuta, ma certo non godeva della popolarità di Madre Teresa di Calcutta o di altri grandi missionari. Non era neppure una suora, ma una laica. E questo rende il dono della sua vita più prezioso ai nostri occhi. Amore senza etichette, fattivo e silenzioso, che però sapeva gridare il suo sdegno di fronte all’ingiustizia e alla conculcazione della vita umana. L’ultima aggressione l’aveva subita nell’ottobre dello scorso anno proprio a Borama ove c’è il suo ospedale. «Il mio sogno ora - diceva - è che presto il mio ospedale venga chiuso, che a Borama non ci siano più malati di tubercolosi, che la struttura diventi una scuola o magari un albergo, come è accaduto in Europa». Questo sogno laico di una vera cristiana è stato interrotto dalle fucilate di due ragazzi forse da lei stessa beneficati senza nessuna ragione.
Può esserci un amore più grande?

 testo integrale tratto da "La Stampa" - 7 ottobre 2003