FONTE: MISNA
ITALY 23/6/2004 2:07 |
A
PROPOSITO DI CALCIO, GUERRE DIMENTICATE E CRONISTI DEI NOSTRI TEMPI
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Sport, Standard |
di Padre Giulio
Albanese
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Premetto
che sono un tifoso ‘vecchia maniera’, ma ho la sensazione che
l'informazione sportiva sia finita in "off-side". Accendi
la televisione e sei costretto a subire un martellamento incessante
da parte di una legione di cronisti votati all’estremo sacrificio
pur di raccontare l’ultimo aneddoto degli europei di calcio. A
parte le telecronache delle partite, trasmesse addirittura in
replica nel palinsesto della notte, imbarazzanti talk-show vengono
messi in onda, per dare libertà di parola ad ex calciatori,
opinionisti sportivi e altri menestrelli del circolo mediatico. Non
ho idea di quanto possa costare alle singole testate questo inaudito
dispiegamento di cronisti; credo una barca di soldi considerando che
all'evento sportivo dell’anno sono accreditati un qualcosa come
7.500 operatori dell'informazione provenienti da mezzo mondo. Per la
finale del 4 luglio, allo stadio la Luz di Lisbona, ben 1.100 posti,
su una capienza di 65mila, verranno riservati ai giornalisti. Quando
ero ragazzo, ricordo che Nicolò Carosio era in tribuna, solo col
suo microfono, unico referente per tanta gente che non poteva
permettersi il lusso d’andare allo stadio. Oggi invece sono quasi
sempre due o tre le voci che accompagnano i match calcistici, poco
importa che si tratti di serie A, B, europei o mondiali. Ma per
parlare di chi? Di personaggi pagati profumatamente? Bisogna
prendere atto che in Europa il calcio è un business a tutti gli
effetti per l’enorme popolarità che questo sport si è saputo
conquistare. Sta di fatto che lo spirito goliardico e il
dilettantismo sembrano essere anni luce distanti dalla dispendiosa
fiera del calciomercato. Ma al di là di tutto, ciò trovo
sconvolgente è il dispiegamento di giornalisti in terra lusitana
non foss’altro perché nel villaggio globale gli avvenimenti che
fanno la storia continuano a susseguirsi da mattina a sera, sia nel
Nord che nel Sud del Mondo. È dunque immorale pensare che
l’informazione si riduca a un notiziario infarcito di pettegolezzi
su Del Piero o Totti, quando nell’ex Zaire si continua a
combattere e nel Nord Uganda sangue innocente viene versato come se
niente fosse. È vero che un tifoso inglese è stato ucciso per
rapina a Lisbona, ma cosa dire dei morti causati dalla guerra civile
colombiana di cui mai nessuno parla? Qualcuno dirà che questi
pensieri sparsi sono pura utopia e che l’informazione deve
rispettare le subdole regole dell’audience. Io non ci credo e dico
di più: non dobbiamo rassegnarci supinamente, accettando
l’ineluttabilità dei piani editoriali. Anche perché
nell’areopago dell’informazione vi sono libere coscienze che
hanno la temerarietà di fare scelte controcorrente. Penso agli
amici del notiziario radiofonico delle 08:00 di Radiouno, con 7
milioni e mezzo di ascoltatori, che da lunedì scorso hanno avviato
una rubrica dal titolo più che emblematico: ‘Per non dimenticare
l’Africa’. Una scelta che dimostra ampiamente una scottante
verità: la reale possibilità di concepire un giornalismo davvero
dalla parte dell’uomo. A questa redazione tutto il nostro
incoraggiamento. (di padre Giulio Albanese)
[GA]
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