«Bisogna
rispettare la volontà dei malati. E a situazioni come quelle di
Welby la Chiesa dovrà dare più attenta considerazione anche
pastorale». Per il cardinale Martini la Chiesa ha sbagliato.
Doveva ascoltare Welby, e non negargli il funerale. Alla vigilia
degli ottant´anni, malato di Parkinson, l´ex cardinale di Milano
in un coraggiosissimo articolo pubblicato ieri dal Sole 24 ore,
domanda nuove leggi chiare per consentire al malato di scegliere
come morire e al medico di limitare la terapia. E cita il
catechismo che sul tema è chiaro: non vuole accanimento
terapeutico. Dice Martini: «Situazioni come quelle di Piergiorgio
Welby saranno sempre più frequenti... La crescente capacità
terapeutica della medicina che consente di protrarre la vita...
richiede un supplemento di saggezza per non prolungare i
trattamenti quando ormai non giovano più alla persona».
E ancora: «Bisogna distinguere tra eutanasia e accanimento
considerando la prima un gesto per abbreviare la vita e il secondo
la rinuncia all´utilizzo di procedure mediche sproporzionate».
Dice Martini che c´è «l´esigenza di elaborare una normativa»,
«che non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto
a lui compete, anche dal punto di vista giuridico,salvo eccezioni
ben definite, di valutare se le cure che gli vengono proposte, in
tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente
proporzionate», che «bisogna anche proteggere il medico da
eventuali accuse senza che questo implichi la legalizzazione dell´eutanasia».
Per molti sono parole che sbrogliano una matassa. Così Bersani:
«Vorrei che l'Italia si fermasse un attimo e leggesse le sue
parole». Le ha lette Ignazio Marino, presidente della commissione
sanità in Senato (intervista a fianco). Ma non tutti sono pronti
a leggere quelle parole. Come la senatrice Binetti ad esempio, che
dell´intervento di Martini, ha preferito dare spazio ad alcune
parole oscurandone altre. Così per lei diventa «chiara la
condanna dell´eutanasia e non c´è nessun riferimento al
testamento biologico, mentre chiede di garantire a tutti la buona
sanità». O Castagnetti che parla di «un intervento che apre una
riflessione, non all´eutanasia».
L´intervento di Martini arriva a un mese dalla morte di Welby, ma
anche a pochi giorni da altri due casi che in Europa hanno fatto
scandalo. Parliamo della richiesta di eutanasia fatta dalla ex
moglie del regista Ingmar Bergman (eutanasia negata in un Paese,
la Svezia, dove in alcuni casi è consentita dalla legge) e di
quella invece accettata e portata a termine da Madeleine, la musa
di Jaques Brel, che in Spagna ha ottenuto di morire prima che la
sclerosi la immobilizzasse in un letto. Sono due casi che
ricordiamo perché proprio ieri, in contemporanea, mentre sul Sole
24 ore il cardinale Martini apriva alla volontà del malato di
scegliere o rifiutare la cura, il quotidiano dei vescovi, l´Avvenire,
metteva sotto accusa gli episodi tacciandoli di
spettacolarizzazione. «Come inscenare un finto plebiscito» era
il titolo dell'editoriale. «Da Welby a Madeleine la
modernizzazione soffia simmetrica e come coordinata.
Mediaticamente trascinati, attraverso i buoni sentimenti e la pietà
e anche gli equivoci, verso quella dittatura della maggioranza che
Toqueville definiva la tendenza a non pensare più».