CRIMINALITA'
A NAPOLI - Veglia di preghiera
in cattedrale del 7 novembre 2006
Omelia
del cardinale Crescenzio Sepe
-
arcivescovo di Napoli -
Vi
lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io ve la do.Non
sia turbato il cuore e non si abbatti” (Gv. 14,27).
Cari fratelli e sorelle,
siamo riuniti questa sera nella nostra Chiesa Cattedrale per pregare il
Dio della pace, perché conceda a questa nostra amata e martoriata Diocesi
la vera pace, la Sua pace, che non è quella del mondo, fatta di violenza,
soprusi e criminalità.
Per tutti noi, sono giorni di grande sofferenza e di forti tensioni. Come
già in passato, noi Napoletani, credenti in Cristo, ci riuniamo per
pregare, certi che il Signore, soprattutto in questo momento difficile e
drammatico, non ci ha voltato le spalle, ma sta in mezzo a noi e ascolta
il nostro grido di angoscia e di dolore, pronto a chinarsi sulle nostre
ferite per guarirci e infonderci speranza.
La recrudescenza della violenza, che infanga le nostre strade e
abbruttisce il volto bello delle nostre città, non può e non deve
lasciarci indifferenti, ma indurci a gridare il nostro NO contro tutto
ciò che offende Dio e opprime la dignità dell’uomo.
Di fronte al male e al peccato, noi credenti in Gesù Cristo, abbiamo
l’arma della preghiera che riesce a sconfiggere qualsiasi tracotanza o
mentalità perversa, fondati sulla certezza che il Signore della storia e
degli uomini ha vinto il mondo morendo e risuscitando per offrire a tutti
il suo perdono e la sua salvezza.
Col Battesimo, siamo diventati nuove creature e siamo stati rivestiti da
Cristo con l’elmo della fede, la corazza della speranza e la spada della
carità.
Con queste armi, vogliamo combattere la buona battaglia contro chi vuole
soffocare le leggi dell’amore e della pacifica convivenza, contro chi
scandalizza i nostri bambini, i nostri giovani, le nostre famiglie,
causando violenza e morte. Il nostro Maestro ce l’ha raccomandato
esplicitamente, senza ipocrisia e senza mezzi termini quando ci ha
invitati a diffondere il Suo regno di giustizia e di pace: “Sono
venuto a portare il fuoco sulla terra, e come vorrei che fosse già acceso”
(Lc 12,49).
Certamente quello che sta accadendo nelle nostre città, questa esplosione
di violenza e di morte, organizzata o meno che sia, ci interpella tutti:
istituzioni civili, Chiesa e tutti i cittadini di buona volontà.
Ben vengano, perciò, progetti a breve e lungo termine che siano capaci di
estirpare efficacemente e radicalmente i mali profondi che deturpano la
bellezza materiale, morale e religiosa del nostro popolo.
Ma ognuno di noi, soprattutto se cristiano, deve assumersi le proprie
responsabilità senza delegare ad altri la soluzione di ogni problema.
Dobbiamo confessare che forse anche noi, invece di testimoniare la carità
e la speranza contro le tante forme di sfiducia e di disfattismo, di
apatia, di indolenza o, peggio ancora, di omertà, ci siamo resi colpevoli
di quel peccato sociale non opponendoci con coerenza e determinazione, a
quella cattiva condotta civile che hanno fatto del furto, dello
strozzinaggio, della violazione delle regole del vivere onesto e civile
quasi una mentalità che giustifica i propri atteggiamenti illegali con
l’alibi che “così fan tutti”.
Tutti dobbiamo rispettare le regole, comprese le istituzioni, le quali
sono tenute ad esigere che esse siano osservate da tutti i cittadini.
Ma non si può parlare di Napoli senza parlare dei giovani.
Voi, carissimi, venite indicati - e lo siete davvero - come il futuro
della città.
Oggi siete chiamati ad essere qualcosa in più. Vi si chiede di essere
anche il presente, l’oggi, la realtà più viva di una città che dovete
sentire vostra più che mai, ora che ha più bisogno del vostro amore,
delle vostre energie e del sano orgoglio di sentirvi napoletani, cittadini
di una comunità che, pur nei momenti più drammatici, ha saputo mettere
mano alla propria storia e costruirla grande, e degna di essere vissuta e
ammirata.
In una parola, carissimi giovani, siete chiamati, non solo a rappresentare
ma ad essere il volto autentico di Napoli.
Non è questione di immagine: sappiamo bene che, come il volto della
città - oggi sfigurato dalla violenza e dalla sopraffazione - anche le
vostre facce sono rattristate dai sorrisi che mancano o sono spenti. Non
può che essere così perché voi vivete appieno la vita della città e,
insieme alle gioie, ne assorbite anche i veleni. Come e più di Napoli voi
siete le vittime di una violenza sempre più cupa che cerca disperatamente
di portare sfregio non solo ai volti, ma all’anima della città e dei
suoi giovani.
Se siamo qui è per affermare, e gridare a voce alta, che le forze del
male - la camorra, il
, la malavita organizzata e no, i cultori, grandi e piccoli, dei soprusi
quotidiani- troveranno il passo sbarrato.
Davanti alla vostra generosità e ai vostri impegni abbiamo il dovere di
dare ragione della nostra speranza. La Chiesa di Napoli vi parla
dall’altare, perché è nella casa del Signore che sperimentiamo anche
visibilmente la vicinanza alla fonte di ogni nostra speranza, il Cristo
redentore e salvatore del mondo.
Dall’altare si parla innanzitutto ai cuori. E le parole che oggi
pronunciamo, i propositi che ci scambiamo, non possono restare
circoscritti in questa nostra assemblea di preghiera.
La comunità si estende anche fuori, nelle strade, nella case, e in tutti
i luoghi dove Napoli opera e vive. Della comunità fanno parte - a loro
modo, tradendola dal di dentro- anche gli uomini dediti alla violenza.
Anche ad essi deve arrivare il soffio, il calore di questa nostra
preghiera - perché nessuno è mai perduto alla causa di Dio. Ma niente
potrà attutire il grido di un’umana condanna che sentiamo di
pronunciare con la forza e la solennità che vengono da questo stesso
luogo, accanto a un altare dove si esercita il servizio di amore e di
salvezza per i fratelli.
La condanna che la Chiesa di Napoli esprime contro ogni forma di violenza
e di malaffare è senza limite, come è senza limite la sua capacità di
amare. E’ per questo che non daremo tregua, con la parola, con la
denuncia, con il contrasto delle opere, a chi attenta, con la violenza e
il malaffare, alla speranza e al futuro della città.
Quel «Mai più la violenza » pronunciato da Giovanni Paolo II a Scampia,
sarà il marchio a fuoco del nostro impegno. E continueremo, come
Chiesa, con l’apporto dei nostri sacerdoti, a percorrere la città passo
per passo per esserle più accanto e per capire meglio i suoi bisogni,
pronti a colmare anche i nostri ritardi.
Non daremo tregua, insomma, neppure alla nostra capacità di amare,
consapevoli che Napoli - la sua storia e la sua gente - ha diritto a un
impegno alto e totale. E’ questo che si chiede oggi, in vista di un
autentico riscatto morale e sociale; e per questo, a partire da me, suo
Pastore, siamo oggi convocati.
Cari fratelli e sorelle,
come vorrei che, da questa sera, quel fuoco che Cristo è venuto a portare
sulla terra accendesse i nostri cuori! Come vorrei che questa città,
dalla storia martoriata, ritrovasse nell’unità del suo popolo,
nell’unità di noi cristiani, dei credenti e non credenti, la forza di
reagire, di essere messaggera di pace e di giustizia, sentinella nella
notte, in attesa del nuovo giorno! La vostra presenza qui, questa sera, in
questa accorata veglia di preghiera, mi conforta e mi lascia sperare che
siamo pronti ad alzarci e ad andare per le nostre città, le nostre
piazze, i nostri quartieri, i nostri vicoli per gridare a tutti l’amore
e la pace di Cristo.
Signore Gesù, ti preghiamo di ascoltare questo grido di dolore e di
speranza perché sia restituita alla nostra città e a tutti gli abitanti
di questa provincia e regione, quella dignità e bellezza che tu ci hai
donato.
Ai tuoi piedi, rinnoviamo l’impegno di fedeltà al messaggio perenne del
tuo vangelo:
mai più offese contro i nostri fratelli,
mai più ricorsi alla logica della violenza,
mai più discriminazioni, esclusioni o oppressioni,
mai più disprezzo del povero e dell’abbandonato.
A tutti vogliamo annunziare la Buona Novella della civiltà
dell’amore!
Ci accompagnino in questo cammino la Madonna Santa, Regina di Napoli, e il
Santo Martire, nostro protettore, Gennaro.
E Tu, Signore, morto e risorto per noi, donaci la grazia di portare a
compimento questi propositi, perché possiamo vivere giorni di pace, di
giustizia e di prosperità. Amen!