Oh
Costantin di quanto mal fu madre
di Eugenio Scalfari
Caro
Scalfari, il suo editoriale di domenica 5 agosto sulla questione cattolica
ha suscitato in me amarezza e
Tra
le tante questioni che affliggono il nostro paese, insolute da molti anni
e alcune risalenti addirittura alla fondazione dello Stato unitario, c´è
anche quella cattolica. Probabilmente la più difficile da risolvere.
Personalmente penso anzi che resterà per lungo tempo aperta, almeno per l´arco
di anni che riguardano le tre o quattro generazioni a venire. Roma e l´Italia
sono luoghi di residenza millenaria della Sede apostolica e perciò
si trovano in una situazione anomala rispetto a tutte le altre democrazie
occidentali. Se guardiamo agli spazi mediatici che la Santa Sede, il Papa,
la Conferenza episcopale hanno nelle televisioni e nei giornali ci
rendiamo
conto a prima vista che niente di simile accade in Francia, in Germania,
in Gran Bretagna, in Olanda, in Scandinavia e neppure nelle cattolicissime
Spagna e Portogallo per non parlare degli Usa, del Canada e dell´America
Latina dove pure la popolazione cattolica ha raggiunto il livello di
maggiore densità.
Da noi le reti ammiraglie di Rai e di Mediaset trasmettono
sistematicamente ogni intervento del Papa e dei Vescovi. L´"Angelus"
è un appuntamento fisso.
Le iniziative e le dichiarazioni dei cattolici politicamente impegnati
ingombrano i giornali, il presidente della Repubblica, appena nominato,
sente il bisogno di inviare un messaggio di «presentazione» al
Pontefice,
cui segue a breve distanza la visita ufficiale.
Tutto ciò va evidentemente al di là d´una normale regola di rispetto e
dipende dal fatto che in Italia il Vaticano è una potenza politica oltre
che religiosa. Ciò spiega anche la dimensione dei finanziamenti e dei
privilegi
fiscali dei quali gode il Vaticano, la Santa Sede e gli enti
ecclesiastici; anche questi senza riscontro alcuno negli altri paesi.
Infine il rapporto di magistero che la gerarchia ecclesiastica esercita
sulle istituzioni ovunque vi sia una rappresentanza di cattolici militanti
e la funzione di guida politica che di fatto orienta i partiti di
ispirazione
cattolica e quindi cospicui settori del Parlamento.
La questione cattolica è dunque quella che spiega più d´ogni altra la
diversità italiana. Spiega perché noi non saremo mai un «paese normale».
Perché una parte rilevante dell´opinione pubblica, della classe
politica, dei mezzi di comunicazione, delle stesse istituzioni
rappresentative, sono etero-diretti, fanno capo cioè e sono profondamente
influenzati da un potere
"altro". Quello è il vero potere forte che perdura anche in
tempi in cui la secolarizzazione dei costumi ha ridotto i cattolici
praticanti ad una minoranza.
«Ahi Costantin, di quanto mal fu madre...».
La questione cattolica ha attraversato varie fasi che non è questa la
sede per ripercorrere. Basti dire che si sono alternate fasi di latenza
durante le quali sembrava sopita, e di vivace ed aspra riacutizzazione.
Il mezzo secolo della Prima Repubblica, politicamente dominato dalla
Democrazia cristiana, fu paradossalmente una fase di latenza. La
maggioranza era etero-diretta dal Vaticano e dagli Stati Uniti, il Pci era
etero-diretto
dall´Unione Sovietica. Entrambi i protagonisti accettavano questo stato
di cose, insultandosi sulle piazze e dai pulpiti, ma assicurando, ciascuno
per la sua parte, un sostanziale equilibrio. Quando qualcuno sgarrava,
veniva
prontamente corretto. Ma la fase attuale non è affatto tranquilla, la
questione cattolica si è riacutizzata per varie ragioni, la prima delle
quali è l´emergere sulla scena politica dei temi bioetici con tutto ciò
che comportano.
La seconda ragione deriva dalla linea assunta da Benedetto XVI che ritiene
di spingere il più avanti possibile le forme di protettorato
politico-religioso che il Vaticano esercita in Italia, per farne la base
di una "reconquista" in altri paesi a cominciare dalla Spagna,
dal Portogallo, dalla Baviera, dall´Austria e da alcuni paesi cattolici
dell´America
meridionale. Le capacità finanziarie dell´episcopato italiano forniscono
munizioni non trascurabili per sostenere questo disegno che ha come
obiettivo l´esportazione del modello italiano laddove ne esistano le
condizioni di partenza.
A fronte di quest´offensiva le "difese laiche" appaiono deboli
e soprattutto scoordinate. Si va da forme d´intransigenza che sfiorano l´anticlericalismo
ad aperture dialoganti ma a volte eccessivamente permissive verso i
diritti accampati dalla "gerarchia". Infine permane il
sostanziale disinteresse della sinistra radicale, che conserva verso il
laicismo l´antica diffidenza di togliattiana memoria.
Si direbbe che il solo dato positivo, dal punto di vista laico, sia una più
acuta sensibilità autonomistica che ha conquistato una parte dei
cattolici impegnati nel centrosinistra. Ma si tratta di autonomia a
corrente variabile, oggi rimesso in discussione dalla nascita del Partito
democratico e dai vari posizionamenti che essa comporta per i cattolici
che ne fanno parte. Con un´avvertenza di non trascurabile peso: secondo
recenti sondaggi nell´ultimo decennio i cattolici schierati nel
centrosinistra sarebbero discesi dal 42 al 26 per cento. Fenomeno
spiegabile poiché gran parte dell´elettorato ex Dc si trasferì fin dal
1994 su Forza Italia; ma che certamente negli ultimi tempi ha accelerato
la sua tendenza.
* * *
Un fenomeno degno di interesse è quello del recente associazionismo delle
famiglie. Non nuovo, ma fortemente rilanciato e unificato dal
"forum" che scelse come organizzatore politico e portavoce
Savino Pezzotta, da poco
reduce dalla lunga leadership della Cisl e riportato alla ribalta
nazionale dal "Family Day" che promosse qualche mese fa in
piazza San Giovanni il raduno delle famiglie cattoliche.
Da allora Pezzotta sta lavorando per trasformare il "forum" in
un movimento politico. «Non un partito» ha precisato in una recente
intervista «ma un quasi-partito; insomma un movimento autonomo che potrà
eventualmente appoggiare qualche partito di ispirazione cristiana che si
batta per realizzare gli obiettivi delle famiglie. Sia nei valori che sono
ad esse intrinseci sia per i concreti sostegni necessari a realizzare quei
valori».
L´obiettivo è ambizioso e fa gola ai partiti di impronta cattolica, ma
Pezzotta amministra con molta prudenza la sigla di cui è diventato
titolare.
Dico sigla perché al momento non sappiamo quale sia la sua realtà
organizzativa e la sua effettiva spendibilità politica.
Sembra difficile che il nascituro movimento delle famiglie possa praticare
una sorta di collateralismo rispetto ai settori cattolici militanti nel
Partito democratico: la piazza di San Giovanni non sembrava molto
riformista, le voci che l´hanno interpretata battevano soprattutto su
rivendicazioni economiche ma non basterà riconoscergliele per acquistarne
il consenso e il voto. A torto o a ragione le famiglie e le sigle che le
rappresentano ritengono che quanto chiedono sia loro dovuto. Il voto
elettorale è un´altra cosa e non sarà Pezzotta a guidarlo. Ancor meno i
vari Bindi, Binetti, Bobba nelle loro differenze. Voteranno come a loro
piacerà, seguendo altre motivazioni e inclinazioni, influenzate
soprattutto dai luoghi in cui vivono e dai ceti sociali e professionali ai
quali appartengono.
*
* *
Un
elemento decisivo della questione cattolica e dell´anomalia che essa
rappresenta è costituito dalla dimensione degli interessi economici della
Santa Sede e degli enti ecclesiastici, del loro "status"
giuridico e addirittura costituzionale (il Trattato del Laterano è stato
recepito in blocco con l´articolo 7 della nostra Costituzione) e dei
privilegi fiscali, sovvenzioni, immunità che fanno nel loro insieme un
sistema di fatto inattaccabile. Basti pensare che la Santa Sede
rappresenta il vertice di un´organizzazione religiosa mondiale e fruisce
ovviamente d´un insediamento altrettanto mondiale attraverso la presenza
dei Vescovi, delle parrocchie, degli Ordini religiosi, delle Missioni. Ma,
intrecciata ad essa c´è uno Stato - sia pure in miniatura - che gode d´un
tipo di immunità e di poteri
propri di uno Stato e quindi di una soggettività diplomatica gestita
attraverso i "nunzi" regolarmente accreditati presso tutti gli
altri Stati e presso le organizzazioni internazionali.
Questa doppia elica non esiste in nessun´altra delle Chiese cristiane ed
è la conseguenza della struttura piramidale di quella cattolica e della
base territoriale da cui trasse origine lo Stato vaticano e il potere
temporale dei Papi. Non scomoderemo Machiavelli e Guicciardini, Paolo
Sarpi e Pietro Giannone per ricordare quali problemi ha sempre creato il
potere temporale nella storia della nazione italiana, nell´impossibilità
di realizzare l´unità nazionale quando gli altri paesi europei avevano
già da secoli raggiunto la loro ed infine lo scarso senso dello Stato che
gli italiani
hanno avuto da sempre e continuano abbondantemente a dimostrare. Sarebbe
storicamente scorretto attribuire unicamente al potere temporale dei Papi
questo deficit di maturità civile degli italiani, ma certo esso ne
costituisce uno dei principali elementi.
Purtroppo il temporalismo è una tentazione sempre risorgente all´interno
della Chiesa; sotto forme diverse assistiamo oggi ad un tentativo di
resuscitarlo che si esprime attraverso la presenza politica diretta
dell´episcopato nelle materie "sensibili" il cui ventaglio si
sta progressivamente ampliando.
Negli scorsi giorni l´atmosfera si è ulteriormente riscaldata a causa di
una frase di Prodi che esortava i sacerdoti a sostenere la campagna del
governo contro le evasioni fiscali e lamentava lo scarso contributo della
Chiesa ad
un tema così rilevante.
Credo che Prodi, da buon cattolico, abbia pronunciato quella frase in
perfetta buonafede ma, mi permetto di dire, con una dose di sprovveduta
ingenuità. Lo Stato non rappresenta un tema importante per i sacerdoti e
per la Chiesa. Ancorché i preti e i Vescovi siano cittadini italiani a
tutti gli effetti e con tutti i diritti e i doveri dei cittadini italiani,
essi sentono di far parte di quel sistema politico-religioso che a causa
della sua struttura è totalizzante. La cittadinanza diventa così un
fatto marginale e puramente anagrafico; salvo eccezioni individuali, il
clero si sente e di fatto risulta una comunità extraterritoriale. Pensare
che una delle preoccupazioni di una siffatta comunità sia quella di
esortare gli italiani a pagare le tasse è un pensiero peregrino. Li
esorta - questo sì - a mettere la barra nella casella che destina l´otto
per mille del reddito alla Chiesa. Un miliardo di euro ha fruttato all´episcopato
italiano quell´otto per mille nel 2006. Ma esso, come sappiamo, è solo
una parte del sostegno dello Stato alla gerarchia, alle diocesi, alle
scuole, alle opere di assistenza.
* * *
Come si vede la pressione cattolica sullo Stato "laico" italiano
è crescente, si vale di molti mezzi, si manifesta in una pluralità di
modi assai difficili da controllare e da arginare.
Le difese laiche - si è già detto - sono deboli e poco efficaci:
affidate a posizioni individuali o di gruppi minoritari ed elitari contro
i quali si ergono "lobbies" agguerrite e perfettamente
coordinate da una strategia pensata altrove e capillarmente ramificata.
Quanto al grosso dell´opinione pubblica, essa è sostanzialmente
indifferente. La questione cattolica non fa parte delle sue priorità. La
gente ne ha altre, di priorità. È genericamente religiosa per tradizione
battesimale; la grande maggioranza non pratica o pratica distrattamente; i
precetti morali della predicazione vengono seguiti se non entrano in
conflitto con i propri interessi e con la propria "felicità".
In quel caso vengono deposti senza traumi particolari.
Perciò sperare che la democrazia possa diventare l´"habitus"
degli italiani è arduo. Gli italiani non sono cristiani, sono cattolici
anche se irreligiosi. Questo fa la differenza.
testo
integrale pubblicato da "La Repubblica" 5
agosto
2007