Donne
senza mariti
di
Chiara Saraceno
Il matrimonio è sempre meno una condizione che caratterizza tutta la vita
adulta. Vale sia per gli uomini che per le donne, ma soprattutto per
queste ultime. Negli Stati Uniti nel 2005 per la prima volta le donne che
non vivono con un marito hanno superato di numero le coniugate che vivono
con il proprio marito. In Italia questo non è ancora avvenuto, ma ci
siamo vicini. Nel 2005, le coniugate (che pure possono comprendere una
percentuale di persone che non vivono regolarmente con il proprio marito)
erano appena 334.690 in più delle non coniugate. Per gli uomini lo scarto
era oltre quattro volte tanto: 1 milione 400 mila coniugati in più
rispetto ai non coniugati.
Non vivere con il proprio marito non significa non essere mai state
sposate, e neppure non avere un marito. Ci sono molte vedove tra le donne
senza marito e ciò spiega in larga misura la differenza con gli uomini,
data la più lunga sopravvivenza delle donne. Mentre la maggior parte
degli uomini termina la propria vita accanto alla propria compagna, la
maggior parte delle donne, negli Usa come in Italia, anche se si è
sposata e non ha mai divorziato, la termina quando ormai da qualche anno
non ha più il proprio compagno. In Italia nel 2005 i vedovi erano
697.226, a fronte di 3.826.586 vedove. Vivere da sole in età anziana è
la conseguenza imprevista e non voluta della maggiore longevità
femminile.
Tra le «senza marito» ci sono anche le separate e divorziate. C’è
anche una piccola percentuale di donne coniugate, ma che vivono lontane
dal marito: che hanno, si potrebbe dire, coabitazioni matrimoniali «pendolari»,
per motivi diversi - lavoro proprio o del marito, servizio
nell’esercito, detenzione e così via. Un tempo il pendolarismo per
lavoro era quasi esclusivamente dovuto ai mariti. Ma l’aumento
dell’occupazione femminile ne incrementa le occasioni. Infine, vivere
senza un marito non significa necessariamente non vivere con un partner.
La diminuzione delle convivenze con un marito si accompagna infatti ad un
aumento delle convivenze more uxorio, ma anche a quella forma di rapporto
di coppia «a distanza», o «pendolare», che proprio gli americani anni
fa hanno individuato come una delle forme di vita di coppia emergenti:
living apart together, vivere separati insieme. Ciascuno a casa propria,
decidendo di volta in volta i tempi, i modi, le circostanze della
convivenza, ma salvaguardando i propri spazi, anche fisici, di autonomia.
Non vivere con un marito, perciò, può riflettere situazioni molto
diverse, oltre che essere una situazione più o meno transitoria, più o
meno ricorrente. Ma proprio questa diversità e flessibilità delle e tra
le diverse situazioni segnala da un lato come la coabitazione matrimoniale
sotto lo stesso tetto sia solo una delle forme delle relazioni di coppia e
certamente non più l’istituzione unica della vita relazionale e
affettiva delle persone, in particolare delle donne. Anzi, per molte
donne, la fine di un matrimonio - per divorzio o per vedovanza - apre alla
scoperta che un altro modo di vivere e stare in una relazione di coppia è
possibile.
È vero che le divorziate e le vedove si risposano meno spesso dei vedovi
e dei divorziati, perché uomini e donne hanno ancora una posizione
asimmetrica sul mercato matrimoniale e per le donne l’età è un
handicap più forte. Ma è anche vero che molte donne decidono
consapevolmente di non risposarsi: visto che il matrimonio non le
garantisce dall’abbandono e dalla solitudine, imparano a contare sulle
proprie forze e a sviluppare rapporti più negoziali con gli uomini. È lo
stesso motivo per cui molte decidono di convivere prima, o invece, di
sposarsi: per negoziare meglio, da una posizione anche istituzionale di
maggiore autonomia, i diritti e i doveri reciproci e gli spazi di
autonomia.
Più che l’esaurimento della voglia di fare coppia e di fare famiglia,
questa maggioranza di donne più o meno temporaneamente senza marito - al
di là dell’inesorabilità della demografia - segnala complessi processi
di ridefinizione dei rapporti e delle aspettative entro cui si
costruiscono le coppie e le famiglie. Questi processi sono profondamente
segnati dai mutamenti delle aspettative e delle risorse delle donne.
testo
integrale pubblicato da "La Stampa - 17 gennaio 2007
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