"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano"
LA
POLEMICA - L´immagine della vergogna: quei 27 naufraghi nel Mediterraneo Ingrandite la figura di uno di questi 27 naufraghi aggrappati, con i piedi più ancora che con le mani, sul bordo di una gabbia di tonni, largo appena 35 centimetri. Sgranate e deformate, sino a indovinare il viso e le espressioni, la foto degli uomini-tonno o, se preferite, dei ragazzi-sughero che si lasciano galleggiare tenendosi in equilibrio sulla nassa: per un momento potrebbe persino sembrare che sorridano.Più verosimilmente gli uomini-tonno mostrano i denti. E guardate la mano alzata a segnalare la fretta, una fretta che non finisce mai. E poi chiedetevi com´è possibile che tutti insieme, che tutto l´insieme non abbia impietosito le barche di passaggio, com´è potuto accadere che tanti, troppi pescherecci abbiano fatto finta di non vedere questa scenografia di morte, questa camera ardente sull´acqua, o che davvero li abbiano guardati come fossero tonni tra i tonni. Agitandosi molto meno, 27 autostoppisti all´autogrill avrebbero guadagnato anche l´attenzione dei più distratti e dei più indaffarati. Cattivi marinai? Sadici filibustieri? No. La logica è quella terrestre dell´indifferenza, quella stessa di chi volta la testa dall´altra parte davanti a uno stupro, di chi non soccorre i feriti sull´autostrada… E però in questa foto c´è di peggio. Non si vede, ma la gabbia per tonni è ovviamente legata a un peschereccio: il Budafel. E speriamo, se il decoro non è diventato retorica, che Budafel diventi sinonimo di vergogna. Inutilmente infatti - e questo nella foto si vede - gli uomini-tonno implorano uno "strappo" sino a terra, uno "strappo" che vale le loro vite. Ma il capitano del Budafel non ha alcuna intenzione di portarli a terra per la seguente ragione che egli stesso ha poi spiegato all´Indipendent: «Non potevo correre il rischio di perdere il mio carico». Come avrebbe potuto sacrificare un prezioso carico di tonni-tonni, «almeno un milione di dollari», per un carico di tonni-uomini, almeno un milione di guai? Insomma non stupisce che stia già diventando una delle immagini emblematiche del secolo la foto di questi 27 uomini-tonno che sono stati lasciati lì, per tre giorni e tre notti, a galleggiare in acque libiche. E vale la pena di sottolineare, per una volta con orgoglio, che sono stati gli italiani a salvare i naufraghi mentre i maltesi chiedevano l´intervento dei libici, i quali a loro volta imprecavano contro i maltesi. Di sicuro nessun obbligo di legge e nessun diritto internazionale imponevano alla Marina italiana di mandare la sua Orione che, in acque non troppo lontane, stava cercando un´altra barca di disperati. Ma si sa che l´Italia ha, nei rapporti internazionali, un modo di presentarsi che esclude la durezza. Quella famosa idea che siamo tutti figli di mamma e che la vita vale più dei regolamenti, delle opportunità politiche, e anche dei confini e della ragion di Stato, quella idea italiana che è stata spesso, e a ragione, considerata come un segno di debolezza, forse sta ora diventando un segno di modernità. E lo diciamo pensando anche all´Afghanistan e alle polemiche sul prezzo dei riscatti. Forse, mostrarsi deboli e fragili oggi significa mostrarsi evoluti. La Marina italiana ha dunque fatto prevalere i sentimenti elementari pur sapendo che i nostri centri sono allo stremo, e che persino un paradiso vacanziero come Lampedusa è oggi diventato simbolo di ingestibile e invivibile "accoglienza". Ma soprattutto la foto ci parla del Mediterraneo, di quel che è diventato il mare delle nostre canzonette d´amore, il mare che pure ha visto e superato ogni genere di ferocia, che è stato solcato da imprenditori violenti e da razziatori di ricchezza, ha conosciuto ogni tipo di boat people, antico e moderno, dai settemila Cavalieri di Gerusalemme che, cacciati da tutti i porti, errarono dal 1522 al 1530, alla famosa Exodus con a bordo 4515 profughi ebrei scampati ai campi di concentramento. Ricordate il film con Paul Newman? Arrivata nel porto di Haifa la Exodus fu speronata e rimandata indietro dai cacciatorpediniere inglesi che fecero anche parecchie vittime. Insomma sembrava che tutto fosse già accaduto nel Mediterraneo, diventato caldo come un caffè e accogliente come un convento. Ed ecco invece le barche dei disperati, ecco gli uomini-tonno. Davvero mai era successo che gli uomini in surplus demografico venissero trattati come spazzatura, costretti a farsi sugheri e a galleggiare attaccati alle nasse. Eppure altrove il mare, come per esempio in Giappone, benché sia naturalmente più ostile, non è il luogo dove la terra si svuota degli uomini in eccesso ma il luogo dove la terra si espande, dove si costruiscono aeroporti e intere città palafitticole, il mare insomma che si sostituisce al territorio diventando mari-torio. Quella foto ci spiega invece che non solo il nostro Mediterraneo non sta diventando un maritorio ma che è la bocca di un vulcano, è un campo di concentramento con soluzione finale, è il mare del "navi frango", il mare dove si è franta la vecchia e gloriosa nave della nostra umanità. Pensate a un milione di dollari. In quella gabbia c´erano tonni per un milione di dollari. Voi chi buttereste a mare: il tonno o il naufrago? Come vedete, sembra tornare in vita, proprio nel cuore del Mediterraneo, la vecchia figura del negriero. Pare quasi di rivedere la caricatura brechtiana dell´imprenditore, quello delle vignette bolsceviche: ci si liberava di lui con la scopa della rivoluzione. Ebbene, se sulla terra non è più quella la logica del mercato, la foto ci racconta che il nobile Mediterraneo è di nuovo infestato da quei miserabili testo integrale pubblicato da "Il Manifesto" - 13 marzo 2007 |